In quest’articolo andremo alla scoperta di un segmento dell’industria media, il podcast, che da grande sconosciuto fino a pochi anni addietro si sta oggi dimostrando uno dei segmenti più dinamici, con interessanti aspettative di crescita nel futuro.
Siete pronti? Sarà un viaggio interessante, vedrete. Non è da tutti i giorni assistere alla nascita di un nuovo media.
Podcast: il mercato globale
Secondo la ricerca Deloitte “TME Predictions 2020“, si prevede che il valore del mercato globale dei podcast supererà quest’anno la soglia di un miliardo di dollari con un incremento del +30% verso il 2019. Incremento notevole, un vero e proprio salto, considerando conto che nella stessa ricerca si prevede per l’intera industria dei media nel 2020 una crescita globale del +4% (attenzione, queste sono stime pre-pandemia).
Il 2020 dunque come anno del podcast, ma ricordiamo che questa crescita andrebbe letta alla luce delle dimensioni del segmento nei confronti di altri segmenti dei media.
La scala dei valori dei principali media nel mondo (nel grafico sotto, valore in $ miliardi secondo la ricerca Deloitte) lo dice chiaramente: nell’istogramma, la colonnina del podcast non è nemmeno visibile.
In confronto agli altri segmenti dell’industria dei media, il podcast risulta essere decisamente una nicchia.
Ma è un segmento il cui reale potenziale nel lungo termine non è ancora conosciuto. Fa venire in mente un adagio africano:
“Mai schiacciare un germoglio, potrebbe diventare un baobab.”
La crescita del podcast in Italia
E nel nostro paese? Un quadro interessante ci viene offerto da una ricerca Nielsen che confronta i dati del 2019 all’anno precedente.
Guardate i tre grafici sotto.
Ogni indicatore mostra come anche in Italia sia in atto un trend positivo. Nel 2019 sono stati raggiunti ben 12,3 milioni di ascoltatori, pari ad una crescita del +16% sull’anno precedente.
Non è poco: vuol dire che un italiano su 5 ha ascoltato un podcast almeno una volta all’anno. Ma non è nemmeno molto: negli Stati Uniti, secondo la Edison Research, risulterebbe che un americano su 5 ascolta un podcast… una volta alla settimana!
Oltre ad un trend di allargamento dell’audience, c’è in parallelo un trend di intensificazione del “consumo”: si ascolta di più, o meglio si ascolta più spesso e più a lungo. Infatti, nel 2019 ogni utente ha ascoltato podcast in media 3,7 volte al mese (+37% sull’anno precedente) e il tempo medio di ascolto è stato di 22,9 minuti (+20%).
Se il 2019 è stato il primo anno importante in Italia per il mondo del podcast, nel 2020 non si vedono ragioni per un rallentamento del trend, anzi: il periodo di lockdown, come suggeriscono alcuni primi dati empirici, non avrebbe frenato ma anzi avrebbe ulteriormente stimolato la crescita del segmento.
Non solo abbiamo ascoltato più spesso podcast, ma molti di noi li hanno scoperti e apprezzati proprio durante quei difficili mesi di “paralisi”.
Ma quali sono i modelli di business che consentono all’editore di business di trasformare il contenuto in Value Proposition e quindi monetizzarli? Ragioniamoci prendendo spunto da una recente notizia, a suo modo sorprendente.
Warner Media e le nuove partnership nel settore del podcast
La notizia alla quale faccio riferimento è in realtà una duplice notizia. Quasi contemporaneamente, Spotify e iHeart, due delle maggiori piattaforme distributive di podcast nel mondo, hanno annunciato di aver intrapreso il mestiere anche di editore (quindi si tratta di un esperimento di integrazione verticale per entrambi) chiudendo due separati accordi con la stessa azienda, Warner Media, producendo contenuti basati sui diritti ottenuti dal partner.
Si tratta ovviamente di due accordi del tutto paralleli e molto diversi, come scopriremo presto.
Il primo è l’accordo di Warner Media è con Spotify per lo sviluppo di una serie di podcast con contenuti narrativi originali aventi per protagonisti i celebri character del DC Universe, tra i quali Batman, Wonder Woman, Superman.
Il secondo accordo invece è con iHeart, il maggior editore al mondo di “commercial” podcast, e prevede lo sviluppo di podcast serializzati, derivanti da serie televisive di successo di HBO Max, tra le quali la serie comedy-thriller “Search Party” e la serie fantascientifica “ “Raised by Wolves” diretta e prodotta da Ridley Scott.
E sono due accordi con finalità profondamente diverse per Warner Media. Nel primo caso, il deal con Spotify, l’interesse di Warner Media è generare revenue addizionali, proponendo attraverso Spotify ai fan del DC Universe una ulteriore esperienza di storytelling (oltre al cinema e al fumetto).
Mentre usualmente i contenuti di Spotify sono disponibili anche su piattaforme concorrenti (Google Podcasts, Apple Podcast, iHeart Radio), per questo specifico progetto Spotify ha radicalmente cambiato l’approccio. Di questi contenuti ne è editore (o se vogliamo co-editore, con Warner Media – ma non conosciamo i dettagli dell’accordo), e si tratta di un investimento importante e costoso, che ha senso solo come leva per incrementare gli abbonati al servizio Premium. I podcast DC Universe non sono legati a nessuna forma di raccolta pubblicitaria o di sponsorship.
Del tutto diverso il secondo accordo. I contenuti saranno distributi da iHeart su tutte le possibili piattaforme e gratuitamente. E questo per iHeart non è un problema, in quanto dispone all’interno di una formidabile organizzazione di vendita degli spazi advertising, che può solo beneficiare della massimizzazione dell’audience.
Anche iHeart, come Spotify, diventa editore, ma con tutt’altra finalità: commercializzare gli spazi media connessi ai contenuti HBO Max.
E il nuovo approccio di iHeart si integra bene con l’obiettivo di Warner Media che, grazie alla massimizzazione dell’audience citata, stimola l’allargamente dell’audience delle sue serie TV.
Partnership diverse per business model diversi: Spotify
Non potendo noi avere visibilità sui termini dei due accordi, possiamo comunque immaginare che nel primo caso (Spotify) Warner Media si veda garantita una share delle revenue del servizi Premium calcolata sulla fruizione dei contenuti DC Universe, mentre nel secondo caso (iHeart) Warner Media ottenga una share delle revenue pubblicitarie sviluppate dalla potente struttura di vendite di iHeart, e in più ottenga un ulteriore beneficio – non immediatamente monetizzato ma non meno importante – di comunicazione a favore delle sue serie HBO Max.
Abbiamo così due opposti modelli per i due editori Spotify e iHeart (li chiamiamo editori perché in questo deal assumono primariamente un ruolo di editori, pur essendo nati entrambi come piattaforme di distribuzione di contenuti digitali), per quanto i due modelli nascano entrambi dall’utilizzo di diritti di Warner Media.
Rappresentandoli con il template noto come Business Model Canvas, possiamo assistere a due architetture ben distinte. Prima di procedere, per chi di voi non conoscesse questo template strategico, suggerisco l’articolo “Il business model canvas, spiegato facile facile“.
Nel caso del business model derivante dal deal Warner Media / Spotify, l’architettura si regge tutta sull’elevato valore dei contenuti DC Universe, disponibili in esclusiva su Spotify e accessibili solo nell’ambito del servizio Premium. La produzione di contenuti di forza tale da generare abbonamenti al servizio Premium è fondamentale.
Partnership diverse per business model diversi: iHeart
Nel caso del business model derivante dal deal Warner Media – iHeart, l’architettura si regge invece sulla massiccia diffusione dei contenuti su tutte le possibili piattaforme. Questo permette la massimizzazione dell’audience, la vendita dello spazio media (attività prioritaria), che quindi è possibile generare revenue dal customer segment Advertisers compensando l’altro customer segment, l’audience vera e propria, che può vivere l’esperienza di ascolto “for free” (cosa comunque gradita dal partner Warner Media perché la sua reale priorità è spingere le serie TV di HBO Max).
Il classico modello di double-sided platform, insomma.
Ma torniamo alla realtà italiana. Quanto questi due modelli sono applicabili nella realtà italiana, un mercato ancora acerbo per quanto in netta crescita? O esistono ulteriori soluzioni per la gli editori?
Il viaggio nel mondo del podcast continua…
Nel prossimo appuntamento ne parleremo con Georgia Giannattasio, CEO e co-founder di Mentre Srl, nuova realtà italiana che si occupa di ideazione, creazione, distribuzione e promozione di podcast. A presto!