La Matrice di Ansoff soffre probabilmente di invidia verso più popolari templates, quali la Boston Consulting Group e sua maestà la SWOT, per citarne un paio.
E ha un po’ ragione. Pur essendo uno strumento formidabile per avere sott’occhio le più importanti opzioni strategiche da prendere in considerazione, se fate un sondaggio il termine Ansoff alla stragrande maggioranza anche dei marketer dice pochino. Peccato.
E allora rispolveriamo questa splendida Matrice, anche in memoria di Igor Ansoff, matematico nato in Russia nel lontano 1918 e a 18 anni emigrato negli Usa per diventare una delle grandi menti della scienza della strategia aziendale.
E per spiegarvi la Ansoff, partiamo subito con un esempio concretissimo e poca teoria (la buonanima di Igro Ansoff mi perdonerà, ma si sa che se le cose non si capiscono, non servono).
Market Penetration
Abbiamo la nostra fantastica bevanda, e la nostra strategia iniziale è semplice: vendere sempre più prodotto nei mercati dove siamo già presenti. Insomma, market penetration.
Ci interessa spingere le vendite, massimizzare la quota di mercato, allargare i profitti, contrarre i costi grazie ale economie di scala derivanti dalla crescita dei volumi, insomma nulla di eclatante. In termini di marketing, il lavoro è convincere il consumatore acquisito a consumare di più, e strappare ulteriori consumatori alla Pepsi.
Product Development
Ma a un certo punto la quota di mercato tocca il massimo, e ogni sforzo promozionale per accrescerla ha un costo addizionale che rende il ROI incrementale bassino se non negativo. Occorre cambiare strategia. Meglio spendere le nostre risorse per sviluppare nuovi prodotti da proporre ai nostri consumatori.
I consumatori sono sempre quelli, sia chiaro, non siamo entrati davvero in nuovi mercati, ma ora cominciamo a proporre negli stessi canali e agli stessi consumatori anche la Fanta e la Sprite.
Insomma, la strategia di product development è il primo naturale passo per crescere quando la spinta della penetrazione del prodotto iniziale è ormai esaurita. O no?
Market Development
No, perché avremmo potuto fare una scelta del tutto opposta. Magari anche più semplice. Prima abbiamo mostrato come nel product development ci rivolgiamo allo stesso mercato ma proponiamo ulteriori nuovi prodotti. Ma avremmo potuto anche decidere di proporre lo stesso prodotto, magari con qualche opportuno adattamento, a mercati del tutto nuovi.
Per la stragrande maggioranza delle aziende questo si traduce in portare i prodotti esistenti in nuovi mercati in senso geografico. Vendiamo in Italia? Bene, sviluppiamo il fatturato portando gli stessi prodotti in Francia e Germania.
Ma il caso di Coca-Cola è diverso. E’ già un’azienda globale, quello che può raggiungere sul pianeta già lo ha raggiunto, e allora per Coca-Cola si tratta di pensare a mercati nuovi nel senso di diverso profilo di consumatore, non in senso geografico.
Ad esempio, ci sarebbero quei consumatori così attenti alle calorie che mai berrebbero una Coca… E allora cosa facciamo? Restyling del prodotto classico, e senza grandi sforzi tiriamo fuori dal cilindro qualcosa, che sempre Coca-Cola è, ma a ridottissime calorie. Abbiamo fatto market development, e il fatturato riparte.
Diversification
Qui il gioco si fa pesante. Perché siamo alla strategia più complessa e difficile: prodotti nuovi in mercati nuovi! E cosa facciamo?
Pensiamo a consumatori nuovi, salutisti o vegani, e lanciamo un prodotto del tutto nuovo, Adez, bevanda vegetale a base di soia. Insomma, siamo su un pianeta molto distante da quello da cui siamo partiti, quello abitato dalla classicissima e familiare Coca-Cola.
Ma facciamo sempre attenzione. La diversificazione, come spiegato, non è una passeggiata. Dobbiamo inventare prodotti nuovi, dalla sorte incerta, e in più entrare in territori incogniti. Sommiamo insomma due tipo di rischio diverso.
Se facciamo bingo, il fatturato fa un bel salto in alto, ma più spesso ci ritroviamo a cercare di capire se abbiamo sbagliato prodotto, o mercato, o tutt’e due…
E’ come fare startup, ma col vantaggio (nel caso di Coca-Cola) di avere una enorme macchina ben rodata alle spalle. Ma il rischio c’è, e si vede.
A questo punto avrete intuito le regole del gioco, che in fondo sono facili. Cosa ha fatto il bravo Ansoff?
Ha preso solo due variabili, mercati e prodotti, e ha costruito una matrice, la matrice di Ansoff, semplice e intuitiva fatta di solo 4 quadranti (come in tutte le matrici di successo, non a caso, i 4 quadranti assicurano l’immortalità). Eccola qui.
La prossima volta che pensate a come dare una svolta all’azienda, ragionate in termini ambiziosi ma schematicamente semplici.
Spingo le vendite di quello che già produco? O lo porto all’estero? O comincio a proporre ai miei clienti prodotti nuovi? O sviluppo prodotti nuovi pensati per mercati del tutto nuovi?
PS: l’immagine principale dell’articolo intende rappresentare il percorso evolutivo di Coca-Cola dalla prima storica bottiglietta alla complessità del business attuale. Piccolo orgoglio personale: la bottiglietta fotografata è proprio quella che ho qui in casa, nella mia piccola collezione personale di “chicche” storiche. A volte mi viene in mente di fare la follia di stapparla e assaggiarla dopo oltre 90 anni…
Hai domande da farmi riguardo la matrice di Ansoff? Contattami!
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