Cosa è il customer journey e quali sono le fasi che lo compongono?
Quando si parla di customer journey, uno dei modelli teorici di riferimento più citati è quello dell’AIDA, un acronimo che ricomprende 4 fasi del viaggio: attenzione, interesse, desiderio, azione.
Il termine AIDA fu coniato da un pubblicitario, Elias St. Elmo Lewis, nel lontanissimo 1898, e nasceva come semplice checklist a uso e consumo delle agenzie di advertising del tempo. Era un modello teorico che rispondeva a semplici domande quali: la pubblicità attira l’attenzione? suscita interesse? stimola il desiderio? spinge all’effettivo acquisto del prodotto? Un approccio assolutamente innovativo, visto che siamo agli albori del marketing.
Il modello del customer journey: dall’AIDA alle 4A
Quando si è cominciato a parlare di customer journey in un radicalmente contesto diverso, quello moderno legato al web 2.0, il modello AIDA è stato messo in discussione. Derek Rucker. professore di advertising strategy alla Kellogg School of Management, ha proposto una sostituzione con il modello delle 4A: aware, attitude, act, act again.
Rucker infatti ha voluto dare enfasi ad un aspetto che in passato era trascurato, perché per diverse ragioni, tra le quali quali scarsa competizione, oligopoli consolidati, lenta trasformazione dei settori, era considerato garantito per l’azienda. Parliamo della customer retention: in un mondo che cambia ad alta velocità (e imprevedibilità), e un cliente che cambia allo stesso ritmo, la customer retention non può più essere ignorata.
Act e act again esprimono bene il concetto, oggi prioritario nel marketing, di fidelizzazione del cliente: un viaggio che si conclude con il semplice acquisto, senza azione ripetuta (act again), non é un viaggio conclusosi felicemente, dal punto di vista dell’azienda.
Un nuovo modello di customer journey: dalle 4A del Rucker alle 5A del Kotler
Philip Kotler, guru del marketing dagli anni ’70 (celebre nelle università di tutto il mondo il suo modello delle 4P di marketing), e anch’egli professore alla Kellogg School of Management, ha recentemente proposto un ulteriore sviluppo (e superamento) del modello delle 4A, nel suo libro “Marketing 4.0” pubblicato nel 2017.
Kotler ha voluto dare ulteriore enfasi all’ultima fase del viaggio: non basta che il cliente acquisti (act), non basta nemmeno che acquisti ripetutamente (act again), occorre che il cliente diventi egli stesso strumento di marketing:
“Con l’andare del tempo i clienti possono maturare un forte senso di lealtà verso il brand, che si riflette nella retention, nel riacquisto e soprattutto nella raccomandazione del prodotto ad altri. Questa è la fase advocate. L’advocacy si verifica quando un cliente consiglia spontaneamente ad altri un brand che apprezza, senza che il brand gliel’abbia chiesto”.
Advocacy: è il cliente che vende il brand!
Si inserisce quindi il concetto di advocacy, e questa osservazione del Kotler ha pienamente senso nel mondo di oggi immerso nel Web 2.0. Da sempre ciascun cliente, in passato, ha sempre avuto il potenziale di diventare fonte o propagatore di quello che una volta era la semplice raccomandazione personale di un prodotto o il “passaparola”. Ma tutto rimaneva circostanziato in una base di network o geografica estremamente limitata.
Oggi, grazie in particolare ai social media (ma senza trascurare altri mezzi di comunicazione sul digitale: recensioni online, blog, etc), ciascuno di noi vede questo suo potenziale moltiplicato dalla penetrazione globale dei new media.
Il customer journey viene così rivisto dal Kotler in un nuovo modello, le 5A: aware, appeal, ask, act, advocate. E l’ultima tappa è cruciale, è fra tutte il reale obiettivo finale. E’ quella che unisce ripetizione d’acquisto, ovvero customer retention (quindi massimizzazione del lifetime customer value) ad allargamento della customer base.
Il nuovo customer journey di Kotler, passo per passo
Vediamo ora più in dettaglio le 5 fasi, vedendolo dal punto di vista del cliente prima (customer first!), e quindi sul significato che le fasi hanno per l’azienda.
AWARE
Il cliente vive immerso in una ampia gamma di stimoli da brand diversi, e la sfida per l’azienda è oltrepassare il filtro del sovraffollamento per raggiungere la mente “cognitiva” del cliente.
La fase si completa quando il cliente “riconosce di conoscere” il brand (“Lo conosco”).
APPEAL
Nell’ampia gamma di brand noti al cliente, solo alcuni di questi ottengono il suo gradimento. Mentre la fase precedente è più marcatamente cognitiva (o il brand è noto, o non è noto al cliente), questa fase investe maggiormente la sfera emotiva del cliente.
La seconda fase si completa quando il cliente diventa cosciente dell’attrazione verso lo specifico brand (“Mi piace”), al punto da includerla in un processo di selezione.
ASK
Il cliente, riconosciuto un bisogno d’acquisto, intende restringere l’insieme di brand presi in considerazione nella fase precedente e si attiva (esatto: questa è la prima fase in cui il cliente diventa soggetto attivo!) per raccogliere informazioni e per arrivare a una prossima decisione d’acquisto.
La terza fase si completa quando le ulteriori informazioni raccolte, integrate con il gradimento già manifestato per uno specifico brand, portano ad una convinzione finale (“Mi convince”).
ACT
Il cliente procede con acquisto del prodotto (o servizio) dello specifico brand. Qui si connettono due momenti fondamentali, ovvero due esperienze che saranno poi determinanti per il passaggio alla fase finale: (1) l’esperienza d’acquisto (quante volte accade che una pessima shopping experience sia riuscita a rovinarci un acquisto a lungo desiderato?); (2) l’esperienza di utilizzo, il cui peso non ha bisogno di essere spiegato.
La tappa si completa quindi con la transazione economica (“Lo acquisto”) e successivo consumo/utilizzo.
ADVOCATE
Abbiamo già spiegato quanta rilevanza abbia questa fase, affinchè il customer journey sia davvero completo e si verifichi la sospirata advocacy (“Lo consiglio”). Soltanto con la piena soddisfazione del cliente è possibile che questi: (a) si fidelizzi, e quindi si garantisca la customer retention; (b) diventi inoltre elemento di ulteriore crescita della brand equity, grazie alla sua azione che può spaziare dalla semplice raccomandazione all’amico fino al diventare vero e proprio ambassador del brand.
Quest’ultimo passaggio dovrebbe essere l’ultimate dream per ogni azienda, ma è un lusso che solo pochi brand iconici sono riusciti a realizzare nel tempo, e con investimenti attenti e rilevanti: si pensi a clienti che agiscono da ambassador estremamente attivi per brand iconici come Harley Davidson, Apple, Walt Disney, Lego, Ikea o Nike.
Considerazioni finali
Il customer journey richiede un’impegno, da parte del cliente, limitato soltanto nelle fasi ask, act e advocate. Nelle prime due fasi il cliente è passivo, riceve semplicemente stimoli dall’esterno, e spesso in maniera non completamente conscia.
Per l’azienda, invece, è tutto diverso. Ogni tappa significa investimento di tempo, risorse, e strategie specifiche. Ricerca e sviluppo, pubblicità, siti informativi, marketing sui social media, servizio clienti, distribuzione, servizio post-vendita, tutto questo e molto altro occorre per essere sempre presenti in ogni fase del viaggio, fino all’ultimo difficilissimo miglio. Ed è una sfida durissima, perché alla fine del viaggio c’è solo un unico vincitore.
Come avrete intuito, le 5 fasi del viaggio sono in successione come in un funnel (imbuto) continuo, sempre più stretto. Non tutti i brand riescono a essere nella fase aware (cioè visibili al cliente), non tutti gli piaceranno e saranno effettivamente top of mind (appeal), non di tutti i brand graditi il cliente raccoglierà (o riuscirà a raccogliere) informazioni, e così via, fino alla strozzatura finale, dove passa solo il migliore, come in un processo darwiniano.
La prima fase, fondamentale per il brand per poter almeno aspirare alla selezione che effettuerà il cliente, è condizione necessaria ma ben poco sufficiente, ormai lo avrete capito. Aver ottenuto l’attenzione del cliente nella maggior parte dei casi serve a ben poco, anzi a nulla, se il brand non ha il carburante e il motore per proseguire il viaggio. E di questo ne avevamo già parlato dell’articolo “Ottenere l’attenzione del consumatore è solo il primo passo nel customer journey“.
E in ogni passaggio lungo il funnel l’attenzione e l’impegno dell’azienda non deve mai ridursi. Anche conclusa la fase act, e quindi l’acquisto, con un conseguente ricavo, se vogliamo garantire continuità al business in un’era di turbolenza, occorrerà che per garantirci il passaggio alla fase finale – il cliente che faccia marketing per noi – tutti i pezzi siano al loro posto.