Con quest’articolo intraprenderemo un viaggio, che proseguirà in articoli successivi, nella confusa galassia delle ‘business presentations’, le presentazioni di business.
L’obiettivo è fornire a chi legge una serie di stimoli, idee, strumenti, affinché sia possibile un salto di qualità nella preparazione di deck di presentazione.
Farò continuamente riferimento a Powerpoint, da sempre il programma di più noto e utilizzato nelle aziende per la preparazione di slide. Naturalmente non è l’unico sul mercato, e so bene che i fedelissimi utenti di Apple non lo baratterebbero mai con Keynote. E so bene che esiste oggi una crescente schiera di utilizzatori di Canva, una alternativa che brilla per la facilità ed immediatezza d’uso.
Ma i concetti dei quali parleremo – font, colori, grafici, visualizzazione dei dati, etc. – restano ovviamente validi al di là dello strumento utilizzato, ed è su questi concetti che di focalizzeremo.
Il lato oscuro di Powerpoint
Powerpoint nasce nel lontano 1987, come prodotto di una società di software, la Forethought, Inc., fondata tre anni prima. Curioso aneddoto: la prima versione di Powerpoint viene rilasciata per uso esclusivo dei computer Apple Macintosh!
Sempre nel 1987, però, la Microsoft acquista l’azienda per 14 milioni di dollari, e a partire dal 1990 Powerpoint viene incorporato all’interno della suite di applicazioni Microsoft Office.
Personalmente ricordo ancora l’iniziale diffusione di Powerpoint tra le aziende in Italia. Eravamo tutti entusiasti delle possibilità creative a cui dava accesso, che si combinavano con un’estrema facilità d’uso. E così in pochi anni cominciarono a proliferare sempre di più file di presentazione, che divennero una presenza fissa in quasi tutti i meeting aziendali.
Con un risultato che è sotto gli occhi di tutti.
Presentazioni voluminose, composte da un impressionante numero di slide, che spesso chi presenta si limita a commentare o peggio a leggere, rendendo i meeting delle vere e proprie torture sia per l’audience che per lo stesso speaker. Speaker che si rende perfettamente conto del calo di attenzione da parte di chi sta davanti e come reazione tende ad accelerare, parlando in maniera sempre più affrettata e confusa, perché ci sono ancora una quarantina di slide da vedere, e così entra in ansia mentre chi è davanti a lui non vede l’ora che la presentazione finisca…
Uno scenario da incubo? Purtroppo no: è in tante aziende la quotidianità.
Il successo di Powerpoint ha mostrato l’altra faccia della medaglia, un po’ il suo lato oscuro: l’aver trasformato dei meeting in qualcosa di simile alle temutissime proiezioni agli amici delle diapositive o dei ‘filmini’ dopo le vacanze che avvenivano una volta, cosa che i lettori della mia generazione purtroppo ricorderanno bene.
Perché solitamente le presentazioni con Powerpoint non sono efficaci?
Sono tantissimi i fattori che entrano in gioco. Per dare una risposta corretta occorre innanzi tutto inquadrare correttamente cosa davvero accade durante una presentazione: una competizione.
Una competizione, per conquistare l’attenzione dell’audience, tra te e il tuo deck di presentazione.
Esatto, hai letto bene. Forse non ci avrai mai pensato, ma durante una presentazione chi ti è di fronte riceve due messaggi su due distinti canali: quello uditivo, ascoltando le tue parole, e quello visivo, guardando alle slide proiettate.
In un mondo perfetto i due messaggi sono del tutto coerenti tra loro, e i due canali integrati, un po’ come in un concerto nel quale diversi strumenti contribuiscono ad un’unica esecuzione musicale suonando in armonia tra di loro. Ma questo accade in un mondo perfetto…
La realtà è quasi sempre profondamente diversa. Quante volte ti sei trovato a fare una presentazione commentando o peggio leggendo il testo delle slide, girando le spalle al pubblico e guardando sullo schermo…
Slide che a loro volta apparivano complesse, di difficile comprensione, con un fitto testo.
In pratica, quanto accadeva era che la presentazione veniva in sostanza fatta non da te ma… dal tuo deck di slide. L’attenzione del pubblico era confusa, incerta, oscillante tra le tue parole (canale uditivo) e le slide (canale visivo). Ma poi, giacché tu stesso eri focalizzato a guardare le tue slide nello sforzo di spiegarle e commentarle, alla fine prevaleva il messaggio del canale visivo.
E così il deck di slide, quello che doveva essere un supporto visivo, utile a integrare e rafforzare le tue parole, entrava in competizione con quanto dicevi, prevalendo addirittura nella competizione. L’audience, prima incerta se seguire il tuo discorso o concentrarsi nel comprendere le slide, pian piano propendeva per la seconda soluzione (visto che tu stesso eri concentratissimo sulle slide!), fin quando la soglia di attenzione crollava, a causa anche della confusa leggibilità delle slide, rendendo così la tua presentazione del tutto inefficace.
Come funziona il cervello dell’audience
Quindi, parti da un concetto duro ma fondamentale. Che tendiamo tutti a sopravvalutare la capacità di attenzione di chi ci è di fronte mentre presentiamo.
Le persone, quando fanno parte di un’audience, sono molto meno multi-tasking di quanto si possa pensare. E non è solo questione di distrazioni: lo smartphone a cui tutti diamo una rapida occhiata, il seguire una presentazione online mentre intorno a noi accade di tutto, la stanchezza di stare fermi e seduti a lungo in una sala ad ascoltare passivamente…
Semplicemente, accade che il nostro cervello è programmato per bruciare meno energia possibile, cosa che 200.000 anni fa era di vitale importanza affinché rimanessimo sempre lucidi rispetto a ciò che è di vitale importanza: accorgersi di un predatore nascosto, individuare un qualcosa da mettere sotto i denti, evitare scontri con clan rivali…
Per questo, se arrivano messaggi confusi, e l’interesse per l’argomento presentato non viene adeguatamente stimolato, il nostro cervello si rende conto che sta bruciando troppe energie per mantenere quella soglia d’attenzione, e attiva una sorta di algoritmo, che chiameremo “WIIFM?”
What’s in it for me? Cosa ci guadagno nello sforzo per comprendere questi messaggi confusi, incoerenti tra loro?
L’output dell’algoritmo naturale del nostro cervello è nel 99% dei casi: zero. A quel punto la persona che è davanti a noi, per quanta buona volontà possa avere nel seguire la nostra presentazione, avrà già staccato la spina (magari nascondendo la cosa con un vago sorriso e un annuire meccanico che simula interesse).
Quando una presentazione è realmente efficace?
Chiariamoci a questo punto le idee. Chi presenta sei tu, non il tuo deck di slide.
Quel file di Powerpoint deve essere solo un supporto visivo a quello che racconti. Serve solo a inviare messaggi e stimoli, tramite il canale visivo, che si integrino e rafforzino il messaggio che viaggia tramite le tue parole.
E le tue parole non sono un commento alle slide. Le tue parole sono l’ossatura dela tua presentazione.
Per rendere una presentazione efficace, dunque, è un po’ come dirigere una sinfonia musicale.
Quel file di Powerpoint è solo uno degli strumenti. Ma non l’unico.
Conta anche il corretto utilizzo della voce, insieme con un linguaggio del corpo coerente. Nonché l’architettura stessa della presentazione, come i contenuti si incastrano tra di loro, la possibilità di renderli più interessanti facendo leva sullo storytelling.
Insomma, le tecniche per rendere una presentazione più efficace meriterebbero non un articolo ma… un intero blog dedicato all’argomento!
Esistono numerosi libri sui vari aspetti di una presentazione (tecniche di public speaking, uso della voce, etc.) che possono darti i giusti stimoli per migliorare, e alcuni suggerimenti li troverai nelle note finali. In questo articolo e nei prossimi ci focalizzeremo sul solo design grafico, argomento già di per sé complesso. Scopriremo insieme alcuni principi, e anche alcuni trucchi molto pratici che possono subito fare la differenza, già nella prossima occasione in cui presenterai con un file di Powerpoint.
Prima di iniziare, una doverosa precisazione.
Il design grafico non è la mia professione, ma quanto troverai scritto nasce da un’esperienza ultraventennale nel fare numerose presentazioni, in meeting interni, a reti di vendita, a partner e clienti, durante delle convention, sin da quando Powerpoint ha fatto capolino nelle aziende italiane.
Un’esperienza sul campo che si è poi abbinata ad una passione per l’argomento, e che mi ha portato ad un approfondimento attraverso lo studio dei migliori testi esistenti, nonché attraverso alcuni corsi.
Quindi, così come io non sono un designer grafico, non lo sei e non lo sarai mai nemmeno tu, ma questo non è importante.
Il nostro punto di vista è assolutamente funzionale, pratico, mirato all’obiettivo, e risponde ad una domanda precisa, che non è “come creare slide attraenti” ma: come creare delle slide che supportino efficacemente il public speaking durante una presentazione di business?
Con un’attenzione molto specifica alla comunicazione basata sui dati, materia prima fondamentale in tutti i processi aziendali!
Per approfondimenti
- Sei curioso di vedere come era la primissima versione di Powerpoint, quella sviluppata per i Macintosh? Cliccando su questo link potrai trovare una ricostruzione, una vera e propria simulazione, di quella storica versione. Clicca poi col mouse sul display dello schermo che compare, aprendo il programma Powerpoint, per utilizzare il rudimentale menu del tempo.
- Sul tema di come conquistare l’attenzione dell’audience, vi sono numerosi testi, ma uno dei più validi resta il libro “Made to stick” dei fratelli Chip e Dan Heath. Ho avuto modo di descrivere in un precedente articolo il suo modello basato su 6 principi che consentono ad un’idea di “appiccicarsi” alla mente di chi riceve, e che gli autori racchiudono nell’acronimo S.U.C.C.E.S.S.
- Vi sono in circolazione numerosi ottimi libri sul public speaking, e una selezione di questi meriterebbe un articolo a sé. Mi limito a segnalartene tre, con un profilo molto diverso tra loro (ricordando come sempre che si tratta di suggerimenti privi di qualunque interesse economico personale, non essendo questo blog in alcuna relazione con Amazon): “TED Talks” di Chris Anderson, presidente dell’organizzazione sottostante ai celebri “speech”, il completo manuale “Speak with power and confidence” di Patrick Collins, e l’illuminante “Give your speech, change the world” di Nick Morgan.