Viviamo in un mondo fatto di immagini, e le immagini hanno una capacità straordinaria, unica.
Alcune attivano in particolare il lato sinistro del cervello, quello analitico (ad esempio, si pensi ad un grafico), mentre altre all’opposto attivano il lato destro del cervello (si pensi alla foto di un tramonto, o di una persona a noi cara, o a un simbolo grafico). Ma non è corretto catalogare le immagini in due macro-categorie, quelle “razionali” e quelle “emotive”.
Perché in realtà le immagini hanno sempre la duplice capacità di dialogare con la parte più creativa del nostro cervello e nel contempo con la parte più razionale. Si tratta di quella capacità unica che citavo: coniugare logica ed emozioni.
Pensate a un istogramma, fatto per fornire una precisa idea dimensionale o di trend, ma che allo stesso tempo può stimolare suggestioni in chi lo guarda. Un esempio fin troppo evidente di questi giorni tristemente particolari sono le tante curve di evoluzione dei numeri del coronavirus: esprimono dati obiettivi ma generano anche paure, o speranze.
Il pensiero visivo, che ha come materia prima le immagini, ha quindi il potenziale di essere uno strumento formidabile, perché integra logica e intuizione. Può essere prezioso per la ricerca di soluzioni a problemi anche complessi. E’ un tema che nell’ultimo decennio ha affascinato diversi autori, esperti, consulenti, ma fondo anche voi, qualche volta, avrete intuito il potenziale inespresso del pensiero visivo, e della sua più semplice e immediata espressione: quella di ragionare, banalmente, scarabocchiando su un foglio.
Disegnare per rappresentare visivamente un problema (e risolverlo)
Più volte, in passato, mi sono sorpreso nel tratteggiare su un foglio frecce, linee, caselle, anche oggetti stilizzati, mentre ragionavo, da solo o con qualcuno, su un problema. A volte intuendo, sia pure a livello superficiale, che quegli scarabocchi che fluivano liberamente durante una conversazione (con qualcuno o anche interiore) a qualcosa servivano. Sortivano un qualche effetto chiarificatore, o di connessione tra punti diversi di uno scenario. Avete anche voi vissuto simili esperienze? Sospetto di non essere l’unico. C’è chi ne ha fatto un metodo.
Dan Roam, consulente americano, racconta di quella volta che era in Gran Bretagna, su un treno, diretto ad una conferenza dove avrebbe parlato del ruolo di internet nella scuola americana a un gruppo di pedagoghi britannici. Dettaglio non marginale: non era assolutamente preparato, perché aveva dovuto sostituire letteralmente all’ultimo momento il collega incaricato inizialmente della presentazione.
Durante la colazione sul treno, davanti ad un collega, Dan estrasse una penna e iniziò a scarabocchiare su dei tovaglioli di carta. Pian piano prese vita uno schema limpido, che aiutava la mente di Dan nel fare ordine e creare connessioni tra i vari pezzi. Anche il collega che era con lui nel viaggio, guardando lo schema tratteggiato di getto, si rese conto che lì dentro c’era già tutto quello che occorreva per la presentazione.
Arrivato sul posto, Dan aveva trovato in aula un’enorme lavagna, e a questo punto gli era venuta l’idea di ricreare piano piano, gesso alla mano, lo schema messo giù in treno, questa volta davanti alla sua audience, commentandolo mentre prendeva vita, per 45 minuti. Nonostante i rudimentali strumenti audiovisivi utilizzati sia per la preparazione che per la presentazione (tovagliolini, penna biro, gessetto…), la giornata fu un assoluto successo per Dan.
E per lui fu una conferma della forza del pensiero visivo e del potere nascosto degli… scarabocchi. E infatti Dan fondò la sua azienda di consulenza, la Digital Roam (ottimo gioco di parole!), per aiutare le aziende a risolvere problemi complessi grazie al pensiero visivo, annoverando clienti quali Google, eBay, GE, Wal-Mart, HBO e molti altri. Il claim della Digital Roam sul suo sito comunica in maniera sintetica ed efficace il senso ultimo di questo approccio innovativo: “In a complex world, visual clarity wins“.
Non occorre essere artisti. Bastano carta, penna, immaginazione e metodo.
Dan Roam è anche autore di un libro di successo, “The back of the napkin”, pubblicato negli Usa nel 2008 e giunto in Italia col titolo “Sul retro del tovagliolo”. Non mi addentrerò nel descrivere gli strumenti e processi di applicazione del pensiero visivo illustrati dal Dan, che nelle pagine si concretizzano in buffi (ma efficaci) omini stilizzati e abbozzate forme geometriche. Trovo più interessante invece raccontarvi del passaggio preliminare in cui incoraggia il lettore, spiegandogli che non occorre alcuna dote artistica per abbracciare questo metodo. Questo è un punto fondamentale.
E’ sufficiente saper scarabocchiare. Non è importante la qualità del disegno, ma la capacità di attivare l’immaginazione, trasferire informazioni in uno schema adeguato sulla carta, individuare relazioni tra gli elementi, e rielaborare lo schema finale (anche se disegnato in maniera rudimentale) traendone soluzioni, sempre facendo leva sul pensiero visivo. Potenzialmente chiunque di noi può farlo: provate e ne sarete positivamente sorpresi. Ma per fare quel salto in avanti e rendere degli scarabocchi uno strumento utile nelle situazioni aziendali reali, occorre un vero e proprio metodo di pensiero e analisi, ed è questo il contenuto del “Retro del tovagliolo”.
Gli elementi del pensiero visivo in azione
Un secondo libro sul tema che consiglio, mai tradotto in italiano, è “Presto sketching”, di Ben Crothers. Pubblicato 10 anni dopo il libro di Dan Roam, è più focalizzato a fornire al lettore gli strumenti per affinare gli scarabocchi, senza alcuna pretesa artistica ma solo per un utilizzo pragmatico nell’ambito del visual thinking e della visual communication. Esplicativo il sottotitolo: “The Magic of Simple Drawing for Brilliant Product Thinking and Design“.
In altre parole, insegna a sviluppare una sorta di linguaggio di elementi grafici, da utilizzarsi per pensare, progettare, presentare. Ma, sia chiaro, sempre di scarabocchi si tratta. L’aspetto qualitativo del disegno è in secondo piano, anche se l’autore fornisce suggerimenti e dimostrazioni su come trasferire concetti (di causa-effetto, etc) su carta in maniera minimale e pulita, soprattutto se destinati ad una audience.
Per approfondimenti
Se vi interessasse approfondire il tema (e perché no, prendere in mano carta e pennarello la prossima volta che dovrete riflettere su un problema aziendale, sviluppare un nuovo progetto o rivedere una strategia), oltre ai due libri segnalati, vi segnalo i siti dei due autori:
Dan Roam: danroam.com
Ben Crothers: prestosketching.com
Per una chiusura in tema, eccovi come esempio il business model canvas (quello ideato da Alexander Osterwalder nel suo celebre libro “Business Model Generation”, che ho già segnalato nell’articolo sui libri di business strategy) rivisto però in maniera un po’ più visiva e dinamica, con i simpatici omini di Dan Roam. Un modo alternativo di illustrare il business model canvas, certamente meno utilizzabile per una analisi ma che non esiterei a utilizzare se dovessi spiegare a qualcuno – a digiuno del tema – i flussi interni del modello di business. Peraltro, lo stesso libro di Osterwalder fa buon uso, nel canvas e non solo, del potere del pensiero visivo.
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