Sia che la tua azienda venda prodotti fisici, o digitali, o servizi, ti sarai trovato a chiederti quale sia la profittabilità che ti porta mediamente ogni nuovo cliente acquisito.
Essendo l’argomento un po’ complesso e a volte – apparentemente! – un po’ teorico, lo esemplificheremo nella maniera più concreta possibile. Immagineremo di gestire il business di una azienda esistente: il Dollar Shave Club.
Il Dollar Shave Club vende prodotti per la rasatura, con un modello di business che si è dimostrato vincente, basato su un concetto di membership del cliente al Club.
Semplificando al massimo: il cliente acquista, rigorosamente online dal sito, uno starter set, formato da un rasoio e 6 lamette, e da quel momento si attiva una sorta di abbonamento: ogni mese il cliente riceve a casa automaticamente le lamette di ricambio.
In realtà l’offerta è un po’ più articolata: si vendono anche altri prodotti (come la schiuma da barba), si decide la quantità di lamette da ricevere mensilmente in base alla frequenza di rasatura (giornaliera, settimanale etc), e lo starter set contiene anche altri prodotti specifici in base alle esigenze del singolo cliente (sensibilità della pelle, etc.),
Quale metrica per misurare la redditività?
Non appena un nuovo cliente avrà aderito alla membership proposta dal Dollar Shave Club, riceverà lo starter set al prezzo di $ 30. Come avrai capito, è una semplificazione: il prezzo dello starter set varia in base al profilo del cliente (c’è una serie di domande online a cui rispondere per essere orientati nella scelta).
E ovviamente il nostro ragionamento sarà sempre basato su prezzi e costi al netto dell’Iva.
Il tuo primo pensiero potrebbe essere stato “se ipotizziamo che il primo acquisto ci fa incassare mediamente $ 30, quello è il valore che ci porta l’acquisizione del nuovo cliente…”
Ma già un secondo dopo ti sarai reso conto intuitivamente che le cose sono un po’ più complesse.
Una corretta gestione del business richiede infatti una visione più approfondita e dettagliata, in modo da avere davanti delle cifre che abbiano un reale significato ai fini delle valutazioni e delle decisioni aziendali.
Da quale metrica partire? Revenue o Gross Margin?
Se ogni starter set venduto ci costa $18 per la sola produzione, in realtà per ogni vendita realizzata è come se ci fossero entrati in una tasca 30 dollari e dall’altra tasca ci fossero usciti necessariamente 18 dollari. Senza quei 18 dollari di produzione, che chiameremo COGS ovvero Cost of goods sold, non sarebbe mai avvenuta quella vendita dalla quale incassiamo 30 dollari.
I due flussi sono così legati tra loro che è più corretto vedere così le cose: ogni vendita contribuisce non per $ 30 (le Revenue, ovvero i ricavi o se preferisci il fatturato) ma per $ 12: il Gross Margin, ottenuto sottraendo alle Revenue i COGS.
Il Gross Margin è il valore di quanto ci entra in tasca, al netto di quei costi di produzione direttamente e immediatamente imputabili all’unità venduta.
Pertanto, i COGS non includeranno mai quei costi che si spalmano sull’intera produzione, come i costi di R&D (ricerca e sviluppo), così come non includeranno mai i costi che si spalmano sull’intera attività aziendale, come i costi amministrativi, e tanto meno i costi che esulano dall’attività operativa dell’azienda, come i costi attinenti all’area fiscale (le tasse) e finanziaria (gli interessi passivi).
Abbiamo così stabilito che ogni nuovo cliente apporta all’azienda un valore pari al Gross Margin dello starter set, ovvero $ 12. O no?
Il concetto di Lifetime Value (LTV)
Avrai immediatamente intuito che l’acquisizione di un nuovo cliente non ci porta soltanto il Gross Margin relativo a quella prima vendita. Quel nuovo cliente ci porterà un valore più ampio nella grande maggioranza dei casi.
Ho voluto ragionare con te sul caso del Dollar Shave Club proprio perché qui è particolarmente evidente.
Infatti, al valore del primo acquisto vanno poi sommati:
- i valori dovuti ad acquisti ricorrenti: la scatolina di lamette da $6 dollari che arriverà puntualmente a casa del cliente ogni mese
- i valori dovuti ad acquisti addizionali: di tanto in tanto il cliente acquisterà dal sito uno dei tanti prodotti disponibili, come schiuma da barba, dopobarba, docciaschiuma, il sostegno per il rasoio, etc. Quello che spesso viene definito cross-selling.
E naturalmente quando si parla di valore facciamo sempre riferimento al Gross Margin, come spiegato prima.
Pertanto, per ogni nuovo cliente acquisito, è corretto prendere in considerazione il valore complessivo del Gross Margin generato mediamente nel tempo, e non solo il primo acquisto. Per questo si usa il termine Lifetime Value o LTV.
Come calcolare il Lifetime Value
Facciamo allora un’analisi delle nostre vendite e scopriamo quanto ogni nuovo cliente ci fa incassare mediamente.
Guarda questo semplice schema:
Consideriamo il primo acquisto, che si verifica solo nell’anno zero: lo starter set che genera un GM (Gross Margin) di 12 dollari.
Poi sommiamo il Gross Margin delle lamette. Ogni confezione venduta genera un Gross Margin di 4 dollari, e ne vendiamo nel corso dei quattro anni 42 confezioni, per un Gross Margin complessivo di $ 168. Che sommato al Gross Margin dello starter set ci dà $ 180.
Ecco calcolato il Lifetime Value per ogni nuovo cliente acquisito dal Dollar Shave Club.
Molto semplice, vero? Ma ora complichiamo un po’ le cose introducendo un nuovo concetto…
Retention Rate e Churn Rate
Si tratta di due indicatori tra loro collegati, anzi le due facce della stessa medaglia, del tutto complementari tra loro. Se diciamo che ogni anno mediamente perdiamo il 30% dei nostri clienti (Churn Rate), stiamo dicendo che tratteniamo il 70% dei clienti (Retention Rate).
Torniamo al nostro esempio. Diciamo che guardando bene ai numeri, nella nostra analisi di vendite, scopriamo che non è vero che ogni nuovo cliente acquisito scompaia all’improvviso dopo l’Anno 3. In realtà c’è una sorta di erosione graduale: ogni anno resta con noi l’70% dei clienti (quindi abbiamo un Churn Rate del 30%).
Lo schema visto sopra va allora reso un po’ più articolato, perché il Gross Margin annuale si riduce parallelamente all’erosione del numero dei clienti che abbiamo stabilito pari ad un Churn Rate del 30% annuo.
Come prendere questo fattore in considerazione nei calcoli? Moltiplicando il Gross Margin annuale derivante dalla vendita di lamette per la percentuale dei clienti che “restano con noi”. per ogni dato anno (il Cumulative Churn Rate).
Per chiarire meglio, vediamola così. Guardiamo solo alla vendita di lamette: lo starter set non ci interessa, lì abbiamo sempre il 100% dei clienti perché è il momento iniziale.
Ogni anno perdiamo il 30% dei clienti, per cui all’ultimo anno ci resta solo il 34% dei clienti acquisiti nell’anno zero (a essere precisi, il 34.3% ma nella tabella la percentuale appare arrotondata). Quello è il Cumulative Churn Rate dell’anno 3.
Se vendiamo 12 confezioni per ogni cliente rimasto, incassiamo un Gross Margin di $ 48. Ma per ogni cliente acquisito nell’anno zero, ormai ce ne restano nell’anno 3 solo 0,343 (ovvero il 34.3%). Quindi, per ogni cliente acquisito nell’anno zero, otteniamo nell’anno 3 un Gross Margin di 0,343 x 48 = $ 16.46.
Chiaro? Stiamo dicendo che per ogni cliente acquisito, il Gross Margin complessivo per le lamette alla fine sarà di soli 97,58 dollari. Sommando questo nuovo importo, ridotto quindi per l’abbandono graduale dei clienti, a quello relativo all starter set iniziale, abbiamo un Lifetime Value di soli 109,58 dollari.
Non più, quindi, 180 dollari come nella tabella precedente. O meglio, quella tabella sarebbe stata vera se – per assurdo – ci fosse stato per tre anni consecutivi un Retention Rate del 100%!
Un po’ di matematica finanziaria…
A essere precisi, i valori futuri andrebbero attualizzati. Perché un dollaro incassato oggi vale di più di un dollaro incassato il prossimo anno o tra due anni.
In sostanza, i valori futuri andrebbero scontati, ovvero ridotti in base ad un tasso di sconto, perché valgono meno. Quanto meno?
Possiamo far riferimento al costo del capitale dell’impresa, ad esempio. Ma per pura semplicità mettiamo in secondo piano questo concetto, che comunque non può essere del tutto ignorato. Soprattutto in questo periodo in cui l’inflazione sta galoppando e le banche tornano a incrementare i tassi di interesse….
Ma quanto ci costa acquisire un nuovo cliente?
Bene, abbiamo stabilito che ogni nuovo cliente ci porta un margine lordo di 109 dollari.
Ma quanto ci costa acquisirlo? Qui entra in gioco un nuovo indicatore, il Customer Acquisition Cost o in breve il CAC.
Immaginiamo che mediamente ogni anno spendiamo un totale, tra marketing e vendite, di $ 5 milioni. In realtà solo quattro vengono utilizzati per acquisire nuovi clienti: un milione serve solo per la retention dei clienti già acquisiti, ovvero per mantenerli, continuare a fidelizzarli e a generare un flusso di vendite nel tempo.
Poniamo che spendendo $4 milioni all’anno per acquisire nuovi clienti, otteniamo mediamente 120.000 nuovi clienti ogni anno.
In altri termini, acquisire un cliente ci costa 33.3 dollari (4 milioni diviso 120.000).
La formula del CAC allora è:Un po’ più semplice da calcolare rispetto al Lifetime Value, vero? Però, fai attenzione a distinguere bene le spese di marketing e vendite tra le due categorie!
Il rapporto tra Lifetime Value e CAC
Che rapporto esiste, quindi, tra LTV e CAC? Dall’investimento in marketing e vendite si generano vendite e quindi valore: è il CAC che consente l’esistenza di un LTV. Ma ne deve valere la pena.
Nel nostro esempio, spendendo un CAC di 33.3 dollari otteniamo un LTV di 109.58 dollari. Stiamo dicendo che, considerando anche il CAC necessario per acquisire il cliente, ogni cliente ci porta 109.58 meno 33.3 dollari = $ 76.28.
È poco, è tanto…? Be’, a questo punto entrano in gioco tutti gli altri costi, quelli che non erano direttamente imputabili alle vendite di prodotto. Nel caso del Dollar Shave Club, i costi di personale, i costi per la maintenance della piattaforma online, e così via.
Insomma, il discorso si fa più complesso, perché va visto il conto economico nella sua interezza, almeno a livello dell’area operativa. Dipende poi anche dallo specifico business: in alcuni, altamente concorrenziali, i costi per acquisire nuovi clienti possono essere piuttosto elevati.
Ma è lapalissiano che è ottimale avere un LTV il più alto possibile, dato un certo CAC. O viceversa, dato un certo LTV, ottenerlo con un CAC il più basso possibile.
Qualche regoletta un po’… spannometrica qualche autore in effetti la suggerisce. Ad esempio Bill Aulet, esperto di startup del MIT, consiglia di fare molto attenzione se il rapporto tra LTV e CAC e inferiore a 3:1. Insomma, idealmente il LTV dovrebbe essere pari ad almeno tre volte il CAC: al di sotto di tale soglia c’è il rischio che i costi di struttura erodano del tutto il margine delle vendite, portando nel peggiore dei casi ad una perdita nella bottom line del conto economico.
Per un ulteriore approfondimento, puoi consultare anche l’articolo “Migliorare la profittabilità con il Lifetime Value e il CAC“.
Se vuoi rinfrescarti le idee relativamente al conto economico (in inglese: P&L, profit and loss), puoi dare un’occhiata ad un precedente articolo: “Cosa è il conto economico“.
Riguardo il Dollar Shave Club, c’è tanto da dire, perché si tratta di un esempio di marketing davvero innovativo inserito all’interno di un modello di business letteralmente… “razor and blades”!
Magari ne parleremo in una prossima occasione, ma intanto goditi lo strepitoso video del suo brillante founder, Michael Dubin, un vero mago delle vendite D2C (direct to consumer). Un video che ha macinato su Youtube quasi 28 milioni di visualizzazioni!