Nella mia attività come consulente aziendale vengo in contatto continuamente con piccole medie imprese (PMI) interessate a sviluppare una ben definita strategia aziendale (o di marketing) per riattivare lo sviluppo del business.

Questa esperienza mi ha fornito l’occasione per riflettere su alcune peculiarità delle PMI che non possono essere ignorate. E da buon estimatore delle matrici come framework per analizzare le strategie aziendali (come avrai forse intuito nei miei articoli sulla matrice del Boston Consulting Group o sulla  matrice di Ansoff), ho voluto racchiudere queste riflessioni in una… nuova matrice!

Senza alcuna ambizione di metterla sullo stesso piano delle matrici blasonate prima citate, la cui efficacia come strumento è stata confermata da decenni di pratica aziendale. Ma sono convinto che ne valga la pena condividere con te queste mie riflessioni. E anche ascoltare la tua opinione in proposito.

 

 

Strategia aziendale delle PMI: le 2 variabili della matrice

La matrice ha la classica struttura 2×2, ed è costruita su due variabili. La prima variabile è assolutamente oggettiva, ed è dal lato del mercato (market side). E’ la metrica fondamentale, del tutto quantitativa, che ogni imprenditore prende in considerazione prima di tutto quanto elabora nella sua mente una strategia per il mercato al quale si rivolge e per fronteggiare la concorrenza.

La seconda variabile, dal lato dell’impresa (internal side), è più sottile e sfuggente. Non impossibile da quantificare, ma indubbiamente soggettiva, in quanto strettamente legata al capo-azienda.

Hai capito di quali variabili parliamo?

 

 

(A) la variabile oggettiva (market side)

La prima variabile è il tasso di crescita del mercato. Fa una differenza immensa, per l’impresa, muoversi in un mercato stagnante, o in moderata crescita, o in rapido declino, e così via. E’ giustamente il punto di partenza per ogni considerazione sul futuro (perché quando parliamo di strategia, di quello parliamo: progettare il futuro dell’impresa).

 

 

(B) la variabile soggettiva (internal side)

La seconda variabile è invece un po’ sorprendente. L’ho compresa solo con la mia pratica quotidiana di confronto e dialogo con le piccole medie imprese. Ad un imprenditore puoi presentare ogni tipo di processo logico, basato su fatti e dati, ma alla fine la variabile critica nelle sue decisioni è inevitabilmente racchiusa nella sua personalità, è decisamente soggettiva, è molto diversa dall’obiettività del tasso di crescita del mercato.

Parliamo della propensione al rischio. Nella PMI ciò che conta, inevitabilmente, è la personalità dell’imprenditore (o del capo-azienda), che plasma l’intera organizzazione, e l’imprenditore come persona ha una sua propensione al rischio che trasferisce nella strategia aziendale.

 

 

La costruzione della matrice della strategia delle PMI

Mettiamo ora insieme le due variabili in una matrice ed avremo questo risultato. Che sembra banale, ma da casella a casella cambia completamente il modo in cui l’impresa costruisce il suo futuro.

strategia aziendale delle PMI

Vediamo ora, casella per casella, come si muove l’impresa. Entriamo nella mente dell’imprenditore!

 

(1) Il mercato non cresce, la propensione al rischio è bassa

E’ la casella a sinistra in basso. Ed è la più comune. Purtroppo. Anche perché è facile che si determini una correlazione tra le 2 variabili. Se il mercato è stagnante o in declino, l’imprenditore avrà una scarsa propensione al rischio. Avrà poca voglia di bruciare liquidità in un mercato che promette solo un ritorno sempre più ridotto, se non negativo.

Quando siamo in questa casella, la strategia è inevitabilmente quella dell’ottimizzazione della struttura dei costi.

strategia aziendale delle PMI

L’impresa non può contare sulla crescita del fatturato, e l’unica protezione che intravede per proteggere la profittabilità è contenere i costi, minimizzando quelli variabili (ad esempio rinegoziando i contratti di fornitura) e tagliando o riducendo quelli fissi (spostando la sede, riducendo il personale, etc).

 

(2) Il mercato cresce, ma la propensione al rischio è bassa

Non mancano i casi nei quali il mercato mostra tassi di crescita appetibili, e nonostante ciò la PMI mantiene un atteggiamento prudente. Stiamo parlando della casella della matrice a destra in basso.

In questi casi la strategia è piuttosto semplice: far leva sul trend del mercato e spingere sul fatturato in modo da saturare la capacità produttiva dell’impresa.

strategia aziendale delle PMI

 

Per intenderci, è la classica situazione in cui porto il fatturato da 5 milioni a 7 milioni e poi mi fermo lì, perché andare oltre significherebbe investire ulteriore capitale (assumendo personale addizionale, incrementando la capacità produttiva con l’acquisto di nuovi impianti, etc.). E’ la normalità in tante PMI italiane. Una strategia facile e intuitiva, che poi si sposterà pian piano verso la casella precedente (focus sui costi) man mano che il mercato rallenterà.

 

(3) Il mercato cresce, la propensione al rischio è alta

E’ la casella perfetta. Quella a destra in alto. Non solo il nostro fatturato viene trainato dal mercato, ma la nostra propensione al rischio ci sostiene nel puntare ad obiettivi ancora più ambiziosi. Se il mercato cresce del +8%, noi vogliamo crescere del +12%, e questo significa incrementare la nostra quota di mercato. Puntare a migliorare la posizione competitiva dell’impresa in un mercato già in crescita (idealmente sognando il raggiungimento della leadership).

 

E l’impresa allora non esita a immettere ulteriore liquidità, e quindi dar vita a nuovi investimenti. Per ritorni ancora migliori di quelli che un mercato già favorevole promette.

 

(4) Il mercato non cresce, ma la propensione al rischio è alta

Essendo le due variabili in qualche modo correlate tra loro, questa casella (a sinistra in alto) sembra una contraddizione. L’imprenditore ha voglia di rischiare in un mercato sfavorevole? Eppure è quello che si scopre nella realtà.

PMI che mantengono un’elevata propensione al rischio pur avendo di fronte tassi di crescita sfavorevoli, disincentivanti. Cosa accade allora? Tipicamente in questi casi scatta una strategia di diversificazione.

 

Se facciamo riferimento alla matrice di Ansoff, l’impresa comincia a valutare l’ingresso in nuovi mercati, ad esempio con l’internazionalizzazione, quindi nuovi mercati in senso geografico (vendo solo in Italia, ora intendo vendere anche in Germania e Francia).

Oppure lo sviluppo di prodotti o servizi innovativi pensati per lo stesso cliente (produco pelletteria, ora intendo produrre anche accessori) .

O ancora, l’ingresso in business radicalmente nuovi (sono editore di libri cartacei, ora intendo lanciare una piattaforma digitali di contenuti multimediali educativi).

Insomma, quando l’imprenditore ha una alta propensione al rischio, non c’è mercato in declino che tenga: cercherà sempre nuove opportunità. Parafrasando il libro “Strategia Oceano Blu“, cercherà in tutti i modi di uscire gradualmente dal suo oceano rosso sangue e trovare nuove opportunità di investimento e crescita, guardando in direzioni diverse.

 

A cosa serve questa matrice?

Ed ecco ora, completa, la nostra matrice della strategia delle PMI.

strategia-aziendale-delle-pmi

Questa matrice non ha alcuna ambizione, se non quella molto pratica di inquadrare rapidamente la situazione della PMI e capirne le sue logiche. Che come illustrato, dipendono non solo da quello che accade nel mondo esterno, ma anche in quello che accade nel mondo interno (la mente) del capo-azienda.

Se la propensione al rischio è molto bassa, sarà utile solo fino a un certo punto, nell’esercitare la mia professione di consulente, evidenziare opportunità di diversificazione nella business strategy. Soprattutto se il mercato è divenuto stagnante. L’approccio più pragmatico sarà quello di focalizzarsi sul contenimento dei costi per dare di nuovo respiro alla profittabilità.

Qualcuno di voi storcerà il naso e penserà che invece ne varrebbe la pena stimolare l’imprenditore a modificare la sua visione, la cultura aziendale che determina all’interno della sua impresa, e imparare ad abbracciare il cambiamento.

Se è questo che stai pensando, non hai tutti i torti. Ma questo significa far intraprendere all’impresa, e al suo capo-azienda, un lungo percorso di apertura al cambiamento, di trasformazione della cultura d’impresa interna. Significa guardare al lungo periodo, e nelle PMI questo spesso ha a che fare col passaggio generazionale del titolare dell’impresa. O comunque, agire sull’impresa affinché cambi la sua propensione al rischio.

Ma questa è un’altro tipo di sfida, e ne parleremo alla prossima occasione.

 

 

 

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