L’analisi SWOT è indubbiamente il più conosciuto strumento di analisi strategica. Un prezioso alleato nelle prime fasi di un processo di pianificazione strategica.
E con buone ragioni: non solo consente di inquadrare con chiarezza punti di forza e punti di debolezza di un’azienda, ma anche a far luce su opportunità e criticità che nella gestione day-by-day possono sfuggirci.
Provate a utilizzarla in un contesto di brainstorming: anche se le cose che verranno fuori potrebbero non piacervi, la combinazione SWOT & brainstorming è formidabile, vedrete.
Si tratta inoltre di uno strumento flessibile: è solitamente applicato per esaminare la propria azienda, ma funziona altrettanto bene per uno specifico business, per un prodotto, per un segmento di clientela, per una specifica area geografica, per un brand, e così via.
Le origini dell’analisi SWOT (SWOT Analysis) risalgono ad una ricerca condotta da Albert Humphrey nell’ambito dello SRI Stanford Research Institute nel 1960. La ricerca era finalizzata a scoprire le ragioni per le quali la pianificazione si stava dimostrando poco accurata e poco efficace nelle grandi corporation americane.
La conclusione della ricerca fu che il management tendeva a fissare obiettivi poco realistici, quindi irraggiungibili. La soluzione era quindi far precedere, alla fase di definizione degli obiettivi, una precisa analisi dei punti di forza e di debolezza dell’azienda.
Ma come farlo? Classificando gli elementi, interni ed esterni, che hanno o potenzialmente possono avere un impatto, negativo o positivo, sulla performance aziendale.
Un elemento dell’azienda poteva allora essere classificato in una di queste 4 categorie: come S satisfactory (soddisfacente), F fault (difettoso), O opportunities (opportunità), T threats (minaccia). Da qui l’acronimo SOFT, che però – quando il modello venne rielaborato quattro anni dopo – si trasformò in quel SWOT che tutti conosciamo.
Che cosa è l’analisi SWOT?
Esaminiamo ora i 4 componenti dell’acronimo SWOT.
Le prime 2 lettere – S e W – stanno per Strenghts e Weaknesses, e sono riferite alla dimensione interna dell’azienda.
S come Strenghts: punti di forza
In sostanza, elenchiamo ciò che oggi contribuisce positivamente alla performance aziendale.
Il metro di misura è dato dal:
– confronto con la concorrenza e quindi da vantaggi competitivi: dove siamo migliori degli altri, di quali risorse o competenze disponiamo in maniera eccellente rispetto al resto del settore, etc.
– dalla relazione col cliente: per quali ragioni il cliente ci sceglie o è fidelizzato
Ad esempio, il prodotto è al massimo livello qualitativo nel settore, oppure si dispone di un brand straordinario, oppure l’azienda dispone di una molteplicità di canali distributivi, e così via.
È solitamente la parte più facile dell’esercizio: per il management dell’azienda i punti di forza sono spesso ovvi. Attenzione solo a non sovrastimarli: a volte il management dell’azienda vive in una sorta di “torre d’avorio”, e perdendo il contatto con la realtà sopravvaluta alcune sue competenze o risorse.
W come Weaknesses: punti di debolezza
È in sostanza la parte speculare ai punti di forza visti prima: gli elementi che hanno oggi un impatto negativo sulla performance aziendale.
Con la differenza che per il management è un po’ più difficile elencarli, perché non è mai piacevole ammettere cosa non funziona nella nostra azienda. Diciamo che qui ci vuole un po’ più di impegno, onestà e lucidità nell’esercizio.
Passiamo ora ai componenti O e T: Opportunities e Threats. Qui ci spostiamo nella dimensione esterna dell’azienda, trattandosi di fattori sui quali l’azienda non ha alcun controllo, ma che potrebbero avere degli impatti sulla performance aziendale in un futuro più o meno lontano.
O come Opportunities: opportunità
Qui classifichiamo solitamente le opportunità che provengono dal mercato: l’emergere di un nuovo “customer segment” alto-spendente, l’uscita dal settore di un concorrente, etc.
Ma più in generale possiamo avere opportunità non strettamente legate al mercato: una nuova legislazione che favorisce le vendite, una migliore crescita economica in alcuni paesi nei quali distribuiamo il prodotto, un trend tecnologico che potrebbe avvantaggiarci, e così via.
In sostanza inseriamo in questa lista tutte quelle opportunità che si profilano all’orizzonte, determinate dai cambiamenti non solo del mercato ma anche dell’ambiente in cui l’azienda opera.
T come Threats: minacce
Anche in questo caso siamo di fronte alla parte speculare delle opportunità: minacce provenienti da elementi esterni, siano essi relativi:
– al mercato/settore (nuovi concorrenti, declino dei segmenti di clientela ai quali ci rivolgiamo, guerra dei prezzi che intacca i profitti, incremento delle materie prime, etc.)
– all’ambiente più in generale nel quale opera l’azienda (legislazione sfavorevole, trend tecnologico che rischia di creare disruption nel settore, trend demografici che avranno poi un impatto sui segmenti di clientela, etc.).
L’analisi SWOT rappresentata da una matrice 2×2
Tipicamente gli elementi elencati e classificati vengono poi incasellati in una matrice 2×2 di immediata lettura, che spesso troviamo inserita in piani strategici e piani di marketing.
Facciamo ora un esempio concreto, immaginando di fare un salto indietro nel tempo, negli anni 90, e compilare la SWOT per Blockbuster, la società di noleggio di prodotti Home Video, che avrebbe poi dichiarato bancarotta nel 2010.
Cosa avremmo potuto scrivere all’interno dei 4 quadranti?
Abbiamo riempito le 4 aree con alcuni punti fondamentali, ma naturalmente potreste identificare ulteriori punti modificando la SWOT sopra illustrata.
Nulla di male, anzi: vuol dire che la SWOT è servita proprio al suo scopo, a stimolarvi ad andare più a fondo in questo esempio di semplice analisi strategica!
Un nuovo template per rendere l’analisi “actionable”
La matrice vista sopra è la forma con cui quasi certamente avrete visto sino a oggi rappresentare i vari elementi di un’analisi SWOT, e molti di voi avranno una certa familiarità con quel template.
Vogliamo ora farvi scoprire una rappresentazione più “actionable” (splendido termine anglosassone che tradotto in italiano perde la sua efficacia). Ovvero: come costruire una matrice che non si limiti a fare da “raccoglitore” dei singoli elementi individuati, ma che ci spinga al passo successivo, l’esplorazione di precise direzioni strategiche?
Inseriamo i punti emersi in 4 caselle, ma anziché collocarle al centro di una matrice le collochiamo ai lati di una matrice, sempre 2×2. Al centro si formeranno 4 nuove caselle, nelle quali si incrociano Strengths, Weaknesses, Opportunities a Threats. Quattro caselle grigie, al momento ancora vuote.
Cosa inseriamo in quelle 4 caselle?
Delle prime “risposte”, sulle quali svilupperemo poi delle precise direzioni strategiche. Ad esempio, nel caso di Blockbuster si combinano nella casella a sinistra in alto brand (tra i punti di forza) e possibilità di entrare nel mercato dei videogame (opportunità). Ed ecco che potremmo inserire una possibile strada da approfondire, ovvero far leva sulla forza del brand per una rapida diversificazione in un nuovo mercato.
Nella casella in basso a destra invece si combina una debolezza nell’area della Customer Satisfaction con la minaccia di concorrenti che facciamo business col noleggio di DVD su internet, senza nemmeno più aprire punti vendita.
Qui individuare una risposta è molto difficile, all’opposto dell’esempio precedente, ma è proprio qui che è imperativo cercare delle risposte.
Perché è proprio in quella casella in basso a destra che potrebbe emergere ciò che in futuro potrebbe spazzare il nostro business. In quella casella potrebbe persino annidarsi la disruption, quella che fa male, che ci trova deboli e impreparati, quella che può spazzare la nostra azienda in pochi anni. Come non a caso è avvenuto per Blockbuster.
E infatti nel 1998 nasceva una startup, Netflix.com, il cui modello di business si basava su un sito dalla splendida UX e su un’efficiente consegna per posta di DVD…
In breve, andiamo a porci delle domande, sollecitate proprio dalle combinazioni più rilevanti, e a incasellare delle prime risposte:
Questa diversa rappresentazione del template della SWOT ci spinge immediatamente ad andare oltre alla semplice analisi. Ci porta per mano nella fase successiva della pianificazione strategica, quella in cui si prendono in considerazioni le varie possibili opzioni strategiche tra le quali valutare quelle più opportune, naturalmente in relazione agli obiettivi strategici che ci siamo dati.
Condividi
Articoli correlati
15 Dicembre 2022
Strategia di business per la crescita delle PMI
7 Ottobre 2022
Strategia: dalla vision all’execution e oltre.
25 Dicembre 2021