Strategia di marketing: quali sono gli strumenti per valutarla? Come impatta sul conto economico? Ma che relazione esiste tra strategia e conto economico?!
Quando si parla di strategia di marketing, si parla inevitabilmente di investimenti. Che hanno un loro impatto sul P&L (profit and loss, appunto il conto economico), sia sul lato dei costi che sul lato dei ricavi.
Ed è importante poter misurare l’efficacia di questi investimenti, e quindi indirettamente della strategia di marketing adottata, sia in una fase preliminare di valutazione, per assumere delle corrette decisioni, che in fase successiva, per verificare se le nostre decisioni abbiano dato i risultati voluti.
In questo articolo, vedremo alcune simulazioni applicate ad un’azienda, la BioStore.
È una PMI, e produce prodotti alimentari bio, che rivende in punti vendita di proprietà. Esattamente in tre negozi: a Milano, Torino e Bologna. La BioStore, quindi, produce ma ha anche il controllo diretto del canale distributivo: è verticalmente integrata.
Non la conoscete? Ovvio. Non esiste, è un’azienda immaginaria. Ma ci servirà per fare insieme dei ragionamenti.
Ragionamenti che potranno essere applicati alle varie realtà aziendali, con i dovuti adattamenti: realtà produttive o di servizi, con modelli B2B o B2C, e così via. I principi resteranno sempre gli stessi.
Partiamo dal conto economico
La nostra azienda ha registrato nell’ultimo anno un fatturato di poco più di 2 milioni di euro e alla fine – detratti i costi – resta un profitto di circa 270 mila euro.
Ma vediamolo un po’ più in dettaglio.
Avete qualche dubbio sulle voci del conto economico?
Non c’è da preoccuparsi, tra poco chiariremo tutto, voce per voce. E comunque potete sempre dare una occhiata al precedente articolo “Cosa è il conto economico“.
Sales Revenue e i loro COGS
Partiamo dalle Sales Revenue. È il valore del venduto, quel fatturato di poco più di 2 milioni di euro prima menzionati.
Ma a questo valore del venduto corrisponde un costo, che chiamiamo Cost of Goods Sold, in breve COGS.
Si tratta dell’aggregato di tutti i costi direttamente imputabili ai prodotti venduti, e che variano al variare delle quantità vendute.
Per capirci: se le vendite per assurdo fossero pari a zero, anche i COGS dovrebbero essere pari a zero.
Cosa c’è dentro questi COGS? Si tratta in sostanza dei costi dei materiali acquistati per produrre i beni venduti, e i loro costi di lavorazione.
Nel caso della BioStore, i COGS hanno una incidenza del 61% sulle Sales Revenue. In breve, ogni 10 euro fatturati, 6 se ne vanno solo per coprire i costi necessari per produrre quei beni venduti corrispondenti a quel fatturato.
Il calcolo del Gross Profit
Ora facciamo un calcolo semplicissimo: detraiamo dalle Sales Revenue i COGS. Abbiamo così un margine che chiamiamo Gross Profit.
Che nel conto economico della BioStore sono il 39% delle Sales Revenue. Lapalissiano, perché il rimanente 61% è invece l’incidenza dei COGS visto prima.
Tra un po’ scopriremo che le cose sono un tantino più complesse, perché il mix tra COGS %e Gross Profit % varia da punto vendita a pybto vendita. Ma qui stiamo vedendo il conto economico totale dell’azienda.
Sotto il Gross Profit: le spese operative
Poi ci sono le Opex, ovvero le Operating Expenses: le spese operative. Che sono quelle spese non correlate direttamente al venduto, diversamente dai COGS.
Infatti, anche se vendessimo zero, dovremmo pur sempre pagare le spese d’affitto, i salari, le spese di marketing, e così via.
Le Operating Expenses includono i costi di marketing, ma in questo conto abbiamo voluto tenerle separate. Tra poco sarà chiara la ragione.
Sulle Sales Revenue della BioStore, le spese di marketing pesano un 2% e le Opex il 24%.
Bottom line: l’Operating Profit
Bene, detraendo dal Gross Profit le Operating Expenses abbiamo l’Operating Profit, il margine che genera il nostro business. In italiano, l’utile operativo.
Che qui ha un peso del 13% sulle Sales Revenue.
A dirla tutta, l’Operating Profit non è davvero la bottom line. Quello è l’utile netto, ma per arrivare a quello occorre ancora detrarre il saldo dell’area finanziaria, il saldo dell’area straordinaria, le tasse e le imposte…
Ma qui non ci interessa, perché l’Operating Profit è proprio quello che ci serve per capire quanto funziona davvero il puro business dell’azienda, tralasciando da parte tutte le variabili fiscali, finanziarie, straordinarie, non attinenti all’aspetto produttivo dell’azienda.
L’obiettivo è capire la struttura del conto economico quel tanto che ci basta per capire come misurare gli impatti dell’investimento di marketing.
Tutto chiaro? Bene, procediamo.
La scomposizione del fatturato nei 3 fattori rilevanti per la strategia di marketing
Da cosa deriva il fatturato annuo di un’azienda come la BioStore? Da 3 fattori.
Quanti clienti ha l’azienda, quante volte in un anno un cliente mediamente effettua un acquisto, e quanto mediamente spende per ogni acquisto.
Tre fattori che possiamo vedere in una equazione del fatturato semplicissima e intuitiva.
Questa equazione del fatturato la si può vedere più in dettaglio, anzi: è bene vederla più in dettaglio.
È sempre utile, in ogni azienda, disaggregare il fatturato per canali distributivi, o per linee di business, o per aree geografiche: dipende dagli obiettivi dell’analisi.
Nel caso di un’azienda come la BioStore, che opera col classico modello di business di un retailer, il fatturato lo scomponiamo per punto vendita.
Ad esempio, il punto vendita di Milano porta un fatturato (Sales Revenue) di quasi 940 mila euro grazie ai suoi 1550 clienti, ognuno dei quali visita mediamente il negozio 11 volte all’anno spendendo 55 euro.
L’impatto del marketing sui 3 fattori di crescita del fatturato
Ed eccoci, finalmente, a parlare di strategia di marketing.
In un precedente articolo avevamo chiarito che ogni strategia di marketing ha i suoi obiettivi strategici, che non dovrebbero essere concetti ma vaghi. Dovrebbero invece tradursi in numeri, e quindi misurabili.
E che rientrano sostanzialmente in 3 direzioni strategiche diverse, o se preferite a 3 diversi modelli di crescita.
Torneremo immediatamente sull’argomento, ma ne può valere la pena dare poi un’occhiata al precedente articolo “Strategia e business plan“
I tre modelli di crescita sono i seguenti:
– un modello basato sull’incremento del valore dell’atto d’acquisto dove il fattore prioritario è lo scontrino medio
– un modello basato sull’espansione della clientela, dove il fattore prioritario è il numero di clienti
– un modello basato sull’incremento della frequenza d’acquisto, e allora il fattore prioritario è la frequenza media d’acquisto nell’anno.
Tre modelli che si ricollegano direttamente ai 3 fattori dell’equazione.
E ora viene la parte interessante: perché la strategia di marketing, per spingere la crescita, può orientarsi su uno dei tre modelli e quindi convogliare risorse e sforzi su uno dei 3 specifici fattori.
Un esempio: strategia di marketing per la frequenza d’acquisto
Immaginiamo ad esempio di aver deciso di avviare una strategia di marketing mirata alla frequenza. Vogliamo cioè stimolare i clienti a venire più spesso ad acquistare. Non vogliamo aumentare il numero dei clienti, o farli spendere di più: solo farli venire più spesso.
Come tradurre questa direzione strategica in un piano concreto?
Potremmo lanciare una carta fedeltà. Che è un investimento di marketing, e quindi ha un costo: dobbiamo attrezzarci con un buon CRM (ovvero con un sistema di customer relationship management), creare iniziative promozionali per invogliare le visite nei negozi… tutte cose che hanno un costo.
Ipotizziamo allora che nel secondo anno avremo speso non più solo 42.000 euro per il marketing (come visto prima, nel conto economico) ma 192.000 euro: 150.00 euro in più.
Che ripartiamo così tra i tre negozi:
a questa nuova struttura dei costi:
Ne è valsa la pena? Sappiamo quanto sono aumentati i costi, ma non sappiamo come si modificheranno le vendite.
Tuttavia, dovendo prendere una decisione strategica, occorrerà stimare come questi 150.000 euro in più impatteranno sulla frequenza d’acquisto, il nostro obiettivo. E disporre di un indicatore utile per prendere una decisione e poi per misurare la validità della decisione assunta in un secondo tempo.
E siamo così arrivati a parlare finalmente del ROI, il vero protagonista di questo articolo.
Cosa è il Marketing ROI?
ROI sta per return on investment. Un concetto semplice: qual è il ritorno, generalmente espresso in percentuale, sull’investimento. È un indice di redditività, il più comune, utilizzato nell’analisi di bilancio.
Ho un certo capitale investito in un business, che genera un certo utile operativo (quello che sopra abbiamo chiamato “operating profit”), rapporto questo utile al capitale e capisco tante cose.
Ad esempio, vado a guardare se nella mia impresa il capitale rende più o meno rispetto alla media del settore, quindi se ho un utilizzo efficiente di quel capitale rispetto alla concorrenza. Oppure come si è evoluto nel tempo questo rendimento. Oppure posso confrontare il ROI di un dato business con il ROI di un altro business.
Il termine ROI si è ormai diffuso anche nel marketing dove però ha un’accezione un po’ diversa: quanto genera l’investimento di marketing. Invece di ragionarci in linea teorica, vediamolo in concreto, per la nostra BioStore.
L’impatto della strategia di marketing sul conto economico dell’azienda
Abbiamo già visto il conto economico della BioStore. Ma rivediamolo suddiviso per punto vendita, riportando in alto i tre fattori che compongono le Sales Revenue.
Ma questa è la fotografia prima della nostra decisione di investire 150.000 euro in più per aumentare la frequenza d’acquisto dei nsotri clienti (con la carta fedeltà, il CRM, etc.).
Passa un anno, e andiamo a misurare i risultati della nostra strategia. Ci troveremo magari davanti a questa situazione:
Cosa è successo?
L’analisi del ROI: misurare la performance della strategia di marketing
Abbiamo investito 150.000 euro in più, le frequenze d’acquisto di tutti i tre negozi sono incrementate, e il fatturato complessivo della BioStore è passato 2.049.750 euro a 2.745.750. Ovvero è aumentato di 696.000 euro ovvero del 34%.
Non male.
Qual è stato allora il ROI?
Se lo calcolassimo facendo riferimento al fatturato incrementale, sarebbe bene considerarlo al netto dell’investimento incrementale di marketing, perché di quella crescita del fatturato di 696.000 euro in realtà 150.000 sono serviti a coprire le maggiori spese di marketing.
Quindi il ritorno vero, netto, sarebbe di 546.000 euro.
Se rapportassimo questo ritorno a quei 150.000 euro di investimento, potremmo affermare di aver registrato un ROI del 364%.
Fantastico. Stiamo dicendo che per ogni 100 euro di marketing in più spesi, abbiamo ottenuto 364 euro in più di fatturato.
Rivediamo la formula del calcolo fatto:
È corretto come calcolo?
Si, ma ricordiamo sempre che è un indicatore… gonfiato. Sappiamo dal conto economico che, delle Sales Revenue, il 61% circa se ne va subito in COGS, costi direttamente correlati al venduto. Quel 39% che resta è, lo avevamo detto, il Gross Profit.
Allora non è esattissimo dire che ogni 100 euro di marketing spesi in più, abbiamo avuto un ritorno di 364.
Sarebbe un po’ più accurato calcolare il ROI di marketing in riferimento al Gross Profit, ovvero al fatturato meno i COGS.
Rivediamo la formula alla luce di questa considerazione:
Nel nostro caso, ai 546.000 euro di fatturato incrementale (al netto delle spese di marketing addizionali), detraiamo il 61% dei GOGS, e ci resta un Gross Profit, che poniamo pari al 39%, e ci restano esattamente 212.940 euro.
Li dividiamo per 150.000 e abbiamo un ROI del 142%.
Bene, questo è già più accurato. O no?
La formula del Marketing ROI alla luce del trend di mercato
Riprendiamo il conto economico dopo l’investimento effettuato.
La frequenza d’acquisto è aumentata:
– per Milano da 11 a 15
– per Torino da 10 a 12
– per Bologna da 12 a 17
La frequenza d’acquisto è cambiata in maniera diversa, da pdv a pdv.
A Bologna ad esempio è aumentata da 12 a 17, cioè del 41%, mentre a Torino da 10 a 12, cioè del 20% soltanto. Avete notato che con l’investimento addizionale di marketing Torino ha azzerato il suo Operating Profit?!
Questo implica che sarebbe opportuno procedere con un’analisi del ROI di marketing per singolo punto vendita.
Complicato? Non con un foglio di Excel, chiaramente.
Prima di commentare i dati, ricordiamo che l’incremento del Gross Profit per punto vendita è calcolato detraendo dal fatturato incrementale il marketing incrementale, e poi sul valore ottenuto detraendo l’incidenza dei COGS.
Cosa abbiamo?
Che la nuova strategia magnificamente nel negozio di Milano, che mostra un ROI di marketing del 203%, e in maniera mediocre nel negozio di Torino, con un ROI solo del 59%.
A Bologna? Il ROI è allineatissimo alla media del gruppo, il 142%.
La strategia ha funzionato: la frequenza d’acquisto è aumentata del +42%, meglio degli altri due negozi. Il problema, che ha frenato il ROI, è stato il peso degli investimenti di marketing addizionali. Pur avendo Bologna un fatturato pari a due terzi di Milano, le maggiori spese di marketing sono state a livello di Milano.
Strategia di marketing, conto economico e ROI: in conclusione
Lo so, questo è stato un lungo viaggio, tra tanti numeri e qualche formula. Non è come leggere l’articolo del paraguru di turno che ti racconta dell’eclatante idea geniale con la quale, come per magia, il successo dell’azienda è assicurato.
Invece abbiamo visto come fare strategia di marketing sia tutt’altro che facile, che significa ragionare su idee ma anche su numeri, che un occhio al conto economico non può mai mancare, che alla fine occorre tirare le somme e che se facciamo i calcoli correttamente potremmo anche restare delusi.
Un ultimo punto. Tutto quello che abbiamo visto si è basato su una ipotetica valutazione a posteriori della strategia di marketing. Ma è doveroso che questo giro di calcoli sia fatto anche prima, prima di partire. In fase di decisioni strategiche. Durante la pianificazione del marketing.
Quando decidiamo che strategia abbracciare, dovremmo avere ben chiaro come potrebbero cambiare i numeri del conto economico, e quindi calcolare quale potrebbe essere il ROI degli investimenti di marketing che stiamo prendendo in considerazione. Così da arrivare a confrontare una “strategia A” che ci dà un ROI del 100% con una “strategia B” che ci dà un ROI del 150% e così via.
Diversamente è un po’ come lanciare i dadi in aria. O affidarsi al paraguru di turno. Ma quelli sono altri mestieri.
Nota: se l’argomento ti appassiona anche sotto il profilo teorico e non hai paura di affrontare pubblicazioni accademiche, ti consiglio l’ottimo articolo “Measurement of marketing effectiveness” dei ricercatori Marek Solcansky e Iveta Simberova.