A cosa serve il business model canvas? Questa è la classica domanda che ci si pone dopo aver capito i vari blocchi del noto framework. “Si, d’accordo, è tutto chiaro” – avrai subito pensato – “ma… cosa ne faccio? A cosa serve?”

Non è una domanda banale, anzi. Ti confesso che io stesso, anni fa, dopo aver studiato il canvas, rimasi perplesso. E quindi? mi chiedevo. Le risposte le ho trovate solo col tempo, e mi piace condividerle qui con te.

Ma facciamo prima un passo indietro.

 

Cosa è il business model?

Prima di chiarire a cosa serve il business model canvas, mettiamo ordine nelle idee. Partiamo dall’inizio: cosa si intende per business model, in italiano modello di business.

Business model è un concetto che appare per la prima volta negli studi accademici nel 1957. Non è così recente come si possa pensare, ma è solo dopo il 2000 che il termine ha assunto ampia popolarità, anche al di fuori del mondo accademico.

Business model è un termine che descrive qualcosa di importante, di molto importante: con quale logica l’impresa crea valore, lo commercializza verso il mercato, e ottiene per sé una quota di quel valore generato, il profitto.

In realtà, le definizioni di business model sono numerosissime. Se vuoi esplorare in rete, potresti uscirne confuso. Qui semplifichiamoci la vita: stiamo parlando di come funziona l’azienda. Come “sta in piedi”.

 

Business model e strategia

L’importante è che tu non confonda il concetto di business model con quello di strategia.

La strategia è altro: implica una visione, degli obiettivi che traducono questa visione e di come l’impresa intenda raggiungere quegli obiettivi all’interno di un contesto competitivo. La strategia parla di direzione, è proiettata verso il futuro. Mentre il modello di business dà un quadro chiaro di come oggi l’azienda genera profitti, ovvero fa il suo mestiere di azienda.

La prima è un film, dinamico, la seconda è una fotografia, statica.

Statica? No, qui mi correggo. Capiremo più avanti che anche se il business model fotografa il funzionamento dell’azienda in un dato momento, questo momento non è necessariamente l’oggi. Può essere il futuro. Ovvero possiamo immaginare modelli alternativi di business per la nostra azienda. Ne riparleremo, è un punto importante.

Avrai intuito che anche se business model e strategia sono concetti ben distinti, sono inevitabilmente intrecciati tra loro. Che c’è una qualche area di sovrapposizione, nella quale non è più chiaro se si parli di business model o di strategia.

Perché? Perché una strategia implica facilmente un impatto su alcuni elementi di business model. Anzi, alcune strategia richiedono una profonda trasformazione del business model.

E viceversa, aver deciso per un business model anziché un altro ci indirizza verso una strategia piuttosto che un’altra. Una correlazione profonda, insomma. Una correlazione che non si può ignorare, quella tra strategia e business model.

 

Il successo del concetto di business model

Anche se il concetto di business model ha ormai una sessantina d’anni alle spalle, è divenuto terribilmente di moda, a partire dagli USA, solo dopo il 2000. Come mai? Si tratta, appunto, di moda?

No. La risposta è un’altra: è il dilagare dell’economia digitale. La diffusione massiva di internet tra imprese e famiglie. La disruption che tutto questo ha portato in tanti settori: home entertainment, turismo, finanza, elettronica… ovunque. La nascita di aziende puramente digitali, si pensi ai motori di ricerca e alle social platform.

All’improvviso ci si è resi conto che per molte aziende la migliore risposta alla disruption è rivedere profondamente il proprio modello di business. In altre parole, avere il coraggio di rimettere in discussione il proprio modello di business diventa la migliore risposta al rapido cambiamento in corso nell’ambiente esterno dell’impresa. Perché a volte solo l’innovazione del business model ciò che può salvare la nostra impresa da una rapida obsolescenza.

Cosa c’è di peggio oggi di essere come Blockbuster, incapace di mettere in discussione il proprio modello di business di fronte ad un mondo in rapidissima evoluzione? Molto meglio essere come Netflix, che nasce nel 1997 già con l’intento di proporre un nuovo modello di commercializzazione del servizio di noleggio dei DVD, per posta, senza metter su una rete immensa e costosissima di punti vendita come Blockbuster.

E poi decide subito di abbracciare le nuove possibilità offerte dal digitale, passando rapidamente dal servizio postale a internet e alle email. E non si ferma qui: nel 2007 avvia una nuova radicale trasformazione del modello di business, entrando nel settore dello streaming televisivo. E dal 2013 comincia anche a produrre serie e film, un’altra radicale evoluzione del modello di business: non è più un distributore di contenuti, ora è una media company.

Si capisce, insomma, che con tutte la minacce – ma anche le opportunità – che l’economia digitale presenta alle aziende, la migliore risposta è avere il coraggio di rimettere le mani sul proprio business model. Riplasmandolo. Reinventando il modo in cui l’azienda “sta in piedi”. Come Netflix ha dimostrato, appunto.

Addirittura, è proprio partendo da ragionamenti sul business model che nascono nuove aziende, da zero. Il business model diventa il terreno fertile sul quale ragionare e sperimentare quando si ha a che fare con startup, anzi, prima di avviare una startup. Perché a volte occorre inventare modelli del tutto nuovi con i quali esplorare le nuove opportunità di generare valore. Come ha dimostrato Jeff Bezos partendo da quel garage a Bellevue, Washington, quel 5 luglio del 1994.

Tutto questa ha determinato negli ultimi 20 anni una crescente attenzione del mondo non solo accademico ma di quello delle imprese verso questo concetto fondamentale, il business model. Ma poi avviene qualcosa.

 

Il business model canvas

Nel 2010 Alexander Osterwalder, autore e consulente svizzero, e Yves Pigneur, professore dell’Università di Losanna, lanciano un libro, “Business model generation“, che illustra una modalità molto visiva, semplice, immediata, per rappresentare un modello di business. Quel concetto astratto, teorico, diventa all’improvviso qualcosa che con carta e penna si comprende al volo. Nasce così il business model canvas.

La teoria si concretizza in un framework di 9 blocchi, profondamente integrati tra loro, con i quali diventa all’improvviso possibile inventare e reinventare le logiche aziendali. Riflettere. Sperimentare. Valutare. In poche parole, fare business model design. Cioè progettare o riprogettare, anche con un approccio creativo, il modo in cui l’azienda genera profitti. Tutto su un foglio di carta.

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I nove blocchi del business model canvas

 

Il business model canvas diventa subito immensamente popolare. Non è uno strumento perfetto, ma è ormai uno standard. Che si allarga oltre le intenzioni dei due autori. Ad esempio Tim Clark, formatore ed autore, lo applica nel suo libro “Business model you“, perché la logica dei 9 blocchi la si può in effetti anche ripensare nelle nostre vite personali.

 

A cosa serve allora il business model canvas?

La prima risposta l’hai già intuita. Carta e penna alla mano, è possibile mettere giù il noto schema dei 9 blocchi e avviare ragionamenti. Ma non ragionamenti qualunque, banali.

Ragionamenti profondi. Come oggi la nostra azienda funziona. Come potrebbe funzionare in futuro. Come modificare i blocchi, e che impatto ogni modifica può avere sull’architettura generale del modello di business.

Insomma, il business model canvas serve innanzi tutto come strumento per capire l’oggi e proiettarsi nel domani. In poche parole: per esplorare. Sotto questo punto di vista il canvas può essere visto quasi come una primissima forma di prototipo col quale immaginare il futuro. Nulla di strano: non avevamo parlato di business design?

Ma c’è una seconda risposta. Il canvas non solo come strumento per guardare a se stessi, alla propria impresa. Ma anche per guardare a quello che fanno gli altri. E non necessariamente i concorrenti.

In aziende anche di settori molto diversi tra loro si possono identificare elementi comuni nei loro modelli di business. Cosa hanno in comune Google e un quotidiano di free press? Nel primo caso parliamo di modernità assoluta. Di successo assoluto. Nel secondo di qualcosa che sembra già vecchio, dimenticato, parte del passato, un passato legato all’editoria cartacea. Eppure hanno un elemento in comune.

Anzi, più di un elemento. Forniscono informazioni ad un segmento di mercato che non genera revenue, ma poi reimpacchettano questi user, li trasformano in audience, e rivendono l’audience ad un secondo segmento di mercato. Cioè, agli inserzionisti: quelli sì, che generano revenue.

Ecco, questo è un esempio di pattern. Ma di pattern, cioè di schemi comuni che si possono rintracciare all’interno dei modelli di business di più imprese, non necessariamente dello stesso settore, ce ne sono decine e decine. A questi i soliti Alexander Osterwalder  e Yves Pigneur hanno dedicato nel 2020 un bellissimo libro, “The Invincible Company“.

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“The Invincible Company”, pubblicato nel 2020, con una ricca sezione di pattern riconoscibili nei modelli di business

 

Bene, e quindi? Quindi, vogliamo innovare il nostro modello di business? Guardiamo al di fuori del nostro settore. Ricerchiamo benchmark interessanti, che ci possono ispirare. Identifichiamo il pattern. E pensiamo se quel pattern è replicabile nella nostra impresa.

Questo è un lavoro di grandissimo valore che si può fare proprio col business model canvas. E che potrebbe portare a innovazioni sorprendenti. Sorprendenti e di successo, di quelle che non solo garantiscono la sopravvivenza della nostra azienda, ma la proiettano in un futuro che non avremmo mai immaginato.

 

In conclusione

Alla fine, quando parliamo di business model canvas, parliamo di uno strumento. A cosa serve uno strumento? Uno strumento nasce con una sua funzione. E il canvas nasce per rappresentare visivamente l’architettura di un’impresa. E nasce per ragionare su come migliorare questa architettura.

Ma poi di uno strumento ne possiamo fare un uso più creativo. E col canvas alla mano, esplorare mondi possibili, guardare a mondi lontani, riconoscere dei pattern interessanti, e riprendere carta e penna per capire cosa accadrebbe incorporando quei pattern nella nostra impresa. Per scoprire che è possibile pensare a modelli di business radicalmente innovativi. Di quelli che fanno diventare quella disruption che sta arrivando – e che potrebbe spazzarci via come uno tsunami – un’opportunità epocale.

E infine, giocare con i blocchi andando oltre il perimetro iniziale. Come fa Tim Clark, che li applica nelle nostre vite.

Ma tenete sempre in mente un punto. E non dimenticatelo mai. Che una cosa è movimentare il canvas con frecce, modifiche, correzioni… Ma ogni blocco che andiamo poi a toccare significa qualcosa. Significa come cambiano le relazioni con i partner. Significa come cambia poi la strategia di business. Significa come cambia il conto economico. Significa tante, tantissime cose.

E i blocchi, lo dicevamo prima, sono tutti in relazione tra di loro. E a volte sono relazioni nascoste, non immediate da cogliere. Cambiare ad esempio la modalità di monetizzazione nel blocco Revenue Streams, da transazione ad abbonamento, può comportare tante cose. Come lanciare una community, e siamo nella Customer Relationship. Come cambiare i canali distributivi, e siamo nel Channels. Come dotarsi di nuove risorse, o aggiungere nuovi costi, o cercare nuovi partner, o organizzare nuove attività, come guardare ad un diverso segmento di clientela… E così via.

Tutto molto più complesso di come possa sembrare a prima vista su quel foglio di carta. Ma, ormai l’abbiamo capito, quel canvas, messo giù con carta e penna, non è un gioco. E’ una cosa che va presa terribilmente sul serio.

 

 

Note.

Per approfondimenti ti segnalo i seguenti articoli:

Cosa è il business model canvas

La differenza tra strategia e business model

Le buone idee nascono dal modello di business

Capire il business model canvas

Le multi-sided platforms

 

 


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