Ne ho letti, e tanti. Sarebbe quasi più facile fare l’elenco dei peggiori 10 libri letti sull’argomento. Restringere invece il campo ai 3 preferiti è un po’ più difficile. Ma non più di tanto, quando alla fine si hanno di fronte tre titani come Peter Drucker, Jack Welch e Gary Hamel. Partiamo da un classico. Un vero classico. E lo dice anche il titolo.
Classic Drucker
Il titolo originale è “The classic Drucker. Essential wisdom of Peter Drucker from the pages of Harvard Business Review” ed è stato pubblicato negli USA nel 2006, selezionando e raccogliendo 15 degli articoli scritti da Drucker per la rivista HBR corso di mezzo secolo.
Peter Drucker (1909-2005) è stato un vero filosofo del management, indubbiamente in più autorevole dello scorso secolo. Autore di 34 libri, e in questa elegante raccolta trovate davvero il distillato del suo pensiero.
Ma “Classic Drucker” non è affatto un agile manualetto. Già i nomi dei capitoli danno un’idea della profondità ( senza perdere senso di praticità, nel contempo) di queste pagine, ad esempio “Non sono dipendenti, sono persone”, “Le informazioni che occorrono veramente a un dirigente”, “La disciplina dell’innovazione”.
Ne consiglio la lettura. Chiaramente, considerato il tempo trascorso dalla pubblicazione degli articoli raccolti, per quanto il libro tocchi un po’ tutti i temi più rilevanti del management (l’innovazione, l’imprenditorialità, la gestione dei collaboratori, il processo decisionale, l’organizzazione efficace), inevitabilmente lo scenario di riferimento è un mondo industriale che non ha ancora visto l’impatto del digitale e delle tecnologie più avanzate. Ma se volete un quadro chiaro e pulito, ma non banale, dei “fondamentali” del management, è il libro che fa per voi. Insomma, il miglior punto di partenza per un argomento così complesso.
Questo è un libro profondamente diverso dal precedente, ma proprio per questo a mio parere è una perfetta integrazione. L’autore non è un teorico del management, ma uno dei più grandi manager del XX secolo. Parliamo di Jack Welch, nato nel 1935, e diventato CEO nel 1981 di una corporation complessa quale la General Electric, occupando questa delicata posizione per un ventennio e trasformando radicalmente l’azienda.
Il libro è stato pubblicato negli USA nel 2005, e tocca a tutto campo il tema del management (anche budgeting, strategia, e i Six Sigma di cui è stato grande “ambasciatore”), ovviamente non con la profondità di un Drucker, ma con una concretezza straordinaria, spesso tradotta in vere e proprie regole. Anche il linguaggio è vivace e appassionato. Qualche esempio:
“I leader entrano nel sangue di tutti, trasudando energie positiva e ottimismo”
“Pochissime aziende hanno dei sistemi di valutazione efficaci. Questo non è solo negativo, è terribile!”
“Se foste il presidente di una squadra di baseball, dareste più ascolto al contabile o al team manager?”
Gli argomenti toccati sono tantissimi, nulla di teorico o indefinito. E tutto condito di aneddoti calzanti, che rendono la lettura ancora più piacevole. Insomma, anche in questo caso non esito a consigliarne la lettura. Per certi aspetti, è la perfetta integrazione al Classic Drucker.
Qui si parte da uno scenario molto diverso. Anzi, radicalmente diverso. Qui il XX secolo è decisamente alle spalle. L’autore è Gary Hamel, nato nel 1954, docente per oltre 30 anni nella London Business School, direttore del Management Innovation eXchange, è definito da Forbes il massimo esperto mondiale in fatto di business strategy. Per certi versi, è il successore di Peter Drucker.
Il contenuto del libro (pubblicato nel 2007 col titolo “The future of management”) è decisamente definito dall’accelerazione del cambiamento i corso sulla spinta dell’innovazione tecnologica. E rimette in discussione tutto quanto si dava per consolidato, sin dal primo capitolo altamente provocatorio “La fine del management?”. Il management, spiega Hamel. dà l’impressione di essere incapsulato in una macchina del tempo. Ma ora la scienza del management è di fronte ad una sfida epocale. Deve reinventarsi. “Tutte le grandi imprese” spiega “sono inospitali per l’innovazione. Se volete costruire un sistema di management favorevole all’innovazione, dovete inventarlo”.
Tutto nel libro parla di innovazione, di quella radicale. I capitoli sono molto esplicativi: “Liberarsi dalle catene”, “Adottare nuovi principi”, “Apprendere dall’esterno”. Ma il libro, come tutti i veri buoni libri, non dà vere risposte, ma solleva molte domande, di quelle intelligenti, che fanno pensare in profondità. Come dice Hamel, “Finora ho resistito alla tentazione di mettere in comune la mia visione sul futuro del management.E’ soprattutto questione di modestia. Il futuro del management deve essere ancora inventato, e quando arriverà. mi aspetto di rimanere sorpreso […] Contradditemi se volete, ma sono pronto a scommettere che il Management 2.0 sarà molto simile al Web 2.0”
Ne consiglio la lettura? Decisamente, ma con un avvertimento. Richiede, rispetto ai due precedenti, un po’ più di tempo per “assimilarlo” (Welch al confronto è una lettura estiva, da ombrellone). E alla fine lascia più incertezze che certezze. Ma proprio per questo, ogni minuto dedicato alle sue pagine è un minuto ben speso.
Per altri consigli di lettura, clicca su “Strategia di business: 3 libri imperdibili“
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