Le 4P del Kotler

Le 4P del marketing mix del Kotler erano una volta un po’ l’ABC del marketing, nelle aule universitarie. Una formula che non poteva mancare nel bagaglio nozionistico di ogni bravo studente di marketing. Ma oggi qualcosa che, nel marketing “ad alto tasso di digitalizzazione” del mondo sia accademico che aziendale, sembra lontano nel tempo, quasi dimenticato. Peccato.

Due parole su Philip Kotler, anche se il suo nome è ampiamente conosciuto a chiunque abbia masticato un po’ di teoria di marketing. Viene visto a volte un po’ come il padre del marketing. E’ un’esagerazione, ma c’è un fondo di verità.

E’ un protagonista di primissimo piano nella storia della disciplina del marketing. Si avvia a compiere nel prossimo maggio 90 anni, e ha alle spalle una carriera accademica straordinaria, da sempre legata alla prestigiosa Kellogg School of Management. E’ autore di oltre 80 pubblicazioni, tra le quali la “bibbia”, il classico “Marketing Management“, il testo accademico per eccellenza giunto ormai alla sua 15esima edizione.

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Philip Kotler, Professor of International Marketing alla Kellogg School of Management dal 1962 al 2018.

Cosa è il marketing mix?

Ed è proprio nelle pagine del classico “Marketing Management” che Philip Kotler presenta il concetto di marketing mix, che altro non è che la formula che contiene appunto le celebri 4P. Il Kotler scandisce così la sua definizione di marketing mix:

“Il marketing mix è la combinazione delle variabili controllabili di marketing che l’impresa impiega al fine di conseguire il volume di vendita previsto nell’ambito del mercato obiettivo”

Definizione che lascia qualche dubbio, lo dico con chiarezza, e forse con un pizzico di immodestia (visto che è pur sempre di Philip Kotler che parliamo). E’ infatti restrittivo vedere una strategia di marketing solo in termini di volumi di vendita.

E’ vero, verissimo, che l’impatto immediato delle 4P è proprio lì, sui volumi del venduto. Ma la manovra delle variabili si presta a obiettivi strategici anche diversi dal volume delle vendite, anche più sofisticati. Prendiamo ad esempio il prezzo.

Se siamo in un mercato di beni di lusso e stiamo lavorando sul valore della brand equity, sarà importante definire una strategia integrata che massimizzi la percezione del valore dell’offerta, e in questa strategia il livello dei prezzi, adeguatamente alto, avrà la sua rilevanza.

Ebbene, i prezzi come vedremo fanno parte delle 4 P, ma qui stiamo manovrando la variabile prezzo non più in un’ottica di volumi di vendita, ma in un’ottica diversa: quella di execution di una strategia di differenziazione. Il prezzo per dare valore al prodotto. Ricordiamo infatti uno dei paradossi dei mercati dei beni di lusso (almeno per alcuni segmenti o alcune categorie): più costa, più si vende.

Pertanto, rivedrei la definizione di marketing mix come:

“combinazione di variabili controllabili di marketing che l’impresa impiega al fine di conseguire gli obiettivi di marketing prefissati”

Una definizione più ampia, quindi, che non restringe la manovra del marketing mix al solo obiettivo dei volumi, che è solo uno dei tanti possibili obiettivi di una strategia di marketing.

 

 

Le 4P del marketing mix: ideate da Kotler?

No. Chiariamolo subito. Philip Kotler è stato il divulgatore, colui che ha popolarizzato il concetto di marketing mix, e quindi le sue 4P. Ma la realtà è un po’ diversa.

Il primo a parlare di marketing mix fu il docente di Harvard James Culliton negli anni 40.  La sua definizione era forse imprecisa ma meravigliosa:

“Come gli chef, i marketer inventano nuove ricette, seguono le ricette di altri marketer, e modificano le ricette esistenti in base alla disponibilità degli ingredienti”

Si sarebbe potuta trovare una metafora più bella per parlare la prima volta di marketing mix?

Il primo a identificare nelle 4P il concetto di marketing mix fu poi negli anni 60 il professor Jerome McCarthy. Esatto, fu proprio lui a parlare per primo di Product, Price, Promotion, Place.

Il Kotler ha avuto poi l’indubbio merito di rendere immensamente popolare questo framework delle 4P sia nel mondo accademico che in quello aziendale, ma quanto a paternità è bene ricordare il contributo fondamentale di Culliton e McCarthy. E veniamo ora alle 4P.

 

 

Quali sono le 4P del marketing mix

Le 4 P, lo sappiamo un po’ tutti, corrispondono a Product, Price, Promotion e Place. Come tradurle in italiano? Letteralmente: Prodotto, Prezzo, Promozione, Posto. Così da mantenere anche in italiano le nostre 4P, se davvero ci tenete a evitare anglicismi e allo stesso tempo salvaguardare la formuletta.

Ma la verità è che questa traduzione suona male, malissimo (quel “posto” è un pugno allo stomaco). Piuttosto che ragionare sulla traduzione, veniamo alla sostanza delle cose, e rivediamo le 4P.

In sostanza, così come definito dal professor Jerome McCarthy prima e divulgato successivamente da Philip Kotler, il marketing mix è una formula che ci dice che le vendite sono in funzione di 4 macrovariabili:

 

Product (P1)

Il Prodotto, e più esattamente il valore che propongo con il prodotto offerto al cliente. E qui rientra tutto ciò che contribuisce al valore del prodotto: le funzionalità, la marca, il packaging, il servizio, la qualità, e molto altro.

E a proposito di qualità, ricordiamo sempre che quando si parla di qualità si parla di qualità nell’ottica del cliente: quanto il prodotto soddisfa i suoi jobs to be done. Non la qualità intrinseca, tecnica, oggettiva. Quella esiste solo per il produttore. Di quella al cliente importa ben poco.

 

Price (P2)

Il Prezzo, e tutto ciò che influisce sul prezzo finale per il cliente: listino, sconti, modalità di pagamento. In sostanza, ciò che chiedo al cliente nella transazione economica a fronte del valore che propongo.

 

Promotion (P3)

La Promozione, che è bene interpretare in maniera più estesa. Non si tratta solo della promozione delle vendite (come le promo in-store), ma tutto ciò che promuove il prodotto: comunicazione, pubblicità, relazioni pubbliche, etc. O meglio, tutto ciò che contribuisce a portare il cliente verso il prodotto.

 

Place (P4)

Letteralmente il Posto, ovvero dove viene venduto. Meglio tradurlo però come Punto di vendita, se proprio vogliamo restare nel gioco delle P, ma basta che ti sia chiaro che stiamo parlando di tutto ciò che concerne gli aspetti distributivi del prodotto. Tutto ciò che concerne la modalità con cui porto il prodotto verso il cliente.

Place e Promotion sono un po’ come Yin e Yang, il concetto di dualità della filosofia cinese. Opposti ma complementari.

Il Place è relativo a tutto ciò che fa azione push, perché porta il prodotto verso il cliente. All’opposto, Promotion è relativo a tutto ciò che fa azione pull, quindi attrae il cliente verso il prodotto. Due tipologie opposte di touchpoint tra prodotto e cliente, ma perfettamente complementari tra loro.

Riepilogando, con le 4 P abbiamo tutto ciò che conta nella relazione tra prodotto e cliente. Cosa l’azienda vende al cliente. A quale prezzo l’azienda propone la transazione economica al cliente. E infine i due touchpoint, quello push e quello pull. Non manca nulla.

E così abbiamo una visione completa delle 4P, e di come su queste 4 macrovariabili si giochi l’intera relazione tra azienda e clienti:

Le 4 variabili del marketing mix nella relazione azienda-clienti

 

A cosa servono le 4P?

Tutto chiaro? Bene, ma riepiloghiamo. In sostanza, il McCarthy e successivamente il Kotler ci dicono che esiste una correlazione tra le vendite e le 4P, che ovviamente non è una banale formuletta aritmetica ma una correlazione terribilmente complessa, che il marketing manager non potrà mai conoscere ma dovrà lavorare sodo per avvicinarsi.

Qualcosa rappresentabile astrattamente come un’equazione che pone un dato livello di vendite in funzione del marketing mix:

Vendite = f [P1, P2, P3, P4]

Ma il marketing manager non potrà mai sapere come si modificheranno le vendite se aumentiamo il prezzo del +5% (Price), o se estendiamo la vendita dal canale mass market anche all’e-commerce (Place), o se investiamo 100,000 Euro di pubblicità (Promotion), e così via. Perché semplicemente non è fornito di sfera di cristallo né di doti profetiche.

L’importante è che sappia che una correlazione c’è, che quella formula astratta resterà ignota ma ci si potrà avvicinare, lavorando sodo sui dati e con adeguati test. E con l’esperienza che ha il suo peso. Perché si sa, il marketing è un po’ scienza, un po’ arte.

E, ultimo punto che il bravo marketing manager non dovrà mai dimenticare, che in ogni piano di marketing che si rispetti non potranno mai mancare analisi e decisioni per le 4P. Idealmente potremmo definire il piano marketing come la pianificazione di come intendiamo gestire proprio le 4P per raggiungere gli obiettivi della nostra strategia di marketing.

 

Le 4P del marketing mix valgono solo per i prodotti fisici?

Quando nacquero le 4P si stava sviluppando la moderna disciplina di marketing nell’ambito non solo accademico, ma anche delle grandi multinazionali del largo consumo: Procter & Gamble, Unilever, Nestlé, Coca-Cola, Colgate-Palmolive, e così via. Quindi, inevitabilmente, quando sui testi si parlava di 4P si facevano sempre esempi riferiti ai prodotti.

Ma evitiamo ora ogni equivoco: le 4P sono un concetto validissimo anche nell’ambito dei servizi. Un esempio? Siamo un gruppo bancario e vogliamo raggiungere un determinato risultato nella collocazione di un nuovo fondo di investimento, magari sviluppato nell’ambito dello stesso gruppo.

Anche qui c’è da pianificare il marketing mix. Vanno prese tantissime decisioni. Tra queste: quale naming attribuisco al fondo? Meglio “Low Risk European Equity Fund” oppure “Solid EMEA Equity Fund”? Stiamo parlando di Product.

E poi: dove lo vendo? Solo nei mei sportelli o tramite altri collocatori esterni al gruppo? Stiamo parlando di Place.

E che commissione far pagare ai risparmiatori? 2% oppure 2.2%? Questo è Price.

Poi, come comunico l’opportunità nelle filiali e online? E qui parliamo di Promotion.

Insomma, evitiamo l’errore di pensare che il marketing mix sia applicabile solo al prodotto fisico. Vale per tutto ciò che è proponibile in una transazione con un cliente. Fisico o digitale. Prodotto o servizio.

E, altro errore da evitare, pensare che sia riferito al solo B2C. E’ proprio necessario che chiarisca che le 4P mantengono tutta la loro validità anche nell’ambito del B2B? Credo di no. Andiamo avanti e veniamo finalmente alla domanda iniziale.

 

Le 4P del marketing mix: ancora attuali?

Risposta breve: si, senz’altro. Qualche dubbio? Prendiamo un prodotto estremamente sofisticato, moderno. Ad esempio dobbiamo lanciare Clubhouse, il social network dei messaggi vocali.

Occorre prima creare il prodotto, pensare a quale sia la qualità percepita dal segmento di mercato a cui mi rivolgo. Quanto corrisponda ai loro “jobs to be done”. E non solo per l’audience, gli user, ma anche per il segmento degli investitori pubblicitari ai quali prima o poi dovrò rivolgermi per monetizzare il business. Insomma, stiamo parlando di Product.

E a proposito di investitori pubblicitari, dovremo definire un prezzo. A quanto venderemo lo spazio media? E poi, siamo sicuri di mantenere free l’accesso per gli user? Sono pur sempre decisioni relative al  Price, la seconda P.

Come promuoviamo il prodotto? Un sito dedicato, ovvio, ma poi? Come creiamo touchpoint col segmento degli user e con quello degli investitori pubblicitari? E quali benefit comunicare Ed ecco le decisioni attinenti alla Promotion.

E con quale canale raggiungo gli user? Per ora solo con una app per iPhone, quindi siamo ristretti all’Apple Store, ma in futuro? E qui si discute di Place.

 

 

Le 4P del mix nel marketing d’impresa di oggi e di domani

Quindi, le 4P del marketing mix mantengono intatto il loro significato, anche alla luce dei prodotti e dei servizi più moderni ed avanzati. Alla fine, ricomprendono sempre tutto ciò che conta nella relazione tra azienda e cliente: cosa l’azienda vende al cliente, a quale prezzo, e i due touchpoint (in direzione push e in direzione pull).

È pur vero che il digitale ha creato una miriade di nuovi strumenti (SEO, content marketing, CRM, solo per dare l’avvio ad un elenco sterminato). Ma di nuove P, non ne nascono nuove. C’è già tutto, in quella formuletta magica. E sempre attuale.

C’è stato un incredibile crescita del numero di tool disponibili nell’ambito del marketing mix. Il bidding per le keyword, le inserzioni sui social, la SEO, tutto è più complesso ma il potente framework delle 4P è sempre lì, proto a recepire tutte queste innovazioni.

Quando Kotler parlava negli anni ’60 di Promotion, non avrebbe mai potuto nemmeno immaginare la futura esistenza della SEO, ma cos’altro è la SEO se non un nuovo modo di fare promotion di un prodotto o servizio?

La sfida oggi è gestire un marketing mix nel quale, anche se le P sono pur sempre 4, il numero di tool sottostanti si è allargato in maniera impressionante. Non c’è più da considerare solo i materiali POP, o la pubblicità televisiva, o l’assistenza post-vendita, ma c’è da orchestrare un insieme di strumenti che hanno grandi potenzialità ma vanno poi ben integrati tra loro, miscelati nelle giuste dosi, misurati e monitorati continuativamente.

In un mix, anzi un marketing mix, che non è mai inciso sulla pietra, ma che varia a sua volta continuamente, in correlazione al cambiamento accelerato dello scenario competitivo, del mercato, delle tecnologie.

Non è facile, ma continuare a ragionare in una visione di sintesi che tenga in connessione strategia e pianificazione di marketing al framework delle 4P può senz’altro aiutare in questo nuovo marketing divenuto frammentato, mutevole e complesso.

 


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