La parola NFT è diventata piuttosto comune, e non a caso Il Collins Dictionary l’ha persino consacrata “word of the year” del 2021. E questo nonostante la maggioranza delle persone abbia solo un’idea vaga e spesso imprecisa sul reale significato.
Circa cosa siano i non-fungible token rimandiamo a vari articoli ospitati in questo stesso blog. Perché questa volta faremo un piccolo viaggio indietro nel tempo, alla scoperta della storia degli NFT.
Nelle pieghe della blockchain
La criptovaluta più diffusa al mondo è il Bitcoin, nato nel 2009 grazie alla genialità e al lavoro di Satoshi Nakamoto, che potremmo definire l’inventore della blockchain. Chi poi sia davvero Satoshi Nakamoto è un’altra storia, un mistero probabilmente destinato a restare irrisolto (e forse è solo uno pseudonimo dietro il quale si nasconde un intero team di programmatori).
Fatto sta che già nel 2011 alcuni programmatori si divertivano a veicolare, nascosti nelle pieghe della blockchain del Bitcoin, brevi messaggi inseriti di nascosto nei metadati. Elementi testuali privi di reale utilità, ad esempio poesie o messaggi d’amore, ma che oggi possiamo considerare come un primo embrionale esperimento di creazione di qualcosa di unico, non-fungibile, nel registro decentralizzato.
Sarebbe un po’ come se voi scopriste nel vostro portafoglio una banconota che reca uno minuscolo scarabocchio. Quella banconota resterebbe pur sempre un oggetto fungibile, perfettamente scambiabile altre banconote, però c’è quello scarabocchio che consente di distinguerla dalle altre banconote, pur senza aggiungere alcun valore.
Coloriamo i Bitcoin: i Colored Coin
Siamo così al 2012, tre anni dopo il lancio del Bitcoin, e qualcuno comincia sulla blockchain a creare Bitcoin “colorati”. Sia chiaro: non c’è alcun colore, è solo un termine per indicare la personalizzazione dei metadati di questi Bitcoin, che li rende un po’ speciali.
È questa la prima vera intuizione sulla possibilità di creare token digitali che possano rappresentare dei beni specifici. I Colored Coin, però, non andranno molto lontano: non è ancora possibile alcuna programmazione di tali token, perché la blockchain del Bitcoin non prevede tale funzionalità. Occorrerà attendere la nascita della blockchain Ethereum e dei suoi smart contract.
Ma l’idea di token non fungibili è ormai sul tavolo. È un po’ come se su quella banconota vista nell’esempio precedente si apponesse intenzionalmente uno scarabocchio per distinguerla dalle altre e usarla per rappresentare un bene specifico, non solo il suo valore monetario.
Counterparty: i primi rudimentali NFT
Nel 2014 avviene una “fork”, ovvero una scissione dalla classica blockchain del Bitcoin. Nasce una blockchain parallela, denominata Counterparty, che permette di creare criptoasset unici. Cominciano a girare forme rudimentali di NFT consistenti per lo più in semplici meme.
Già nel 2014 l’artista Kevin McCoy crea un’opera artistica digitale, un brevissimo video dal titolo “Quantum“: la prima forma di crypto art nella storia. Guardarlo è un po’ come avere di fronte un graffito realizzato in una caverna e che prelude allo sviluppo successivo dell’arte.
“Quantum” è ancora oggi disponibile sul sito di Sotheby’s, dove ha raggiunto il prezzo di quasi $ 1.5 milioni: va però notato che non si tratta del token originale ma di una riedizione realizzata dall’artista nel 2021 sulla blockchain Ethereum (essendosi nel frattempo eclissata Counterparty).
Sempre su Counterparty nel 2016 viene lanciata una serie di carte collezionabili digitali, denominate “Force of Will“, che fanno leva sul concetto di scarsità e unicità e rappresentano il primo “collectables” di NFT nella storia.
La svolta: la nascita di Ethereum
Nel frattempo, grazie al geniale sviluppatore Vitalik Buterin, nel 2013 è stata varata Ethereum, una nuova blockchain del tutto alternativa a quella del Bitcoin.
Il grande vantaggio di Ethereum è dato dalla possibilità di programmare tramite codici su tale infrastruttura, codici grazie ai quali si realizzano automaticamente delle transazioni tra le parti qualora si verifichino date condizioni. Stiamo parlando degli smart contract, e grazie ad essi diventa ora possibile creare token non fungibili e programmarli.
I primi criptoasset a raggiungere ampia popolarità su Ethereum sono nel 2016 i Rare Pepes, dei meme che vedono come protagonista il personaggio di una rana. Già nel 2017, durante il Rare Digital Art Festival, si ha la prima asta di NFT, proprio con i Rare Pepes.
Per molti, quella storica asta segna la vera nascita ufficiale del mercato della crypto art.
L’NFT che vedete sopra, “Pepenopoulos” (2016), è stato anni dopo battuto all’asta da Sotheby’s per $ 3.6 milioni.
Arrivano i CryptoPunks!
Il 2017 è l’anno in cui il mercato degli NFT prende definitivamente forma, e nascono modelli e dinamiche che ritroviamo ancor’oggi.
Lo studio Larva Labs crea su Ethereum, ormai consacrata come “la blockchain degli NFT”, una collezione di 10.000 immagini, i celebri CryptoPunk, che sono tuttora al vertice delle classifiche delle collezioni con maggiore market cap, in questo momento pari a $ 857 m.
Oggi il floor price della collezione, ovvero il prezzo minimo al quale è possibile acquistare uno degli item, è pari a $ 85,700 e la cifra è ancora più strabilianti se si pensa che al loro drop, ovvero la lancio, tutti i 10,000 item era disponibili… gratuitamente!
Ma i CryptoPunks rappresentano un vero pezzo di storia degli NFT, non solo per essere stata la prima collection di NFT di grande successo globale, ma perché ispirarono la nascita di quel protocollo ERC-721 che è poi diventato uno standard per gli NFT su Ethereum.
Il mercato degli NFT sulla rampa di lancio
Il successo dei CryptoPunks mette il mercato degli NFT sulla rampa di lancio.
Sempre nel 2017, alcuni mesi dopo il drop dei CryptoPunks, viene lanciato il primo grande gioco su NFT su Ethereum. Si tratta dei CryptoKitties, adorabili gattini interattivi che possono essere non solo scambiati ma anche “allevati”.
Ecco sotto il simpatico video introduttivo al gioco:
Di CryptoKitties ne esistono oltre 2 milioni di item, la maggior parte di essi a prezzi irrisori, anche inferiori al dollaro. Se volete avere nel vostro e-wallet un pezzettino di storia degli NFT, date pure un’occhiata su Opensea e troverete senz’altro qualcosa di interessante.
L’anno che dona in maniera definitiva risonanza mondiale agli NFT è il 2021, merito di alcune aste che lasciano sbalorditi in tanti, soprattutto coloro che mentalmente catalogano gli NFT come “figurine digitali”.
Fa notizia a febbraio un file gif (nell’immagine di copertina di questo articolo) con il personaggio “Nyan Cat“, il cui NFT viene battuto per 300 Ether, al tempo quasi mezzo milione di dollari, sul marketplace Foundation.
Ma l’asta più clamorosa è senza dubbio quella organizzata a marzo da Christie’s per un gigantesco patchwork digitale, intitolato “The First 5000 Days“. Il file viene aggiudicato per la sbalorditiva cifra di 69,346,250 dollari (esatto, avete letto bene), e l’autore, Beeple, diventa improvvisamente un’icona nel mondo dell’arte.
Per i non-fungible token, comincia davvero una nuova era.
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