Perché è così importante lo startup pitch, ed è importantissimo evitare accuratamente alcuni pericolosi errori? E quali errori?

Il fundraising (ovvero il reperimento di fondi finanziari) è una delle maggiori sfide per ogni startup. Anzi, come spiega Paul Graham, co-founder di Y Combinator (il più celebre acceleratore di startup sul pianeta), il fundraising è la seconda più importante sfida che ogni startup deve superare per garantirsi la sopravvivenza (la prima? Creare un prodotto per il quale ci siano realmente clienti disposti a pagare).

Ho voluto perciò, in quest’articolo, mettere ben in evidenza alcuni errori da evitare durante la preparazione dello startup pitch, per quei dieci minuti (o anche meno…) in cui vi giocherete l’attenzione e l’interesse degli investitori… e probabilmente il futuro della vostra startup.

Diamo per scontato che abbiate rispettato le “golden rules” di qualsiasi business presentation: definire un chiaro obiettivo per la presentazione, sapere a quale audience andiamo a parlare, preparare una struttura per la vostra presentazione prima di mettervi al lavoro su Powerpoint, etc. e vediamo invece in concreto quali sono gli errori più comuni, le insidie nascoste…. essere sereni che il pitch deck che stiamo preparando funzionerà davvero al momento della “prova del fuoco”.

Inserire troppi dati e informazioni

Il primo e forse più comune degli errori in uno startup pitch lo chiarisco prendendo in prestito le parole di Chance Barnett, navigato startupper californiano (oggi fondatore e CEO di Jewel Bank):

“Credo che includere più informazioni di quanto necessario nel pitch non sia produttivo. Potreste persino lasciare alcune domande senza risposta, purché tocchiate i punti chiave in maniera chiara, evitando di condividere troppo.”

In altre parole, la classica regola “less is more” si applica perfettamente allo startup pitch: tenetelo sempre ben in mente.

Naturalmente, terrete pronti – affianco ad un pitch deck snello ed essenziale – tutti quei dettagliati documenti di approfondimento che possono integrare la vostra presentazione: proiezioni finanziarie dettagliate, specifiche tecniche, informazioni sul brevetto, etc). Vi saranno utili per fornire in tempi rapidi se non immediati delle risposte agli investitori che dovessero manifestare poi interesse e chiedere per capirne di più. O idealmente per un follow-up meeting, nel quale si farà un secono passo verso un possibile finanziamento.

Ma evitate assolutamente di ‘stipare’ all’inverosimile nel pitch deck una quantità sproporzionata di informazioni in quei pochi minuti che vi sono concessi. Anche ammesso che riusciate a sfruttare al massimo il tempo, parlando alla velocità di un rapper, sappiate che la capacità di assorbimento di informazioni nel cervello del più smart degli investitori sarà sempre inferiore a quanto possiate immaginare.

E non solo: avete idea del numero di pitch ai quali il vostro potenziale investitore avrà assistito prima di voi in quel mese, magari proprio in quello stesso giorno prima che voi entriate in scena…? Volete davvero annoiarlo con una massa di dettagli irrilevanti, oppure mandargli quell’unico messaggio – ma quello giusto – che faccia leva su quello che è per lui la cosa più importante: la prospettiva di un investimento ad alto ritorno e con un rischio contenuto?!

Produrre un pitch deck fin troppo ricco di slide

La semplicità è importante, anche dal punto di vista “quantitativo”. Un esperto come Guy Kawasaki, chief-evangelist di Canva e noto grande investitore in startup, ha persino ideato la “regola del 10-20-30”: per un pitch bastano 10 slide, che vanno presentate in non oltre 20 minuti, e con un font di dimensione 30 punti che non richieda sforzi nella lettura.

Ma quali slide? Nel modello di Guy Kawasaki quelle che contano realmente per un’audience fatta di investitori, ovvero in ordine:

  1. Il problema
  2. La soluzione
  3. Il modello di business
  4. La tecnologia adottata, che deve fungere da “ingrediente magico”
  5. Marketing e vendite
  6. Lo scenario competitivo
  7. Il team
  8. Proiezioni finanziarie
  9. Lo stato dell’arte attuale della startup e la sua roadmap futura
  10. Riassunto finale, con una CTA (call to action)

Ora, personalmente raccomando di non sentirsi mai troppo vincolati agli schemi, anche se proposti dai massimi guru mondiali della materia. Anche perché nella realtà esistono schemi alternativi altrettanto blasonati, nei quali il numero è solitamente di poco superiore alle dieci slide, conn una sequenza diversa.

Come quello proposto da Sequoia Capital, la più celebre società di venture capital al mondo (nel suo portafoglio di investimenti sono passate società come Apple, Google, Youtube e Airbnb): modello che ho descritto in dettaglio in un precedente articolo.

Ma in ogni caso, qualunque sia lo schema che riteniate più adeguato, o comunque lo adattiate ai vostri bisogni, evitate di presentarti in un pitch deck con un materiale così cospicuo che scoprirete – al termine del tempo concessovi – che non avete avuto modo di comunicare quei punti davvero importanti, o peggio che avrete creato un senso totale confusione e disorientamento nella vostra audience.

Lasciarsi distrarre dal design grafico del pitch deck

Una delle trappole più pericolose è dedicare fin troppa attenzione alla forma anziché alla sostanza delle slide. Col rischio di innamorarsi di effetti speciali, improbabili colori fluo, font forse affascinanti sicuramente illeggibili… E presentarsi così con un deck che forse sarà un capolavoro di grafica (o almeno quella sarà la vostra convinzione) ma del tutto improduttivo ai fini di ciò che davvero vi interessa: raccogliere liquidità per la vostra startup.

Il contenuto è fondamentale, i messaggi e le cifre che devono rimanere ben impressi nella vostra audience non devono essere affogate nelle slide. La forma conta, certo, ma non è mai fine a sé stessa: conta in quanto sostiene il messaggio.

Non siete ancora convinti? Guardate qui all’opera uno dei co-founder di AirBnB mentre presenta sul palco, in un round con angel investors (o business angel, come più spesso si dice in Italia) organizzato da Y Combinator. Da lì a pochi giorni la sua startup early-stage avrebbe raccolto $ 600.000. Un deck di sole 14 slide, con una grafica ridotta all’osso, ma assolutamente efficace per quel contesto specifico.

Startup pitch: Airbnb in azione sul palco di Y Combinator

Certo, erano un po’ altri tempi, e francamente non consigliere oggi a nessuno di presentarsi con un deck che possa risultare sciatto e poco professionale. Io stesso inorridisco nel vedere quelle slide, in tutta onestà.

Ma è un buon esempio per farvi capire che design e grafica del deck devono essere funzionali per i vostri obiettivi, allineati alla vostra audience, e non soffocare i messaggi chiave, né sottrarre troppo tempo e attenzione durante la vostra preparazione.

Rinunciare all’uso dell’arma più potente: lo storytelling

Ormai avrete capito che non sarà l’abbondanza di dati, informazioni e bullet point ad attrarre l’attenzione dei vostri investitori. Piuttosto, ciò che conta è che nascosto tra le pieghe delle slide scorra uno storytelling che faccia da scheletro alla vostra presentazione. Perché anche il più freddo e calcolatore dei VC è pur sempre un essere umano, e come in tutti gli esseri umani è proprio la struttura narrativa quella che meglio di tutte riesce a superare i suoi filtri mentali e far penetrare il messaggio.

Insomma, entrate in connessione con la vostra audience sia su un piano razionale (dati, pochi e chiari ma rilevanti) e sul piano emozionale al contempo. Lo storytelling è da sempre il miglior “cavallo di Troia” per assicurare il successo di qualsiasi presentazione.

Cito in proposito le parole di Nancy Duarte, tra i massimi esperti mondiali in fatto di business presentation e autrice dello straordinario libro “Resonate”:

È diventata una norma culturale creare presentazioni come se fossero report anziché storie. Ma le presentazioni non sono report. Creare desiderio nella vostra audience e poi mostrare com le vostre idee possano soddisfare quel desiderio, è questo che spinge le persone ad adottare la vostra prospettiva. Ed è questo il cuore di una storia.”

Non comunicare una chiara “call to action” finale

Accade che gli startupper, dopo essersi dilungato su strategie e prodotti, improvvisamente diventino timidi nel formulare una chiara CTA, e quindi una ben definita richiesta. Oppure che la CTA sia confusa, col rischio di sembrare poco trasparenti: “Ci serve qualcosa che sia compreso tra i 250.000 e un milione e mezzo di euro”. Al contrario, occorre essere precisi, esprimere con chiarezza i propri bisogni, argomentarli spiegando in maniera sintetica l’utilizzo previsto dei fondi richiesti.

Non aver provato la presentazione

Questa è un punto davvero importante. A casa o nel vostro ufficio, provate, provate, e provate ancora, orologio alla mano. Magari coinvolgendo i vostri compagni di viaggio, gli altri co-founder. O altri amici startupper.

Qualunque esperto di public speaking vi dirà che la regola numero uno per una presentazione fatta con serenità, rispetto dei tempi, efficacia comunicativa, è l’aver padroneggiato – provando più volte – il vostro speech. Vale anche, e soprattutto, per lo startup pitch. Su questo non c’è bisogno di soffermarsi oltre.

Non aggiornare periodicamente il pitch deck

Il pitch deck è per sua natura un perenne work-in-progress. Questo perché è un vostro asset immateriale, e come ogni asset che si rispetti va continuamente sottoposto a manutenzione e verifiche.

E poi, ricordiamo, cosa è una startup? È un’organizzazione non definitiva, un’impresa che sta ancora prendendo forma, e che corre rapidamente lungo una learning curve e dunque macina esperimenti, test, apprendimento, feedback, giorno dopo giorno. E tutto questo solitamente in mercati incerti e in rapidissima evoluzione. Un pitch deck valido oggi certamente sarà da modificare del tutto tra sei mesi, e molto probabilmente anche prima.

Deve essere sempre pronto all’uso, a essere estratto in ogni momento, perché magari incontrerete l’angel investor dei vostri sogni quando non ve lo aspettate, e in quei giorni prima non avrete tempo per rimettere mano alle slide e ai numeri perché sarete del tutto assorbiti da una grana con un fornitore…

Ed ecco che vi presenterete a quell’incontro mettendo le mani davanti, chiarendo ad ogni slide che le funzionalità del prodotto sono un po’ diverse da quello che racconta la slide, i numeri del business  plan non sono più quelli, il team poi è cambiato, e che non guardi troppo ai competitor perché nel frattempo…

È inevitabile che tanti dei dati inclusi nel deck (traction, dimensione del mercato, competitor, etc.) vadano continuamente aggiornati. Non aspettate allora di fare pivot per rivedere le slide.  Molto meglio prendere l’abitudine di tenere sistematicamente aggiornato il pitch deck, dedicando i ritagli di tempo ad aggiornare questa o quella slide.

Anche per questo, usare layout semplici, nei quali è possibile aggiornare i dati tempestivamente e facilmente, è raccomandabile, piuttosto che infografiche troppo elaborate, quasi fini a sé stessi, nelle quali avrete un qualche timore a rimettere mano per non sfasciare tutto.

Non aver verificato il buon funzionamento del file del pitch deck

Si, lo so che qui scendiamo di livello e parliamo di qualcosa di banalmente tecnico. Però il diavolo è nei dettagli, diceva un vecchio adagio. E potrebbe essere il più grave degli errori in uno startup pitch.

Non vorrete rischiare, dopo tanto lavoro e attesa, di scoprire mentre state parlando alla vostra audience di investitori che i font sono ‘saltati’, quella slide così importante è scomparsa come nel Triangolo delle Bermuda, le animazioni non vogliono sapere di animarsi o si animano al momento sbagliato, e intanto il tempo corre e si sente già qualche battutina in sala…

Se vi sentite super sicuri di voi e del supporto tecnico che riceverete durante la presentazione, se avrete tempo per fare delle prove, non esitate a utilizzare quel file che avete preparato in Powerpoint o Keynote.

Ma se c’è un qualche rischio … ebbene, ascoltate i consigli di Chance Barnett prima menzionato: portatevi un file in formato PDF. Rinuncerete ai fantasmagorici effetti speciali, tanto non saranno quelli a convincere gli investitori a mettere mano al portafoglio, anzi potrebbero defocalizzare l’audience dal messaggio essenziale. Un semplice PDF e vi garantirete un sonno un po’ più tranquillo la sera prima.

Ignorare l’esigenza di un elevator pitch

Ovvero, non basta soltanto la preparazione di uno startup pitch. Approfittate per questo del tempo da voi dedicato alla preparazione per ricavarne un “sotto-prodotto” prezioso: l’elevator pitch. Non vi pentirete.

Non credo di dovervi spiegare di cosa si tratta, credo che il 90% di voi già sappia cosa è un elevator pitch. Ma per quel 10% residuo, lo chiarisco in maniera semplicissima.

Immaginate di entrare in un ascensore, di dover salire per un buon numero di piani, ma la cosa anziché farsi noiosa si rivela eccitante, perché davanti a voi c’è quell’angel investor, o quel potentiale cliente, che da tempo sognate di trovarvi davanti.

La persona vi appare cordiale e aperta ad ascoltarvi, ma avete al massimo un minuto di tempo in quell’ascensore (da cui, appunto, elevator) per raccontargli della vostra startup e fare breccia nella sua curiosità. Magari per poter fissare un vero e proprio appuntamento per approfondire l’opportunità.

Come spiegare in 60 secondi soltanto l’essenza dell vostro progetto? Ecco, quello è l’elevator pitch, e non è per nulla facile, ve lo garantisco. Io stesso, che sto lavorando sullo sviluppo di una startup nel settore degli NFT, ho solitamente bisogno di un minuto solo per spiegare cosa sia un non-fungible token…

Chance Burnett propone addirittura di avviare la presentazione agli investitori proprio con un rapidissimo elevator pitch, in modo da conquistare immediatamente l’attenzione. È vero che rinuncerete, così facendo, al piacere di snocciolare la classica sequenza problema-soluzione-prodotto, accompagnando per mano la vostra audience…. ma in compenso eviterete che gli investitori debbano attendere per cinque o sei slide prima di capire di cosa si stia davvero parlando.

In ogni caso, è sempre bene avere quell’elevator pitch pronto all’uso, da estrarre tempestivamente dal taschino della vostra memoria quando si verifica una qualsiasi occasione per dare visibilità alla vostra startup verso la persona giusta.

Non solo. Vi accorgerete (e ve lo dico per esperienza diretta) che dover sintetizzare al massimo problema, soluzione, prodotto, mercato e modello di business aiuta a chiarirsi le idee. Incredibile, ma a volte l’estrema sintesi è un esercizio utile quanto una dettagliata analisi. Perché sarete costretti a mettere giù una ben definita UVP (Unique Value Proposition), una frase che sia pur nella sua brevità spiega concretamente cosa faccia la vostra startup e in cosa sia diversa da ciò che c’è nel settore fino a oggi.

Un esempio di UVP? Come spiegavano i fonder di suoi founder nel loro elevator pitch, “Youtube fornirà una piattaforma per creare, scoprire e collegarsi a video da tutto il mondo.”

E avere ben chiaro un elevator pitch prima di mettervi al lavoro prima di preparare il pitch deck vi aiuterà nell’individuare quel messaggio fondamentale che deve passare dalle vostre slide. Evitando che accada che gli investitori si guardino tra loro perplessi perché alla fine della vostra presentazione non hanno nemmeno capito in cosa consista il prodotto di cui avete parlato.

In conclusione: quante e quali slide?

Dopo questa carrellata di errori, so bene che alcuni di voi saranno rimasti con il tarlo: “Ok, poche slide e quelle essenziali, ma quali? Come faccio a decidere?”

Come già scritto, ho avuto modo di parlarne in un precedente articolo, ma torno qui a ricordare che non esistono regole incise nella pietra. Mi spiace.

Dipende poi dal contesto, dal tempo a disposizione, dall’audience… Se avete solo dieci minuti di tempo, presentarsi con oltre 15 slide potrebbe facilmente mettervi sotto pressione, e impedirvi di comunicare con la dovuta efficacia alla vostra audience. Focalizzatevi su ciò che conta davvero, tagliando via il superfluo.

Ma, volendo tornare al caso “da manuale” di Airbnb ecco una gallery delle celebri 14 slide che sono valse quel primo finanziamento da 600.000 dollari:

(Nota: le slide non sono quelle originali, ma quelle graficamente migliorate, senza stravolgerne la loro semplicità né i contenuti, dal sito failory.com)

Nel deck di Airbnb trovate slide che sono oggi ‘canoniche’ in ogni pitch deck che si rispetti, a cominciare dall’immancabile binomio Problem-Solution. Potrà fungere da ispirazione, sempre con i dovuti adattamenti, al vostro pitch.

Ma lo riporto solo a titolo di esempio, perché non dovete mai rinunciare al pensiero critico, anche nel guardare a questi esempi che hanno fatto un pezzo di storia di Silicon Valley.

Non è il pitch perfetto. Io sarei molto scettico nell’inserire una slide “User Testimonials” (#13) per un modello di business nel quale le testimonianze del signor Rossi lasciano il tempo che trovano (hanno meno credibilità di una recensione su Tripadvisor fatta dal cugino del ristoratore). Oggi una slide ‘testimonials’ farebbe sorridere per la sua ingenuità anche un business angel alle prime armi.

A meno che non stiate sviluppando un business model B2B, abbiate già preso come cliente un’azienda significativa e nota, e uno dei suoi top manager si presti esplicitamente a essere menzionato e a farvi dell’endorsement. Se vi occupate di cyber-security e avete già testato felicemente il vostro servizio con Banca Intesa e potete pubblicamente condividere i complimenti che vi ha fatto il gran capo dell’IT della banca… be’ allora ha un senso. Perché è qualcosa che davvero può essere rilevante per l’investitore, e quindi fare la differenza.

Come sempre, nel selezionare quale materiale utilizzare e quale no, la bussola è sempre quella: ciò che serve ad agganciare l’interesse dell’audience, e mantenere tale interesse (contrastando l’inevitabile calo della curva d’attenzione). Audience che ragiona sempre sul doppio binario emotivo (e lì entra in gioco lo storytelling) e razionale (quale ritorno, quale livello di rischio, quale possibile exit, quale entità per l’investimento).

Tornando all’esempio di Airbnb, personalmente trovo sia una carenza non aver incluso delle proiezioni finanziarie in una slide per quanto sintetica. Insomma, il caso Airbnb è interessante perché mostra che la semplicità e chiarezza sono vincenti, ma non è un modello da replicare in maniera piatta.

In conclusione, preparare un pitch è un po’ scienza, un po’ arte, in ogni caso mai facile. Richiede skill molto differenti, che vanno dal public speaking al graphic design, dal time management all’analisi dei dati, e altro ancora.

Nel lavorarci sopra, non mancheranno quei momenti nei quali resterete inebetiti guardando sullo schermo Powerpoint, e chiedendovi: “E qui cosa cavolo metto?”.

Preparatevi ad affrontare quei momenti, che potrebbero anzi essere rivelatori di punti deboli., come assumption non dimostrate sulle quali state basando la vostra startup. Magari ci accorgerete così di alcune smagliature, nell’architettura che state costruendo, che sarà bene allora affrontare non solo sulla carta, ma soprattutto nella realtà.

Buon pitch!


Condividi