La narrazione degli NFT, tra hype e confusione
Diciamoci la verità. Siamo stati fin troppo esposti ad una narrazione confusa, imprecisa, intorno agli NFT (i non-fungible token). Gli articoli riportati anche dalla stampa ‘tradizionale’, quella che associamo al concetto di giornalismo, spaziano dal ventenne indonesiano divenuto milionario vendendo NFT con i suoi selfie, a file jpg venduti all’asta da Christie’s o Sotheby’s per milioni di dollari, dal figlio dodicenne di Briatore che sarebbe diventato CEO di un’azienda che vende NFT immagini di orsacchiotti, a tartufi di dimensioni record venduti tramite NFT, e via dicendo.
Una narrazione, dunque, caratterizzata da un hype mai visto prima (e giustamente il Collins Dictionary ha riconosciuto ufficialmente NFT come “Word of the Year” per il 2021), insieme con il proliferare di notizie frammentate ma tutte tese a segnalare l’eccesso, la bizzarria.
La reale utilità degli NFT è nella loro essenza
Questa comunicazione ci ha fatto perdere di vista l’essenza stessa degli NFT: set di dati che, essendo immodificabili una volta registrati sulla blockchain, offrono la migliore garanzia concepibile di disporre di una certificazione digitale infalsificabile e immodificabile, nonché la massima trasparenza essendo tale certificazione verificabile da chiunque e perfettamente tracciabile nelle eventuali transazioni.
Questa loro funzionalità originaria si è un po’ persa, sommersa da ondate di drop di collezioni di scimmiette, orsetti, zombie, punk, spesso di scarsissima qualità artistica. Ma la ‘vision’ della startup romana Metabrand.tech, nella quale ai non-fungible token viene restituita una reale utilità, sia per le persone che per le aziende, sta permettendo l’attivazione di nuovi progetti nei quali l’innovazione continua a restare saldamente ancorata ad una logica di problem solving.
Progetti che non devono necessariamente essere asettici, ma possono anche mostrare un lato un po’… glamour.
Certificazione del diritto d’autore per le foto: il caso BK Studios
Come è avvenuto con Photochain, un servizio su blockchain messo a punto da Metabrand.tech.
Servizio che è stato inaugurato in partnership con lo studio fotografico BK Studios, che non è uno studio qualunque. È infatti uno studio specializzato nel settore del cinema e dell’entertainment, per la creazione di asset fotografici e video prevalentemente per esigenze di marketing, su richiesta di produttori e distributori cinematografici. Con la conseguenza che solitamente, sotto gli obiettivi di BK Studios, i protagonisti sono volti noti del cinema, italiano e internazionale.
BK Studios era presente naturalmente all’appuntamento 2022 del Festival del Cinema di Venezia, e al termine della kermesse si è trovata di fronte al consueto problema di ogni fotografo professionista: la tutela legale del diritto d’autore degli scatti. Tutela che, se attuata correttamente, richiederebbe tempi e costi del tutto diseconomici, almeno con i consueti strumenti.
Ma questa volta è venuta in soccorso la blockchain, e si è provveduto alla tokenizzazione del diritto d’autore, naturalmente su una blockchain (non una qualunque, ne riparleremo).
Gli NFT ‘mintati’ (brutta traduzione dall’inglese minted) non sono quindi destinati al trading: sono invece vere e proprie certificazioni temporali di paternità per la protezione del diritto d’autore, a disposizione di BK Studios e custodite nel suo digital wallet, per attestare in maniera indelebile e trasparente la loro anteriorità rispetto ad ogni rischio di plagio.
Tutto ciò in alternativa, per intenderci, ad una costosa e complessa registrazione presso uno studio notarile.
Photochain: dalle foto agli NFT
Vediamone i passaggi. Si parte dalle foto professionali scattate al Festival del Cinema di Venezia, sul cui red carpet si concedono agli obiettivi dei fotografi celebrities del mondo dell’entertainment tra le quali Colin Farrell (vincitore per la migliore interpretazione maschile), Penelope Cruz, Adam Driver, Cate Blanchett piuttosto che Brad Pitt (sotto, a scorrimento)
A questo punto entra in gioco la partnership di BK Studios con Metabrand.tech.
Lo scatto viene rielaborato in un certificato digitale, e sigillato nella blockchain Algorand. Perché proprio Algorand?
Algorand è stata scelta da Metabrand.tech in base a criteri, oltre che di sicurezza ed efficienza, anche legati alla sostenibilità, trattandosi di una blockchain sostanzialmente carbon neutral. E Metabrand.tech è ufficialmente partner nell’ecosistema Algorand.
Ed ecco, nel caso della bravissima cantante romana Elodie, a Venezia per la presentazione ufficiale di “Ti mangio il cuore“, film che ne ha segnato il debutto nel cinema, che il servizio Photochain di Metabrand trasforma la foto in metadati ‘agganciati’ al certificato. Certificato che contiene tutti i dati rilevanti, da un punto di vista legale, per l’attestazione del diritto d’autore.
Dove si trova questa certificazione? È del tutto trasparente, pubblica, accessibilissima. basta cliccare qui per vedere il relativo NFT all’interno dell’Explorer di Algorand.
Il senso reale degli NFT nella visione di Metabrand.tech
Insomma, la blockchain che diventa utile, e come spiega Davide Dellacasa, CEO di Metabrand:
“Al di là delle speculazioni che hanno caratterizzato questi primi anni crediamo negli NFT, e più in generale nei servizi che si stanno costruendo sulle blockchain.
Tra questi, la possibilità di provare l’esistenza di un’immagine nel tempo e la sua attribuzione ad un autore è il servizio su cui puntiamo per avviare una più ampia riflessione sul futuro della gestione delle proprietà intellettuale online”.
Quindi, quando sentite parlare di NFT, non pensate automaticamente ad immagini di scimmioni dal valore multimilionario. I non-fungible token sono uno strumento a protezione indelebile di un asset unico. Il loro utilizzo, e quindi a quale asset siano connessi – nel caso di Photochain a un diritto giuridico – è tutt’altro discorso, ma è quello che fa la differenza.
Si ringrazia BK Studios per la concessione dell’utilizzo delle immagini fotografiche.
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