Cos’è la blockchain, parola nella quale oggi è impossibile non imbattersi? E soprattutto, a cosa serve?
Lo spiegheremo in maniera semplice, senza entrare in eccessivi tecnicismi. Tuttavia, alla fine dell’articolo ti segnalerò alcuni link che potranno esserti utili per degli approfondimenti, e persino per fare alcune prove in un ambiente di simulazione. Toccando così con mano, in concreto, il concetto di blockchain!
Partiamo dalla definizione: cosa significa blockchain? Letteralmente: catena a blocchi.
E in effetti questa espressione descrive una delle più importanti caratteristiche della blockchain, l’essere una serie di dati incorporati in blocchi concatenati e inseparabili. Ma su questi ci torneremo più avanti.
Una blockchain è una architettura tecnologica, grazie alla quale oggi sono nati persino dei mercati fino ad alcuni anni fa impensabili, come il mercato delle criptovalute, monete digitali costruite e scambiate sulla blockchain.
Oppure il mercato di token digitali che rappresentano asset unici (ad esempio opere d’arte): quegli NFT, acronimo di non-fungible token, dei quali non puoi non aver sentito parlare. Il termine è stato persino riconosciuto dal Collins Dictionary come “word of the year” per il 2021!
Le origini storiche della blockchain
La tecnologia della blockchain sorge in risposta alla crisi finanziaria globale del 2008. C’è un gruppo di tecnologi che ha perso fiducia nei governi, nelle banche centrali, nei sistemi bancari e finanziari in genere. Ma che ha grande fiducia nella tecnologia.
E usando la tecnologia come soluzione intende affrontare le delicate questioni della fiducia, trasparenza, sicurezza e privacy richieste dai sistemi finanziari, senza più contare sui classici modelli controllati e regolamentati da autorità centrali.
Appare così il 31 ottobre 2008 un “white paper” – un documento informativo – firmato da tale Satoshi Nakamoto, nel quale viene presentato un nuovo concetto altamente innovativo di moneta virtuale, denominato Bitcoin. Tutt’oggi non conosciamo la reale identità dell’autore, dietro il quale si cela probabilmente un team e non un singolo individuo.
Fatto sta che il 3 gennaio 2009 quel “white paper” si traduce in realtà, e viene creato su una blockchain il primo Bitcoin. Il Bitcoin è quindi la prima criptovaluta della storia, nonché la più nota e importante, ma ne seguiranno molte altre.
Tra queste va citato l’Ether, apparso nel 2015: è la criptovaluta nativa di una infrastruttura di blockchain del tutto alternativa a quella del Bitcoin, denominata Ethereum. Pur avendo una capitalizzazione di mercato pari all’incirca ad un terzo di quella del Bitcoin, ha una estrema rilevanza perché è con Ethereum che sono nati i primi NFT, e a tutt’oggi su Ethereum viene creata e scambiata la grande maggioranza di essi.
Cos’è una blockchain?
E così, da quello storico “white paper”, nasce l’idea della blockchain: un database, o meglio un libro contabile, distribuito (in inglese è spesso definito come distributed ledger).
Lo puoi immaginare come un insieme di libri contabili disponibile in un numero elevato di copie, tutte identiche, e che “parlano” tutte tra loro, ricontrollando costantemente le informazioni tra loro e verificando che restino sempre identiche tra loro.
Quando avviene una transazione, questa viene registrata in tutti i libri contabili che pertanto continuano a essere identici. Ogni libro contabile è depositato presso uno dei nodi della blockchain (in sostanza in un server).
Decentralizzazione e trasparenza
Manca quindi un server centrale, ma questo è un enorme vantaggio. Anche se un hacker fosse in grado di falsificare i dati di uno o più libri contabili, non potrebbe mai “ingannare” la blockchain (ci torneremo su questo). Occorrerebbe poter violare e manipolare i dati di migliaia di nodi, cosa del tutto impossibile in concreto.
Questa decentralizzazione consente di gestire le informazioni con maggiore sicurezza.
Altra caratteristica della blockchain, affianco alla decentralizzazione, è la trasparenza: i dati possono essere pubblici, o almeno questo è quanto avviene nelle blockchain pubbliche (come quella del Bitcoin), il che permette a chiunque di verificare i dati contenuti, le transazioni avvenute, etc.
E così, se stiamo spostando denaro, chiunque può sapere da quale digital wallet (letteralmente: portafoglio digitale) proviene e dove sta andando.
Non ci credi? Be’, se ad esempio siamo nell’ambito di Ethereum, puoi tu stesso verificare – senza nemmeno bisogno di registrarti – ogni singola transazione di ogni digital wallet sul sito ufficiale Etherscan. Nel link seguente vedrai l’acquisto effettuato dalla pop singer Madonna di un NFT della collezione “Bored Ape Yacht Club” in tutti i dettagli: Etherscan.
Ma teniamo sempre in mente che la blockchain, anche se nata in origine per proporre un modello di finanza del tutto alternativo a quello delle normali monete controllate dagli Stati (le cosiddette monete FIAT, come l’euro o il dollaro) e poi estesa agli NFT, è una innovazione che si presta a numerose altre applicazioni in svariati settori: dalle catene di approvvigionamento e logistica alla sicurezza dell’identità digitale fino alla ricerca biomedica.
La crittografia
Non solo questa distributed ledger è praticamente impossibile da violare in quanto i dati sono distribuiti su migliaia di nodi.
In più, i dati sono crittografati.
Cosa significa crittografati? Significa che i dati “in chiaro”, leggibili, sono convertiti da un algoritmo in un testo cifrato, che può essere compreso solo dalle parti autorizzate sulla blockchain a operare. Un “intruso” avrà quindi un ulteriore ostacolo nel manipolare i dati, perché non potrà interpretarli.
La blockchain del Bitcoin utilizza un sistema di crittografia a 256 bit: qualcuno ha calcolato che occorrerebbe un insieme immenso di supercomputer per decriptare i dati senza avere la “chiave” per farlo, e questo insieme di computer per farlo impiegherebbe un lasso di tempo pari a… due volte la vita dell’universo!
Anche nelle banche, oggi, i dati (ad esempio del tuo conto corrente) sono crittografati per proteggerli, e si utilizza un più semplice sistema di crittografia a 56 bit che viene ritenuto più che adeguata allo scopo.
Combinando crittografia (e quindi un hacker dovrebbe riuscire a decriptare i dati: “mission impossible”!) e distribuzione del database su più nodi (e quindi un hacker dovrebbe riuscire a violare tutti i nodi della rete!), abbiamo un’infrastruttura davvero inviolabile.
Ma perché ogni tanto sentiamo parlare di truffe sui Bitcoin? Ne parleremo più avanti, ma chiariamo fin d’ora che il problema non è mai nel sistema, ma esterno ad esso.
Il singolo blocco della blockchain
Ti ricorderai che il termine blockchain letteralmente fa riferimento ad una catena a blocchi. Esaminiamo meglio questo aspetto.
Ogni transazione che avviene su una blockchain viene certificata, e i dati corrispondenti vengono crittografati. Questi dati si concretizzano quindi un “blocco”. Immagina che un NFT, un token digitale, passi da A a B per il prezzo di 1 Ether: tutto questo si traduce in un blocco.
Avviene poi una seconda transazione. Quel NFT passa da B a C per un prezzo di 1.5 Ether. Abbiamo un ulteriore blocco di dati, che corrisponde a questa seconda transazione. Ma questo blocco di dati è concatenato al blocco precedente.
Ogni singola transazione incorpora nei suoi dati la transazione precedente, e si ha una catena di blocchi di dati. Se uno qualsiasi dei blocchi fosse modificato (il che richiederebbe modificarlo in tutti i nodi, cosa che come spiegato è già di per sé impossibile in concreto), l’intera catena sarebbe alterata e la violazione sarebbe immediatamente evidente.
Immagina una catena fisica formata da migliaia di anelli: se qualcuno riuscisse a intaccare o sostituire o alterare un solo anello, sarebbe impossibile accorgersene perché la catena continuerebbe ad apparire perfetta.
Ora immagina una diversa catena nella quale, come per “magia”, se un solo anello fosse intaccato tutti gli altri anelli risulterebbero immediatamente anomali: ci accorgeremmo ad un primo sguardo che la catena è stata violata.
Insomma, la “catena a blocchi” impedisce ogni falsificazione dei dati in essa contenuti.
Come funziona una blockchain
Una volta che sta per avviarsi una transazione tra due parti, ad esempio un trasferimento di Bitcoin o di un NFT da A a B, occorre che questa transazione sia validata e trasformata in un blocco che va poi ad arricchire la catena.
Ma chi valida la transazione?
Nella blockchain del Bitcoin ogni “nodo” compete con tutti gli altri nodi per risolvere, utilizzando la potenza di calcolo del computer, una sorta di “puzzle matematico”, e per farlo prima di ogni altro nodo. Il primo nodo della rete che risolve il puzzle valida la transazione (che diventa un nuovo blocco della catena) e viene premiato in criptovaluta dal sistema stesso.
Come avrai intuito, i nodi che effettuano queste operazioni (noti anche come miners, minatori) sono vere e proprie aziende che investono in potenti computer, e pagano inevitabilmente bollette elettriche notevoli, per ricevere come ritorno criptovalute per il loro lavoro di validazione.
Potete immaginare quindi tutto un insieme di computer, sparsi sul pianeta, che spremono al massimo continuamente il loro potere computazionale per validare per primi la nuova transazione, con consumi energetici importanti: da questo deriva la diffusa polemica circa la sostenibilità ambientale della blockchain.
La sostenibilità ambientale della blockchain
Quello della sostenibilità ambientale della blockchain è un tema complesso e delicato. Che in un periodo come questo, in cui il costo energetico è aumentato a causa della confusa e grave situazione geopolitica, diventa ancora più rilevante.
Ed è anche un tema molto divisivo. I detrattori della blockchain vi diranno che ad esempio quella del Bitcoin consuma in un anno 133 terawattora di elettricità, quanto un paese come la Svezia.
I fautori della blockchain risponderanno facendo notare che tale consumo è pari a quello annuale dell’estrazione dell’oro fisico nel pianeta, e allora perché nessuno attacca l’oro fisico e si demonizza invece l’oro digitale?
E poi, perché non preoccuparsi piuttosto dell’aria condizionata che consuma 16 volte l’energia elettrica del Bitcoin?
Insomma, andando a guardare certi parametri, la blockchain sarebbe in realtà più eco-sostenibile di tante altre infrastrutture o tecnologia normalmente utilizzate nella nostra vita quotidiana.
Inutile addentrarci in questa polemica. Anche perché, più che capire chi abbia ragione, è più importante capire quali siano le soluzioni. Esiste un modo per sfruttare i benefici di questa straordinaria innovazione senza incrementare il consumo energetico nel nostro già abbastanza stressato pianeta?
Il consumo energetico della blockchain: le soluzioni
Ricordi quando ti ho descritto quel metodo di validazione col quale tutti nodi della rete della blockchain gareggiano per risolvere un puzzle matematico, validare così il blocco e ricevere una “remunerazione”?
Quel metodo è noto come proof-of-work, ovvero prova del lavoro svolto, ma è proprio questo metodo la causa dell’elevato consumo energetico.
Sulla blockchain Ethereum, che abbiamo prima citato (non quella dove gira il Bitcoin, ma dove gira la criptovaluta Ether e gli NFT), già le cose vanno un po’ meglio, pur essendo il metodo di validazione dei blocchi sempre quello, il proof-of-work. Se una singola transazione sulla blockchain del Bitcoin consuma circa 910 kWh, una singola transazione su Ethereum consuma circa 77 kWh.
Non solo: è previsto, per Ethereum il passaggio dal metodo della proof-of-work ad un metodo alternativo, denominato proof-of-stake. Cosa significa?
In parole semplici, che i nodi, invece di dimostrare di aver fatto del lavoro computazionale (e aver speso così energia), investono somme di denaro nella rete stessa “congelando” in essa delle risorse finanziarie.
In base ad un algoritmo, quanto più credo nel potenziale della blockchain, tanto più investo denaro e quindi detengo criptoasset. E in base alla quota di criptoasset in mio possesso ho certe probabilità di essere io a validare una nuova transazione ed essere quindi remunerato.
Il passaggio del metodo di validazione, da proof-of-work a proof-of-stake, dovrebbe ridurre il consumo energetico di Ethereum in maniera sostanziale, ma questo delicata e complessa transizione è già slittato più volte, e in questo momento è attesa prima della fine del 2022 ma in una data ancora non precisata.
Blockchain eco-sostenibili
Ma nel frattempo sono nate ulteriori infrastrutture, del tutto alternative, e alcune di queste sono state costruite proprio su principi di massima riduzione dei consumi energetici e quindi azzeramento o quasi dell’impatto ambientale.
Una di queste è Algorand, una blockchain nata solo pochi anni fa in seguito ad un progetto pilotato dal professore del MIT Silvio Micali, matematico e crittografo italiano. Algorand può in effetti vantarsi della definizione di “the green blockchain“.
Ricordi che una singola transazione su Ethereum consuma 77 kWh? Che è già meno di un decimo rispetto ad una transazione su Bitcoin. Ebbene, una singola transazione su Algorand consuma soltanto 0.000008 kWh ovvero una quantità del tutto irrisoria rispetto ad Ethereum (figuriamoci rispetto a Bitcoin!).
Algorand, come infrastruttura di blockchain [1], consente di effettuare tutte le transazioni che avvengono su Ethereum, come scambi di criptovaluta (che su Algorand è l’ALGO) e anche di non-fungible token.
[1] per trasparenza segnalo che Metabrand.tech, la startup di branded NFT il cui sviluppo mi vede impegnato come Managing Partner, è ufficialmente parte dell’ecosistema Algorand.
Quanto è sicura la blockchain?
Avrai ormai capito che la blockchain è inviolabile. Su questo anche gli scettici sono d’accordo.
Ma quando diciamo che è inviolabile, intendiamo che i dati contenuti nel database, e quindi le transazioni registrate, non sono falsificabili.
Quanto senti di tanto in tanto parlare di truffe relative, ad esempio, al Bitcoin o anche agli NFT, sappi che non ci si riferisce mai ad hacker che sono stati in grado di manipolare i dati. Anche se a volte alcuni siti o anche testate giornalistiche usano espressioni che creano confusione e incertezza.
Quello che accade, ad esempio, è che qualcuno riesce a carpire la chiave privata che dà accesso al tuo digital wallet, che è qualcosa che con un po’ di accortezze si può evitare (così come puoi evitare di dare le password di accesso al tuo home banking a degli sconosciuti).
Oppure che inaffidabili piattaforme di exchange, quelle dove metti tuoi euro per acquistare Bitcoin o altre criptovalute, si rivelino sofisticate truffe: qui la migliore protezione, da parte tua, sarebbe non lasciare mai depositata un’ingente quantità di criptovaluta in una piattaforma di exchange ma tenerla invece custodita nel tuo digital wallet al quale nessuno ha accesso. A meno che tu non fornisca la chiave a un estraneo!
Altro discorso poi da tenere sempre presente, quando si parla di sicurezza, è la necessità di una corretta educazione finanziaria.
Il fatto che ad esempio che il Bitcoin sia del tutto sicuro (sempre che teniate gelosamente custodite le chiavi del vostro digital wallet, lo ripeto sino alla nausea) non vuol dire che sia esente da oscillazioni di mercato. Oscillazioni che potrebbero bruciare parte dei vostri risparmi che avete convertito in Bitcoin.
Perché vale sempre il principio di diversificazione del vostro portafoglio: va bene investire una quota dei vostri risparmi in criptovalute, ma questo nell’ambito di una diversificazione adeguata che vi protegga opportunamente.
Mi fermo qui su questo argomento, lasciando la parola al vostro consulente finanziario di fiducia, com’è corretto. L’importante, ai fini di questo articolo, è che tu abbia ben chiaro che notizie che circolano di tanto in tanto su perdite finanziarie legate alle criptovalute non hanno nulla a che fare con la sicurezza dei dati intrinsecamente garantita dall’architettura della blockchain.
Perché la blockchain è importante
In sostanza, grazie all’innovazione della blockchain è oggi possibile disporre di dati digitali assolutamente non falsificabili, e quindi di certificare una transazione e tenere traccia con totale sicurezza e in maniera trasparente di tali transazioni.
Questo ha permesso la nascita di mercati di quelle monete digitali che definiamo criptovalute, e anche di item digitali unici e indivisibili, gli NFT. Per non parlare delle applicazioni nell’ambito delle imprese, ad esempio nella logistica e nel processo produttivo.
Inoltre la blockchain consente una profonda trasformazione del Web che oggi conosciamo.
Nella fase nota come Web 1 gli utenti di Internet potevano usufruire di contenuti. Nella fase nota come Web 2, quella attuale, gli utenti possono creare contenuti utilizzando piattaforme centralizzate: pensa all’ultimo post che hai creato su Instagram.
Ora, nella fase che si sta profilando, il Web 3, gli utenti potranno “possedere” dei beni digitali (che siano criptovalute o token), cosa impensabile senza la blockchain e la sicurezza assoluta che essa garantisce all’autenticità dei dati.
Non solo: tu puoi trasferire i tuoi token o le tue criptovalute dal tuo digital wallet ad un altro digital wallet senza bisogno di alcun intermediario, come ad esempio le piattaforme di banche o di marketplace.
Il Web 3 si profila quindi come una dimensione che darà meno spazio a sistemi centralizzati, anche se questo non implicherà la loro scomparsa. Ma qui apriremmo il dibattito su un altro grande tema che al momento rimanderei… ad un altro articolo.
Al momento, l’importante è che sia ben chiaro l’aspetto fortemente innovativo della blockchain: una infrastruttura che rende possibile, senza l’intervento di enti centrali ma solo grazie alla tecnologia, l’autenticazione di dati digitali. E che questo apre un nuovo mondo di applicazioni, utilizzi, nuovi ecosistemi, negli anni a venire.
APPENDICE: la blockchain, in pratica
Questo articolo ha finalità puramente divulgative, e non ti aiuterà a divenire un esperto di blockchain, che è ovviamente un percorso complesso.
Io stesso non sono un “tecnologo” della blockchain, ma uno specialista in strategie di marketing che sta esplorando le potenzialità e i vantaggi della blockchain e degli NFT per il mondo delle imprese.
Se vorrai però approfondire un po’ di più il tema, senza per questo addentrarti in tecnicismi eccessivi, esiste un modo che non solo ti aiuterà a capirne di più, ma persino a toccare con mano in cosa consista una blockchain in concreto.
Questo grazie ad un sito, Blockchain Demo, che ricostruisce con delle simulazioni interattive quanto avviene in una blockchain.
Ti segnalerò ora i relativi link al sito, in ordine di approfondimento. Non ti preoccupare se le mie spiegazioni saranno volutamente un po’ troppo sintetiche, perché alla fine ti indicherò un ottimo video tutorial dal quale avrai una visione più dettagliata.
La simulazione, realizzata dall’autore del sito, Anders Brownworth, è riferita in maniera specifica ad una blockchain ispirata a quella del Bitcoin, ma i principi sottostanti sono gli stessi per ogni blockchain il cui funzionamento si basi sulla proof-of-work.
Come i dati vengono trasformati in una stringa?
Link: HASH
Prova a inserire e poi cambiare i dati nello spazio bianco e vedrai che automaticamente sarà generata una stringa (hash) di volta in volta diversa. Il merito è di una funzione detta HASH che traduce i dati in una stringa alfanumerica lunga sempre 64 caratteri a prescindere dalla quantità dei dati di partenza.
Un testo del tutto vuoto che vedi corrisponde ad esempio all’hash:
e3b0c44298fc1c149afbf4c8996fb92427ae41e4649b934ca495991b7852b855
Prova a scrivere nei dati la semplice lettera A e sotto l’hash diventerà qualcosa di totalmente diverso:
559aead08264d5795d3909718cdd05abd49572e84fe55590eef31a88a08fdffd
Come si compone un singolo blocco della blockchain?
Link: BLOCK
Un singolo blocco si risolve in una stringa appunto generata da una funzione HASH, ma in realtà quello che accade è che nella blockchain la stringa hash deve iniziare sempre con 4 zeri e viene calcolata inserendo come input non solo i dati, ma anche:
- l’indicazione del numero del blocco (se è il primo della catena, il secondo, etc.)
- e un numero, chiamato nonce, che permette all’hash di iniziare con 4 zeri.
Nel link vedrai che per un blocco #1, con dati vuoti, l’hash corrispondente è:
0000f727854b50bb95c054b39c1fe5c92e5ebcfa4bcb5dc279f56aa96a365e5a
grazie ad un nonce pari a 72608.
Prova a inserire nei dati la lettera A, e l’hash diventerà:
94dee630eeade17011a203a7925d4bc8bba7c582770288e899ba0c46b6e661c0
che non inizia più con 4 zeri: diciamo che ora il blocco non è più validato.
Per risolvere il puzzle matematico, e consentirci nuovamente di disporre di un hash che cominci con 4 zeri, occorre modificare il nonce. Ma come?
È qui che entra in gioco la potenza computazionale che prova a indovinare il nonce giusto. Ovvero validare il blocco.
In questo ambiente di simulazione è molto semplice: ti basterà cliccare su “Mine” e otterrai un nuovo hash:
00002946d0d583b7b06838718a9e41951535980434265b1cb0bf928f489086ed
grazie al nuovo nonce pari a 5091. Il blocco adesso è validato e per un momento sei stato anche tu un… “minatore”!
Come si concatenano i blocchi di una blockchain?
Link: BLOCKCHAIN
Ora atterriamo sulla realtà della blockchain. Qui vedrai chiaramente che ogni blocco della blockchain si esprime in un hash che dipende: (a) dai dati, (b) dal numero nonce, (c) dal numero d’ordine del blocco nella catena, e in più da (d) l’hash del blocco precedente!
Prova a cambiare i dati del primo blocco, attualmente vuoto, inserendo la lettera A. Vedi cosa accade?
Cambia l’hash del primo blocco, che non comincia più con 4 zeri, e infatti il pannello diventa rosso: il blocco non è più validato.
Non solo. Poiché i blocchi sono concatenati (ogni hash corrispondente ad ogni blocco viene generato dalla funzione HASH anche in base all’hash del blocco precedente) tutti i pannelli diventano rossi, e nessun hash inizia più con 4 zeri: l’intera catena è corrotta.
Prova a cliccare “Mine” sul primo blocco. Ti apparirà un nuovo hash, con 4 zeri:
0000cdaa4b7cf9559b6ff80a273b40282c3c49513b4cac55d2bd372b01133cb9
e il pannello tornerà verde, con un nuovo nonce: 270357.
Ma non basterà a ripristinare la catena. Ogni singolo hash della catena va ricalcolato, cliccando su mine, e generando nuovi nonce e nuovi hash; pensa ad una catena formata da migliaia di blocchi…
Insomma, l’ipotetica azione dell’hacker che sarà riuscito a violare un singolo blocco non passerà inosservata, e in rimettere a posto ogni anello della catena sarà impossibile. Insomma, la catena di dati è infalsificabile.
Perché una blockchain è un database distribuito?
Link: DISTRIBUTED
Qui vedrai di nuovo la catena di blocchi, dove modificandone uno solo vengono ad essere invalidati tutti i blocchi consecutivi (che diventano rossi).
Ma guarda bene: la stessa catena, con identici dati e hash, è replicata su più nodi. In questa simulazione, corrispondono a Peer A, Peer B e Peer C.
Prova a modificare un dato in un blocco di una catena del Peer A, immaginando di essere un hacker in grado di farlo. Il blocco violato, e i blocchi successivi, diventeranno subito rossi. E non ti basterà nemmeno ripetere il mining (ovvero cliccare su “Mine”) blocco dopo blocco, perché in ogni caso la catena del Peer A non corrisponderà più a quella degli altri nodi.
Immagina ora tutto questo in una catena formata da tantissimi blocchi e replicata su migliaia di nodi!
Stai intuendo perché è impossibile – nella realtà di una vera blockchain – modificare ovvero falsificare i dati, e poi rivalidare tutti i singoli blocchi di una catena. Ribadiamo: manipolare i dati e falsificare la catena è davvero impensabile.
Perché abbiamo definito la blockchain del Bitcoin come un registro contabile?
Link: TOKENS
In questa ulteriore schermata della simulazione si fa un semplice passo in avanti. I dati non corrispondono più ad un testo del tutto vuoto, ma rappresentano transazioni tra più utenti.
Prova a cambiare una sola virgola, e come abbiamo già visto, la catena di blocchi sarà spezzata e l’avvenuta violazione immediatamente evidente.
Ricordo che i valori sono espressi in $, ma concettualmente ci potrebbe essere qualsiasi valuta, cripto o fiat.
Quale è il primo blocco di una catena di blocchi?
Link: COINBASE
Come qui noterai, il primo blocco è riferito alla creazione della valuta iniziale, in questo caso $ 100.
Come già spiegato, non ti lasciar confondere dal fatto che appaiono dollari e non Bitcoin o Ether: stiamo guardando ad una simulazione del funzionamento di una blockchain, e ci interessa capire i principi di concatenazione tra blocchi e la replica di questi su più nodi.
Anche in questo caso, ogni minima variazione sarà immediatamente evidente. Un blocco, una volta validato e replicato su più nodi, deve “restare per sempre verde”, per spiegare la cosa visivamente, ed è proprio questo che consente ad una blockchain di essere non falsificabile.
Il video tutorial
Ho voluto un po’ pilotarti tra le varie pagine del sito, ma a questo punto lascio la parola al bravissimo Anders nello spiegarti più in dettaglio le varie simulazioni. Ti basterà seguire le sue istruzioni di questo suo video, riferito a quanto abbiamo prima visto in sintesi.
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