Il concetto in sé è piuttosto semplice: per branded NFT intendiamo dei non-fungible token sviluppati da imprese in connessione a specifici brand.

Ed infatti, a partire dal 2021, numerosi brand hanno lanciato collezioni di NFT, nei più diversi settori: abbigliamento sportivo (Nike, Adidas), lusso (Prada, Louis Vuitton), beverage (Coca-Cola, Pepsi), automotive (Mercedes-Benz), e così via, in un elenco che ormai risulterebbe troppo lungo da riportare.

Ma cosa sono gli NFT?

Cosa è un NFT

Ricordiamo che un NFT (ovvero non-fungible token) è un gettone digitale che rappresenta un item digitale, ne certifica l’autenticità, permette la tracciabilità delle relative transazioni e l’identificazione di chi sia il possessore in un dato momento.

Possiamo quindi considerare un NFT dal punto di vista della funzione come un certificato digitale.

Ma cosa certifica un NFT? Nella maggior parte dei casi agli NFT corrispondono file jpg, oppure file audio o video, o GIF.

Uno degli utilizzi più comuni degli NFT è nell’area dei collezionabili, permettendo di lanciare “figurine digitali” che possono raggiungere per la loro rarità anche quotazioni importanti.

Altro utilizzo diffuso è nell’ambito artistico: gli NFT infatti consentono di comprare e vendere opere di arte digitale, e grazie alla programmabilità degli NFT consentono di riconoscere ad ogni transazione una royalty a beneficio dell’artista.

Gli NFT hanno avuto l’indubbio merito di aver creato un vero e proprio mercato dell’arte digitale, la crypto art, cosa che in passato era impensabile perché non esisteva un modo per identificare in maniera certa il singolo file digitale e distinguerlo da una sua copia.

L’interesse dei brand per gli NFT

Il mercato dei non-fungible token è schizzato da $ 82 milioni nel 2020 (misurato in valore aggregato delle transazioni avvenute) a ben $ 17.7 miliardi nel 2021 (fonte: L’Atelier – BNP Paribas). All’improvviso il termine NFT è diventato così popolare che il Dizionario Collins lo ha dichiarato “parola dell’anno” per il 2021.

E i brand non sono rimasti certamente a guardare.

L’esplorazione di questo nuovo mercato si è rapidamente intensificata. Pur essendo stato il settore della moda quello che ha dimostrato maggiore vivacità, possiamo affermare che non ci sia settore B2C dove non ci sia stata una qualche sperimentazione.

Con la diffusione, alla fine del 2021, del concetto di metaverso, i brand globali hanno cominciato anche a declinare questo interesse per gli NFT con un’attenzione particolare alle forme di metaverso ad oggi esistenti, come Decentraland o Sandbox.

Diverse aziende hanno acquistato real estate virtuale (e il terreno “digitale” viene appunto acquistato sotto forma di NFT), dando impulso ad una nuova categoria di NFT, quella rappresentativa di “pezzi” del metaverso.

Come i branded NFT creano valore per le aziende?

In buona parte dei casi i branded NFT sono un nuovo touchpoint tramite il quale i brand raggiungono i consumatori. Il beneficio in tal caso è di miglioramento dell’awareness (notorietà) e dell’attractiveness (attrattività) del brand, in particolare tra i nuovi potenziali consumatori del futuro, considerando che ad oggi i collezionisti e trader di NFT sono concentrati tra la Z-Generation e i Millenial.

È stata questo il driver per tante aziende del settore del lusso, come nel caso di questa collezione di Gucci “10 KTF Gucci Grail”.

NFT Gucci fashion

Naturalmente gli NFT sono particolarmente interessanti per i brand in quanto consentono di creare iniziative e generare comunicazione, monetizzando al contempo tramite il drop (lancio inziale) degli NFT. Insomma, un modo per dar vita ad attività di marketing – che hanno sempre dei costi – generando però dei ricavi addizionali (con la vendita degli NFT) che possono coprire o anche superare tali costi.

Resta poi una scelta dell’azienda se portare tali ricavi nel proprio bilancio, oppure devolverlo a favore di terzi come onlus e organizzazioni no profit. E’ quello che ha fatto ad esempio Coca-Cola, devolvendo il ricavato della vendita della sua collezione a favore di Special Olympics.

I branded NFT come “bridge” tra mondo fisico e mondo virtuale

Gli NFT sono certificati digitali, è vero, ma non devono necessariamente essere rappresentativi di immagini o video. Gli NFT si connettono a blocchi di dati che possono essere diversi da un jpg, ed essere rappresentativi – per volontà dell’emittente – della proprietà di beni esistenti nel mondo fisico.

Naturalmente occorre che l’emittente dell’NFT abbia piena titolarità dei diritti su quel bene fisico.

La Nike è stata tra le prime a sperimentare l’idea di usare degli NFT per certificare l’autenticità e tracciare l’acquisto e la successiva rivendita di prodotti, esattamente di costose sneaker da collezione, le CryptoKicks, già nel 2020.

Quindi abbiamo certificati digitali, trasferibili nel mondo virtuale, che consentono un trasferimento di proprietà di beni fisici e ne impediscono la contraffazione: un vero e proprio bridge (ponte) tra digitale e reale.

Un altro esempio? La collezione di t-shirt Prada realizzate dal designer Cassius Hirst (figlio dell’artista britannico superstar Damien Hirst), ognuna delle quali è accompagnata dal suo NFT.

Gli NFT per lanciare prodotti virtuali

Molto interessante notare che recentemente Nike ha lanciato una collezione di CryptoKicks digitali, denominata “Nike Dunk Genesis Cryptokicks“, consistenti in 20,000 item virtuali, dei quali solo 98 realizzati dall’artista Takashi Murakami (alcune di questi NFT sono stati rivenduti a oltre $ 100,000 – sotto una di queste sneaker virtuali).

Ad oggi l’azienda non ha ancora annunciato l’intenzione di farne anche una versione fisica, ma se ci pensate il passo è breve.

I non-fungible token, insomma, come un ponte che permette ai brand di muoversi tra le due polarità, virtuale e fisico, generando sinergie e profitti.

E le strade sono molteplici: prodotti fisici certificati da NFT, prodotti nativi digitali (realizzati magari per un utilizzo da parte degli avatar nel metaverso) che poi vengono realizzati anche come prodotto fisico, prodotti che nascono contemporaneamente per il consumatore “fisico” e per il suo alter ego virtuale tramite NFT…

Branded NFT anche per i servizi?

Abbiamo capito che i branded NFT possono rappresentare senza problemi prodotti fisici: scarpe, come si è visto, ma potenzialmente anche oggetti d’arredamento, device elettronici, persino immobili in mattoni e cemento, insomma davvero di tutto.

Non ci sorprenderemmo affatto se un giorno potremo acquistare un’automobile acquistando online da uno smartphone l’NFT che rappresenta quel preciso veicolo, e poi dopo qualche tempo rivendere sul mercato secondario la nostra automobile mettendo in vendita l’NFT.

Ma un NFT può rappresentare anche dei servizi. Anche in questo caso è fondamentale che l’emittente abbia pieno diritto di vendere quel servizio,

Hanno fatto notizia i primi casi di membership a ristoranti venduti tramite NFT, e probabilmente è solo l’inizio della diffusione di NFT che danno accesso al godimento di servizi.

Se c’è un settore che potrebbe essere profondamente trasformato proprio da questa tecnologia, è quello del ticketing per eventi, spettacoli e concerti.

È già possibile acquistare un NFT che consente non solo l’ingresso ad un concerto, ma anche (solo per quello specifico NFT) l’incontro con l’artista per una esperienza esclusiva di meet & greet. O di NFT che oltre che all’accesso ad un concerto consentono di diventare proprietari di merchandise esclusivo, come edizioni speciali di vinili da collezione.

Forse un giorno sarà normale acquistare un biglietto per uno spettacolo acquistando un NFT. E se qualche giorno prima dovessimo scoprire che non ci è assolutamente possibile essere presenti? Nessun problema: ci basterà rimettere in vendita l’NFT su un marketplace.

Il mercato del display degli NFT

La diffusione degli NFT ha dato vita, poi, ad un piccolo mercato collaterale, particolarmente interessante per le aziende di elettronica.

Immaginate di avere nella vostra personale collezione alcuni NFT piuttosto pregiate dei quali siete particolarmente orgogliosi. Potete vederli sul vostro laptop o sul vostro smartphone, è vero, ma vi sono già diverse aziende che propongono display progettati appositamente per esibire i vostri NFT nell’angolo della vostra casa.

Così come vi sono televisori particolarmente idonei per questo, come The Frame di Samsung.

Una soluzione particolarmente creativa è stata proposta dall’azienda di orologi di lusso Tag Heuer che ha lanciato recentemente un modello (immagine in copertina) che può essere sincronizzato con il proprio digital wallet e quindi far apparire l’NFT prescelto sul quadrante. Un caso davvero interessante di come un brand possa far leva sui non-fungible token in una maniera del tutto alternativa rispetto al consueto lancio di una collezione di branded NFT.

Gli NFT come porta d’ingresso nel Web 3

Gli NFT sono una delle applicazioni più importanti nate da quella straordinaria innovazione che è la blockchain, la cui data di nascita può essere fissata al 2011: stiamo parlando, quindi, ancora di un universo piuttosto acerbo.

Ci sono tutti i segnali che ci dicono che la blockchain darà un contributo chiave al passaggio dal Web 2 al Web 3, ma è evidente che si tratta di un percorso che richiede tempo, risorse, ma anche disponibilità da parte delle imprese a sperimentare,

Gli NFT sono, in questa fase, l’ideale strumento per le imprese per ridefinire le loro strategie nel Web 3 e per approcciarsi a questa nuova dimensione digitale con costi contenuti e controllabili.

E come abbiamo visto, non c’è limite agli utilizzi per i brand, e spesso è la creatività che fa la differenza.

La vera sfida sarà aprire questo nuovo universo a un’audience sempre più ampia, rendendo mainstream gli NFT, a portata di mano di ogni consumatore. Questo richiederà lo sviluppo di interfacce più user-friendly rispetto a quelle attuali, ma anche la creazione di NFT che siano sempre più allineati ai bisogni del cliente-consumatore, e quindi sempre più “utili”.


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