Strategia e business plan: pianificare il successo dell’azienda.
Che relazione esiste tra strategia e il business plan? Come possono contribuire al successo dell’impresa?
A volte avrai avuto la sensazione che i termini utilizzati ad esempio nella definizione di una strategia di business development siano quasi fumosi: penetrazione di mercato, posizionamento, cross-selling, fidelizzazione, diversificazione… Non a caso, nel mio lavoro quotidiano come consulente aziendale per il business development e le strategie di marketing, quando utilizzo questi termini mi preoccupo sempre di dare loro concretezza.
In realtà una solida strategia è costruita su dei fattori quantificabili e misurabili, e pertanto corrisponde ad un preciso set di dati. E il business planning è proprio lo strumento di pianificazione di questi dati, ovvero traduce una strategia in un insieme di valori ben definiti che ci consentono di capire come muoverci, ma anche di capire se ci stiamo davvero muovendo nella direzione prefissata.
Si usa dire che le parole hanno un peso. Bene, questo nel nostro caso è particolarmente vero. Le parole della strategia, quelle che a volte ti sembrano fumose, dovrebbero sempre avere un peso, ovvero essere traducibili in dati, e questo è ciò che avviene nel business planning. Sempre che stiamo parlando di strategie solide, ben definite, non di altisonanti e vuote dichiarazioni che purtroppo in alcune aziende non mancano mai…
Ecco: la correlazione tra strategia e business plan passa proprio dai dati. Nei prossimi paragrafi ti porterò per mano attraverso un viaggio molto strutturato che ti mostrerà che i dati hanno un significato strategico, e come una strategia solida non si ferma a concetti vuoti ma va tradotta attraverso un business plan in numeri, e cosa ci sia dietro quei numeri.
Quando parleremo di strategia faremo riferimento sempre a strategie di business development, mirata quindi ad un incremento del fatturato. Questa è una precisazione importante, perché esistono anche strategie mirate ad una pura ottimizzazione dei costi, focalizzate sulla riduzione della struttura dei costi per il miglioramento della profittabilità, senza spingere e senza investire sulla crescita del fatturato.
Strategie di business development: l’equazione del fatturato
In una strategia di business development il goal finale è la crescita del fatturato nel lungo periodo. Ma come vedrai, ci sono strade molto diverse per mettere in atto tale crescita e ogni strada comporta una diversa strategia specifica.
Per spiegarti meglio, ragioniamo su una ipotetica azienda che ad esempio commercializzi prodotti enologici attraverso una rete di punti vendita. Ragioneremo pertanto su un modello di business di retail, ma quanto vedremo potrebbe declinarsi in qualunque altro modello di business (di produzione industriale, servizi per le imprese, etc) ovviamente con i dovuti adattamenti.
La nostra azienda immaginaria, che ci accompagnerà in tutto l’articolo e che chiameremo MyWine, vende vini e altri prodotti legati al mondo del vino attraverso 5 punti vendita nelle maggiori città italiane. Il fatturato totale dell’azienda MyWine sarà ovviamente dato dall’aggregato del fatturato dei singoli punti vendita.
A sua volta, il fatturato del singolo punto vendita deriverà da un’equazione:
L’equazione del fatturato in concreto
Il significato dell’equazione dovrebbe essere chiaro: il fatturato annuo di ogni punto vendita è dato da 3 fattori, ovvero dal numero di clienti (quanti individui effettuano acquisti), quante volte mediamente ogni cliente visita il pdv per acquistare, e quanto mediamente il cliente spende in ogni visita al pdv.
Immaginiamo che l’azienda MyWine generi un fatturato di circa 2,7 milioni di Euro annui attraverso i 3 fattori prima citati e 5 punti vendita, e rappresentiamo questo scenario in una tabella di questo tipo:
In questa tabella vediamo che ad esempio il negozio di vini di Roma ha nell’anno 2.860 clienti, ognuno di loro mediamente visita per acquisti il negozio 4 volte in un anno e spende in ogni visita 75 euro, per un fatturato di 858.000 euro (calcolato con la semplicissima equazione vista sopra).
In totale l’azienda fattura circa 2.7 milioni di euro che – guardando ai dati aggregati e non ai singoli punti vendita – sono dati da 10.890 clienti complessivi a livello nazionale che visitano per acquisti un negozio 3,6 volte l’anno [vedi nota *] spendendo mediamente 68.50 euro.
Oppure, guardando alla tabella in senso orizzontale, quei 2.7 milioni di euro sono dati dalla sommatoria dei fatturati dei singoli punti vendita.
(*) la frequenza media a livello aggregato non è la media aritmetica delle singole frequenze nei pdv che sarebbe stata 3,4 ma la media ponderata in base al numero dei clienti dei singoli pdv ovvero 3,6
Strategie di business development: come crescere? Tre diverse direzioni strategiche
Ipotizziamo ora che la nostra intenzione sia crescere in un triennio del +20% e quindi portare il fatturato dell’azienda da 2.7 milioni a 3.24 milioni di euro. Per semplicità ignoriamo del tutto la pianificazione annuale nei 3 anni, e consideriamo solo il punto di partenza – fatturato attuale – e il punto di arrivo – ovvero 3.24 milioni.
Ragioniamo solo a livello di aggregato. Ci sono 3 strade diverse per crescere del +20%. È un discorso fin qui puramente matematico. Le tre strade sono:
1. Aumentare il numero di clienti
Tenendo allo stesso livello tutti i fattori dell’equazione del fatturato, se portassimo i clienti complessivi di MyWine da 10.890 a 13.068 il fatturato diventerebbe 3.24 milioni realizzando così quella crescita del +20% che ci siamo dati come obiettivo.
2. Aumentare la frequenza d’acquisto
Se il numero di clienti di MyWine restasse invariato, ma anziché visitare un punto vendita 3,6 volte l’anno lo visitasse 4,3 volte l’anno, raggiungeremmo per una strada diversa la stessa crescita del +20%. Attenzione: parliamo sempre di visite nei negozi che si concludono con uno scontrino.
3. Aumentare lo scontrino medio
Se il numero di clienti di MyWine restasse invariato come pure la frequenza d’acquisto, potremmo ugualmente portare il fatturato a quell’obiettivo di 3.24 milioni qualora lo scontrino medio passasse da € 68,50 ad € 82,20.
I 3 fattori dell’equazione e il loro significato strategico
Bene, hai visto come a quella crescita del fatturato ci possiamo arrivare per 3 diverse strade, toccando di volta in volta uno dei diversi fattori dell’equazione del fatturato. Fin qui è un discorso puramente aritmetico.
Ma attenzione: nella realtà toccare un fattore anziché un altro ha un significato strategico profondamente diverso. Non è un puro gioco di numeri come sembrerebbe a prima vista, perché implica abbracciare obiettivi strategici del tutto differenti l’uno dall’altro. Vediamoli tutti e tre.
1. Aumentare il numero dei clienti
Come il numero dei clienti può davvero aumentare? Vi sono sostanzialmente tre possibilità.
1.1 Far leva sulla crescita del mercato
Se il mercato cresce del 20% in 3 anni, e se la nostra azienda riuscisse a far leva su tale crescita fisiologica, esterna, senza perdere quota di mercato, automaticamente i clienti di MyWine aumenterebbero da 10.890 a 13.068.
Ma la realtà oggi è del tutto diversa. Con eccezione di alcuni settori in rapido sviluppo, il mercato cresce a ritmi rallentati (o a volte è purtroppo in decremento). E’ un privilegio di pochi poter farsi trainare da una naturale crescita del mercato.
1.2 Penetrazione del mercato
Ed eccoci allora alla seconda possibilità: aumentare la quota di mercato, ovvero realizzare una strategia di penetrazione del mercato. Questa è una strategia di aggressione del mercato, che richiede un aumento della nostra competitività.
Si concretizza solitamente in una strategia di marketing che richiede investimenti rilevanti. È spesso la strategia più costosa, perché significa strappare i clienti alla nostra concorrenza e questo ha un costo. Ma d’altra parte è anche la strategia più ambiziosa nel lungo periodo, la strategia con la S maiuscola, perché significa puntare alla leadership di mercato, e la leadership comporta – una volta raggiunta – dei vantaggi non trascurabili (ad esempio, economie di scala nella produzione).
1.3 Il non-cliente
Una terza possibilità per incrementare il numero dei clienti è andare a caccia del non-cliente, ovvero individuare segmenti di mercato non serviti. Ad esempio, nel nostro caso, proporre prodotti vinicoli a consumatori che acquistano birra. Nei mercati maturi non è facile a volte nemmeno da ipotizzare, ma l’azienda che ci riesce ha fatto bingo.
Per fare un esempio concreto, e restando in tema vinicolo, si pensi all’azienda australiana Casella Family Brands che ha lanciato inizialmente l’etichetta “Yellow Tail”, che da anni si trova anche nei supermercati italiani, proprio per raggiungere i non-consumatori australiani di vino, quelli che davanti ad uno scaffale restavano confusi e paralizzati nella scelta.
Insomma, l’aumento dei clienti – che si realizzi realizzata con strategie di penetrazione di mercato o piuttosto di raggiungimento di nuovi segmenti – è nel lungo periodo la strada migliore per crescere nel fatturato, ma non è la più facile nel breve periodo perché richiede sforzi, risorse e investimenti, con ovvie incertezze in termini di ritorno.
2. Aumentare la frequenza d’acquisto
In mercati stagnanti o a basso tasso di crescita è quello che normalmente avviene. Puntare a far venire più spesso i clienti che già abbiamo nei nostri punti vendita.
È una strategia di incremento delle occasioni d’acquisto e di consumo, nella quale il concetto di fidelizzazione gioca un ruolo fondamentale. Non basta aver conquistato un cliente, è importante farlo tornare, più spesso possibile.
È una strategia che tocchiamo tutti i giorni nelle nostre vite: carte fedeltà, e-mail marketing magari con buoni sconto o offerte speciali… Strumenti mirati a farci tornare più e più volte sul pdv.
Nel nostro caso, cosa possiamo fare per far venire il cliente in media 4,3 volte anziché 3,6 per acquistare del vino? Sono possibili numerose iniziative tese a migliorare la customer experience, o a creare eventi in-store, o a incentivare gli acquisti tramite tessere fedeltà, che sostanzialmente mirano a farci tornare più spesso ad acquistare una bottiglia di vino.
Ma si può anche spingere su un aumento delle occasioni di consumo: se il cliente viene normalmente solo per acquistare a Natale o Pasqua e in rare altre occasione durante l’anno (regali, cene importanti, etc.), perché non pensare ad una promozione legata al Black Friday o al Carnevale?
Ma come avrai immediatamente capito, anche questa è una strada che richiede importanti investimenti di marketing. Non è possibile aumentare i clienti o aumentare il loro numero di acquisti senza investire. Il calcolo e monitoraggio del ROI di questi investimenti è sempre fondamentale.
3. Aumentare lo scontrino medio
Anche in questo caso, non è un puro gioco aritmetico: significa mettere in atto una strategia ancora diversa dalle precedenti. Come portare lo scontrino medio della nostra azienda da 68,50 ad € 82,20?
Vi sono diverse possibilità. Una, banalmente, è aumentare i prezzi. Tra tutte, è la più facile: se aumento i prezzi del +20% in 3 anni, è matematico a parità di fattori che il fatturato complessivo della MyWine aumenti del +20%.
Ma come abbiamo ormai capito, puntare ad uno dei 3 fattori dell’equazione del fatturato significa abbracciare una strategia diversa, con aspetti positivi e negativi da valutare. Nel caso di un aumento dei prezzi, c’è quel piccolo insidioso concetto che gli economisti definiscono elasticità al prezzo che potrebbe rovinare tutto.
Senza divagare, ci basta qui chiederci se davvero crediamo che – una volta aumentati i prezzi – il numero dei clienti o la loro frequenza d’acquisto possa restare invariata… E se dopo un aumento dei prezzi del +20% ci girassero le spalle il 25% dei nostri clienti?! Insomma, l’aumento dei prezzi è la strategia più facile da realizzare sulla carta, che non richiede investimenti di marketing, ma la più insidiosa.
Un’alternativa all’aumento dei prezzi è perseguire una strategia basata su iniziative di upselling o cross-selling. Cosa significano? Upselling vuol dire che il signor Rossi, abituato a venire nel negozio MyWine per acquistare una bottiglia di onesto lambrusco, viene convinto a provare e acquistare un amarone. Lo porto ad acquistare – nel senso di sostituire – un prodotto a più alto valore e più alto prezzo rispetto ala solita bottiglia che ha sempre acquistato.
Cross-selling vuol dire che il signor Rossi, invece di uscire dal mio negozio con la solita bottiglia di lambrusco, esce con la bottiglia di lambrusco ma in più con un elegante cavaturaccioli. Lo porto ad acquistare un prodotto complementare, oltre al prodotto che intendeva acquistare al momento in ha messo piede nel negozio.
Le opzioni strategiche nella realtà
Avrai ormai capito che la crescita del fatturato si può pilotare cambiando uno dei 3 fattori dell’equazione, ma che modificarli nella realtà comporta strategie precise, investimenti da valutare con attenzione, rischi da prendere in considerazione. Facciamo qualche esempio concreto.
Decidiamo di incrementare il prezzo dei prodotti? È fattibile, ma significa trasformare i nostri negozi (in termini di arredo, o posizione in città, etc.) verso un concept store diverso, diciamo “boutique”. Ecco, forse se i nostri negozi diventassero come posizionamento “la boutique del vino” potremmo reggere quell’aumento dei prezzi del +20%, ma se perdessimo un 30% dei clienti? E se la frequenza crollasse?
Ma immaginiamo per un momento che sia possibile aumentare i prezzi del +30% e stimare una perdita di clienti del -7,7%: in questo modo il fatturato complessivo crescerebbe del +20%. Avremmo anche raggiunto l’obiettivo di crescita, ma se la trasformazione di MyWine in “boutique del vino” avesse avuto un enorme costo di ristrutturazione dei negozi? Quale sarebbe l’esatto ROI di quel 20% di fatturato incrementale? E se scoprissimo che alla fine dei 3 anni abbiamo aumentato il fatturato del 20% ma perso il 5% dei profitti a causa degli ingenti costi incrementali?
Ecco, questo è un esempio dei ragionamenti complessi che scaturiscono dai numeri. Cambiare uno dei fattori significa affrontare rischi e costi, e quindi è doverosa una valutazione attenta di ogni opzione strategica.
La strategia non opera mai esclusivamente su un solo fattore dell’equazione
I 3 fattori dell’equazione visti non sono affatto indipendenti uno dall’altro. Come abbiamo prima visto, c’è una importante correlazione studiata dagli economisti, espressa dal coefficiente dell’elasticità al prezzo, che lega prezzi e numero di clienti. Ma è solo una delle tante correlazioni, anche se la più importante.
Di conseguenza, è impensabile concepire davvero una strategia di crescita nella quale si tocchi uno solo die 3 fattori dell’equazione trascurando gli altri. Anzi, realtà le aziende non realizzano mai strategie mirate a modificare uno solo dei 3 fattori. Ne riparleremo tra poco, ma avrai già capito che quel +20% di crescita del fatturato lo puoi raggiungere anche con diversi mix dei 3 fattori dell’equazione.
Troppo complicato? Si, ma purtroppo la strategia significa proprio questo: prendere una decisione tra un enorme numero di opzioni strategiche possibili.
E a complicare le cose, ricorda che non tutte le opzioni sono realisticamente realizzabili. Alcune esistono solo sulla carta. Nella maggior parte dei casi, è davvero irrealizzabile una strategia che punti ad un forte aumento dei prezzi e contemporaneamente ad un importante incremento del numero dei clienti.
O forse la si potrebbe realizzare, ma al prezzo di un massiccio investimento di marketing mai visto prima nel settore, che avrebbe un costo tale da rendere negativa la marginalità del fatturato incrementale che genereremmo!
Vogliamo complicare ancora di più le cose? Ebbene, tieni sempre in mente che puoi anche decidere per l’opzione strategica più solida, pianificare sui 3 fattori dell’equazione in dettaglio, considerarne i relativi costi e quindi l’impatto sulla profittabilità… ma poi la corretta execution della strategia è tutta da realizzare!
Il mix di obiettivi strategici
Abbiamo sinora ragionato sulla modifica di uno dei 3 fattori dell’equazione del fatturato, ma avrai ormai capito che si trattava di una semplificazione. Come anticipato prima, nella realtà le aziende sviluppano le loro strategie muovendo più di un fattore. Anche perché i fattori sono correlati tra di loro.
Facciamo un esempio.
Come vedi nella tabella sopra, la nostra azienda potrebbe decidere di raggiungere quella crescita del +20% del fatturato con un diverso mix: aumentare il numero dei clienti del +5%, incrementare la frequenza media del +15%, ridurre lo scontrino medio del -1%.
Questo comporterebbe un piano di marketing strategico che si reggerebbe su tre driver: una forte spinta sulla fidelizzazione (ad esempio introducendo una carta fedeltà) per portare la frequenza da 3,6 a 4,2 , un più moderato investimento per ampliare il numero dei clienti del +5% (ad esempio con advertising sui social media), e un insieme di offerte promozionali di prezzo per incentivare clienti e frequenza che in sostanza ridurrebbero del -1% lo scontrino medio.
La strategia gioca quindi su un mix dei 3 fattori dell’equazione, puntando ad un unico obiettivo di fatturato, ma con numerosi scenari possibili tra i quali scegliere. Lo stesso obiettivo lo si sarebbe potuto raggiungere con un mix del tutto differente:
Questa è una strategia del tutto diversa. La crescita è sempre la stessa, e si arriva sempre dopo i 3 anni a un fatturato di 3,23 milioni, ma è raggiunta da un mix dei fattori che porta in tutt’altra direzione.
La nostra azienda ha deciso di aumentare lo scontrino medio del +15%, ad esempio aumentando i prezzi dei vini, spingendo sul cross-selling (proponendo corsi di degustazione), stimolando i clienti ad acquistare vini più costosi.
I negozi MyWine sono diventati insomma delle boutique del vino: un posizionamento del tutto nuovo che ha richiesto anche investimenti nell’arredo, formazione del personale, branding, spostamento di negozi in location più centrali, etc.
I clienti, a causa dei prezzi più alti, sono però scesi del -10% ma questa non è stata una sorpresa: fa parte della nostra nuova strategia e del diverso posizionamento, più “alto”. I clienti sono meno ma vengono ora un po’ più spesso a spendere, ovvero vengono 3,8 volte all’anno anziché 3,6 , attratti dal nuovo layout dei negozi o da altri elementi che fanno parte del diverso posizionamento, oppure dai nuovi servizi aggiuntivi offerti come i corsi di degustazione.
La pianificazione strategica: la declinazione per canale distributivo
Finora per semplicità abbiamo ragionato sui 3 fattori solo a livello di aggregato. Ma quando siamo a livello di business plan, la strategia decisa deve tradursi in numeri dettagliati. Nel nostro caso, in un modello di business basato sul retail, il business plan si deve declinare per ciascuno dei negozi.
Immaginiamo di abbracciare una strategia del tutto orientata ad un aumento della frequenza d’acquisto dei clienti (+12%), insieme con un moderato incremento dei clienti (+2%), ed un aumento dello scontrino medio (+5%).
In concreto, per crescere del +20% abbiamo deciso di creare una community per i clienti, che chiamiamo “The Wine Club”, sulla quale investiamo pesantemente in termini di marketing e sulla quale facciamo leva per aumentare le visite nei negozi. E che abbiamo deciso di attivare dei corsi di degustazione che aumentino così lo scontrino medio nei negozi. Non spingiamo invece particolarmente sull’incremento numero dei clienti.
In termini di numeri avremo, ipotizziamo in sostanza qualcosa come:
Ebbene, questo è il risultato aggregato, ma in un business planning dovremo definire degli obiettivi per ciascun negozio. Non possiamo ipotizzare di aumentare in maniera uniforme la frequenza d’acquisto del +12% in tutti i negozi: quel +12% sarà la media di quanto avverrà nei singoli negozi.
Il progetto della community potrebbe funzionare molto bene a Milano, facendo aumentare la frequenza del 15%, meno a Napoli, dove la incrementerebbe del 9%. E di questo ne dovremmo tener conto.
Ed ecco che il business planning dovrebbe tenere in considerazione per ciascuno dei 3 fattori la loro crescita diversificata negozio per negozio. Quindi se oggi la fotografia è la seguente:
potremmo tradurre la strategia che abbiamo deciso di realizzare in un business planning dettagliato ad esempio di questo tipo:
Come vedete, gli obiettivi strategici espressi in numeri sarebbero così raggiunti, incrementeremmo sempre i 3 fattori dell’equazione del fatturato rispettivamente del +2% / +12% / +5% ma con una pianificazione dei fattori calibrata per ciascun negozio.
Certo, fare un business plan con un approccio top-down, ovvero “imponendo” la stessa crescita complessiva a ogni punto vendita, sarebbe stato più semplice da calcolare, ma non avrebbe tenuto conto delle differenti realtà territoriali.
Attenzione: nel nostro caso, molto semplice, abbiamo equiparato ogni singolo negozio ad un canale. In realtà più complesse, che operano realmente in una molteplicità di canali distributivi, lo schema del business plan dettagliato visto sopra andrà impostato non per pdv, ma per canale. Ovvero, invece di Roma, Milano, etc. immagina di avere un planning con – nelle colonne verticali – i diversi canali distributivi: GDO, ingrosso, negozi di proprietà, e-commerce, etc.
La crescita del fatturato non è tutto
Torno brevemente a rimarcare un punto. Abbiamo sempre ragionato in termini di fatturato. E abbiamo visto che obiettivi strategici diversi comportano investimenti diversi.
Le diverse strategie possono portare tutte ad un aumento del fatturato del +20% ma con un aumento dei costi diverso. Una strategia di penetrazione di mercato potrebbe richiedere un imponente aumento dei costi di marketing tali da erodere ogni margine del fatturato incrementale. O addirittura determinare del fatturato incrementale con marginalità negativa! Mentre si potrebbe individuare una strategia di fidelizzazione e aumento della frequenza d’acquisto realizzabile con costi contenuti ma ottime performance di vendita.
Va quindi individuata la corretta combinazione strategica non solo tra i 3 fattori ma anche tra crescita del fatturato e incremento dei costi. Idealmente, ci si dovrebbe orientare sull’opzione strategica di crescita che consente di massimizzare parallelamente la crescita della profittabilità.
Non sono decisioni semplici, tutt’altro: meriterebbero un articolo a sé. Ma l’importante qui è assimilare in principio: la crescita del fatturato la si può conseguire con diversi mix possibili dei fattori dell’equazione, a ogni mix corrispondono strategie diverse, ma ogni strategia ha un impatto sulla struttura dei costi, e quindi non tutte le crescite sono uguali in termini di profittabilità.
Il quarto fattore dell’equazione del fatturato
Ma non avevamo detto che c’erano 3 fattori? Lo ammetto: per semplificare le cose, ho un po’ barato. Abbiamo ragionato a bocce ferme, ovvero a parità di punti vendita. La vera equazione del fatturato in realtà include il fattore distributivo, che nel caso di un modello di business basato sul retail si traduce in punti vendita:
In cosa si traduce questo? Nel fatto che è possibile crescere anche tramite una strategia di espansione distributiva. Nel caso della nostra azienda potremmo decidere di crescere nei prossimi tre anni aprendo un nuovo punto vendita.
I 3 fattori potrebbero restare del tutto invariati e la crescita del +20% sarebbe invece determinata esclusivamente dall’apertura di un nuovo negozio. Non necessariamente in Italia: la nostra strategia di espansione distributiva potrebbe realizzarsi anche in termini di internazionalizzazione, aprendo il primo store all’estero, magari a Londra.
Come ricorderai, noi stiamo ragionando su una piccola impresa denominata MyWine. Nel caso di una grande impresa, con un business planning non per punto vendita ma per canale distributivo, crescere col fatturato agendo sul quarto fattore si tradurrebbe non nell’aprire un nuovo negozio ma entrare in un nuovo canale distributivo. Ad esempio, l’export, o l’e-commerce, o il lancio di una catena in franchising.
Teniamo poi sempre in mente che nella realtà le aziende sviluppano strategie basate non su un unico fattore. Tornando alla MyWine, l’azienda potrà decidere per un mix opportunamente bilanciato di attività che includeranno l’apertura del nuovo negozio (espansione distributiva), iniziative di cross-selling (aumento scontrino), lancio della community (aumento frequenza), campagne marketing per nuovi clienti (incremento numero clienti).
Ma il fatto che normalmente si lavori su tutti i 4 fattori dell’equazione non implica metterli tutti sullo stesso piano. È fondamentale darsi delle priorità. Anche perché alcune strategie sono tra loro semplicemente inconciliabili, come aumentare i prezzi e al contempo aumentare il numero dei clienti [*]. La strategia dovrà necessariamente definire su quale fattore prioritariamente focalizzarsi per la crescita del fatturato, anche se poi si prenderanno decisioni strategiche per tutti i 4 fattori dell’equazione.
Infine, ricordiamo che anche per il quarto fattore è da tenere in massima considerazione non solo l’impatto sul fatturato ma anche l’impatto sui costi. Aprire un nuovo canale distributivo, un nuovo negozio, entrare in un mercato estero, per generare fatturato con marginalità zero (o peggio, negativa) è un’opzione strategica da valutare con la massima prudenza.
[*] esistono naturalmente alcune situazioni nelle quali ad un aumento dei prezzi potrebbe corrispondere un aumento del numero dei clienti, come si può riscontrare nei mercati dei beni di lusso.
Strategie di crescita: la diversificazione del business
Prima di concludere questo lungo percorso, poniamoci una domanda: il fatturato può crescere solo lavorando su quei 4 fattori prima analizzati? Si, è la risposta, finché siamo nel perimetro dell’equazione.
Ma potremmo fare un salto radicale al di fuori del perimetro e ricercare nuove opportunità di fatturato tramite la diversificazione. Ovvero entrare in nuovi business, proponendo nuovi prodotti e servizi a nuovi clienti [nota *].
Potremmo pianificare di lasciar funzionare la nostra azienda così come oggi impostata, senza sostanzialmente investire per variare uno dei 4 fattori, perché ad esempio riteniamo di essere ormai in un mercato maturo nel quale un euro in più speso non possa più generare un ritorno soddisfacente. Oppure che si possa anche crescere in termini di fatturato, ma con fortissimi rischi di intaccare negativamente la profittabilità.
Però disponiamo di sufficiente liquidità per essere stimolati a cercare strade di sviluppo possibili… ma come? Ecco allora la diversificazione: dopo la nostra catena di wine store, pensiamo ora ad investire in un settore anche radicalmente diverso, come una catena di prodotti per animali, o un’azienda di catering, o saloni di bellezza, e così via.
Se è vero che siamo al di fuori della nostra equazione e delle nostre tabelle, restano comunque le logiche strategiche e la necessità di un corretto e dettagliato business planning correlato alle opzioni strategiche scelte. E scopriremo che – anche sotto una nuova veste – anche quando dovessimo entrare in un business diverso dal retail incontreremo comunque i 4 fattori visti primi.
* consiglio su questo un mio precedente articolo sulla diversificazione vista con la matrice di Ansoff
In conclusione
In ogni business model il fatturato è dato aritmeticamente da 4 fattori che rispondono a 4 semplici domande: quanti clienti ho, quanto spendono mediamente in ogni atto d’acquisto, quanti atti d’acquisto compiono mediamente in un dato periodo, in quali e quanti canali distributivi avvengono gli atti d’acquisto.
Ogni strategia di business development nella realtà agisce su tutti questi 4 fattori contemporaneamente, ma è fondamentale decidere quale priorità dare assegnare a ciascuno di questi 4 fattori, su quale spingere per la crescita, perché ad ogni fattore corrispondono obiettivi strategici diversi, investimenti diversi, piani di marketing diversi, livelli di costi diversi. E quindi ROI diversi.
Ma il numero di combinazioni possibili è illimitato, ogni combinazione ha un impatto diverso sull’azienda, sul suo fatturato e sulla sua struttura di costi. Impatto a volte non facile da valutare.
A complicare le cose, da considerare che una cosa è la strategia, ben altra cosa è l’execution della stessa. Un’ottima strategia mal realizzata serve a poco, anzi, potrebbe tradursi puramente in costi.
E ogni strategia non si deve fermare a un livello macro ovvero a generici obiettivi come “maggiore fidelizzazione del cliente” . Gli obiettivi devono essere quantificabili, misurabili, e i 4 fattori dell’equazione servono proprio a tradurre una strategia di business development in un business planning dettagliato, che consenta di avere sempre sotto controllo la direzione dell’azienda in rapporto agli obiettivi strategici prefissati.
Naturalmente è possibile anche andare oltre il perimetro dell’equazione del fatturato del business attuale e pensare a ulteriori business nei quali investire le nostre risorse, ma allora entreremmo in un ambito di strategia di diversificazione che richiederebbe una gestione separata e quindi un business planning del tutto distinto. Ma nel quale ritroveremo sempre i 4 fattori dell’equazione.
Segnalo un ulteriore articolo che integra il tema trattato: “Strategia di marketing, conto economico e ROI“
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