Se una start-up intendesse sviluppare un prodotto finito e commercializzarlo, certa di aver individuato uno spazio di mercato e certa che il suo prodotto rappresenti un valore apprezzato e riconosciuto dal suo customer segment, e quindi monetizzabile, dimostrerebbe un approccio strategico ad alto livello di rischio. Anzi, ad altissimo rischio.

Esagerando, ma dando un’idea più vivida, sarebbe come se voi decideste di investire tutte le vostre finanze su un’unica azione acquistata in Borsa solo perché siete convinti (magari un po’ di pancia, o per due numeri messi in croce) del potenziale di quell’azione, senza aver mai visto un bilancio, verificato la qualità dei loro prodotti, compreso il loro modello di business, e senza aver alcuna idea di chi ci sia nel loro top management. E magari sarebbe prudente almeno entrare gradualmente in questo investimento, e invece no, prendete tutte le risorse e le investite in quell’azione. Ricorda un po’ una puntata al casinò, vero?

Le risorse di tempo e capitale investite nell’ottenere in tempi rapidi (diciamo….in fretta) un prodotto finito e apparentemente perfetto per il lancio, rischierebbero di essere bruciate da amare sorprese, la prima delle quali potrebbe semplicemente essere che… i clienti non ne hanno mai sentito il bisogno.

 

Cosa è l’MVP

Un disastro che si sarebbero potute evitare utilizzando il metodo del MVP, Minimum Viable Product. Ovvero che, anziché avere la presunzione di avere le idee chiare su cosa sviluppare per soddisfare i bisogni del cliente, è molto più sicuro – in termini di probabilità di successo – seguire un processo iterativo finalizzato alla raccolta di informazioni sulle vere esigenze dei clienti.

Il processo consiste nello sviluppo e presentazione prima di idee, e poi a seguire di prototipi sempre più rifiniti, sottoponendoli a panel rappresentativi del nostro Customer Segment. Si testa il prodotto in divenire sul panel, facendo toccare ai clienti con mano i prototipi, affinché ad ogni feedback si torni indietro per un ulteriore miglioramento di quanto intendiamo alla fine proporre ai mercato.

Si torna indietro, certo, ma molto meglio che andare avanti spavaldi verso un possibile baratro…quello del prodotto che alla resa dei conti non piace, non serve, o peggio nessuno ha mai chiesto.

E’ un processo iterativo perché si ripete più e più volte, raccogliendo ad ogni feedback ulteriori dati, e migliorando così a ogni iterazione il prodotto, con l’obiettivo di avvicinarsi dopo ogni iterazione ad un ottimale product-market fit.

E’ un processo di continua validazione delle nostre ipotesi (ciò che piace o ciò non piace al cliente), sapendo che ad ogni passaggio il nostro prototipo potrebbe non essere affatto validato, ma questa non sarebbe una pessima notizia, perché saremmo in una situazione nettamente migliore di quella del lancio di prodotto “alla cieca”.

Ed è un vero e proprio processo di apprendimento. Una learning curve allo stato puro. Stiamo davvero imparando a conoscere ciò di cui ha bisogno il nostro cliente, non rimaniamo ancorati a ciò che noi pensiamo che abbia bisogno.

Insomma, il prodotto si costruisce man mano che si raccolgono dati dal cliente, senza l’ambizione (pericolosissima) di presentare al cliente il prodotto bell’e finito.

Questa idea di vedere lo sviluppo di un prodotto (e di un modello di business costruito intorno al prodotto) come una serie di ipotesi sulle quali effettuare una serie di sperimentazioni e verifiche (in primis, sull’MVP prima descritto) è uno dei metodi resi popolari dal più ampio concetto di Lean Startup, del quale parlerò più approfonditamente in un prossimo articolo. Ma torniamo all’MVP.

 

Le 3 fasi di sviluppo dell’MVP sino al al product-market fit

Piano piano che si rifinisce una idea testandola sul cliente, fino ad avere l’agognato product-market fit (ovvero, il prodotto è davvero ciò di cui ha bisogno il cliente, al punto da essere disposto ad acquistarlo), l’MVP passa da 3 fasi:

  • conceptual MVP: in sostanza proponiamo un concetto di prodotto, il più possibile vivido, al panel. Non è facile, e non basta una chart in Powerpoint
  • simulated MVP: è un finto prodotto, che in qualche modo ricostruisce – o meglio simula – l’esperienza che il cliente vivrebbe se il prodotto fosse quello finale, effettivo (che invece ancora non esiste!), senza però ancora investire nello sviluppo della tecnologia sottostante
  • final MVP: il vero e proprio prototipo, dove è stato sviluppato quel minimo di tecnologia necessaria per fornire al cliente l’esperienza necessaria per una valutazione, e nel contempo testare anche il funzionamento della tecnologia sottostante.

Un’ultima nota: questo sviluppo graduale di prototipi sempre più vicini al product-market fit, nel caso di una startup, ha senso anche ai fini di dare un’idea vivida del prodotto che vogliamo creare ai potenziali investitori. Senza limitarsi a presentare un puro concetto che non si può ancora toccare con mano, e senza presentare qualcosa di troppo avanzato, perché avremmo allora consumato già buona parte delle risorse disponibili per qualcosa ancora lontano dalle esigenze del mercato.

 

Se vi interessa il concetto di simulated MVP,  segnalo due articoli che illustrano due esempi decisamente bizzarri ma molto esplicativi, spesso citati come “frodi del secolo“.

Si tratta della più grande truffa mai avvenuta a Silicon Valley, che ha visto come protagonista Elizabeth Holmes, e della celebre frode del XVIII secolo nota come “il Turco di Von Kempelm“.


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