Gestire un’impresa è sempre una sfida, al di là della dimensione dell’impresa stessa. Ma per una PMI, rispetto alla grande impresa, la gestione strategica può essere un tema di sopravvivenza.

Se poi si tratta di piccole imprese relativamente giovani, la sfida può diventare ancora più difficile, e garantire un futuro va contro quello che numerosi dati statistici suggeriscono. Si prendano ad esempio i dati divulgati nel luglio 2022 dall’Istat.

Considerando il tasso di sopravvivenza nel tempo delle nuove imprese registrate nel 2015, scopriamo che a distanza di cinque anni per ogni 100 nuove imprese ne sono sopravvissute poco meno del 46.

tasso di sopravvivenza delle PMI italiane - strategie di business per la crescita della PMI

 

E il tasso di sopravvivenza delle imprese può diventare, in certi macrosettori, ancora più ridotto. Sempre in base agli stessi dati Istat, ogni 100 nuove imprese nate in Italia nel 2015 nel settore del commercio, soltanto 43,6 risultano essere ancora attive nel 2020.

I dati ai quali facciamo riferimento, consultabili sul sito Istat, non tengono poi conto dell’accresciuta mortalità conseguente agli effetti economici della pandemia che non appaiono ancora nei numeri sopra riportati, che si fermano al 2020.

Cinque strategie di business per la PMI

Come allora è possibile per una PMI massimizzare le probabilità di sopravvivenza nel tempo?

La risposta corretta è in una provocatoria definizione della strategia aziendale, che nel caso della piccola-media impresa diventa quanto mai calzante.

E la definizione viene da Michael Porter, professore di Harvard e probabilmente il massimo esperto mondiale di strategia di business di sempre (padre di fondamentali concetti come quello del vantaggio competitivo).

Michael Porter infatti spiega (lascio intenzionalmente la frase in inglese):

 “The essence of strategy is choosing what not to do.”

L’imprenditore e i manager a capo della piccola-media impresa soffrono del problema primario di scarsità di risorse, laddove per risorse si intendano non solo quelle finanziarie, o quelle attinenti alle competenze interne, ma anche la preziosissima risorsa tempo.

La capacità di focalizzarsi su una precisa strategia di business, ben definita, senza disperdere l’attenzione nel pericoloso tentativo di fare tutto, la capacità di indirizzare risorse, attenzione e tempo in una direzione, un piano di crescita ben delineato: è questo l’approccio migliore per massimizzare il tasso di sopravvivenza e puntare allo sviluppo del business.

Ma quali direzioni valutare? In quest’articolo esamineremo in maniera sintetica cinque possibili strategie di business che potrebbero, correttamente elaborate e realizzate, consentire alla PMI di decollare, anche in un contesto ambientale e competitivo mutevole e non prevedibile come quello attuale.

(1) Aumentare la penetrazione nel mercato.

L’obiettivo di questa strategia è aumentare le vendite all’interno del tuo mercato attuale. Probabilmente rappresenta la strategia migliore per il successo a medio-lungo termine delle PMI, ma anche quella più difficile da attuare.

Perché significa battere la concorrenza esistente. Ma come riuscirci?

Uno egli approcci più comuni è far leva sui prezzi – abbassandoli – per aumentare la penetrazione del mercato. Non a caso è una delle strategie che Michael Porter illustra definendola “cost leadership“.

Vendere a meno della concorrenza può espandere notevolmente la base di clienti e quindi aumentare le vendite ad un livello tale da poter compensare i minori margini dovuti ai prezzi più aggressivi.

Ma non è necessariamente la strategia migliore, anzi come ogni imprenditore con un minimo di esperienza ben sa, non solo non è affatto garantita una risposta positiva da parte della clientela al punto da compensare la più bassa marginalità, ma è un’azione che può in certi casi innescare una concorrenza settoriale competizione basata brutalmente sul prezzo.

Il concorrente potrebbe infatti rispondere con prezzi ancora più aggressivi e allora la leva prezzo potrebbe rivelarsi un pericoloso boomerang. Quindi, corretto indirizzarsi prioritariamente verso l’espansione della penetrazione nel mercato, ma attenzione al come attuarla.

Una strategia di penetrazione di mercato interamente basata sul prezzo richiede l’esistenza di un reale vantaggio competitivo in termini di struttura dei costi, ma se questo vantaggio non lo abbiamo, allora è un approccio del tutto controproducente.

Molto meglio, allora, puntare ad una maggiore penetrazione sul mercato facendo leva su quella che Porter definisce come strategia di differenziazione, ad esempio incrementando il valore percepito del nostro prodotto o servizio tramite una strategia focalizzata sul brand. Una opzione strategica che spesso le aziende nei settori B2B tendono del tutto a rimuovere.

(2) Sviluppare canali distributivi alternativi.

Trovare nuove opportunità per vendere i tuoi prodotti è una strategia di business estremamente diffusa nell’ultimo decennio, che gradualmente ha interessato anche le PMI italiane, avendo Internet dato vita a innumerevoli canali alternativi: propri store online, distribuzione tramite store online di terzi, marketplace, vendite dirette, etc.

Canali che in molti casi hanno consentito alle PMI di affacciarsi su mercati internazionali che diversamente non avrebbero potuto mai raggiungere.

Ma la distribuzione tramite canali digitali non è l’unica possibilità di commercializzazione alternativa. Si pensi ad alcune PMI che creano negozi fisici pop-up, i noti temporary store. Oppure alla possibilità di vendere prodotti e servizi tramite partnership strategiche, facendole rientrare ad esempio in pacchetti di offerta sviluppati da altre aziende, magari maggiormente strutturate in termini commerciali: una opzione strategica così importante che torneremo a parlarne a breve.

(3) Concentrarsi sulla segmentazione del mercato.

Le piccole-medie imprese spesso fanno fatica a competere nei grandi mercati perché è quasi impossibile confrontarsi con i grandi brand. Si pensi al settore dell’abbigliamento sportivo, dove ci si trova davanti a titani come Nike, Adidas, Puma, dotati di brand di altissima notorietà, consolidati, sui quali sono riversati ogni anno investimenti di marketing multi-milionari (ogni anno Nike investe in pubblicità oltre 3 miliardi di dollari).

Eppure è proprio nel settore dell’abbigliamento sportivo che assistiamo all’estero alla nascita di piccole imprese di successo. Sorprendente ma vero, perché questo è il risultato di una strategia di focalizzazione e specializzazione su segmenti di mercato estremamente ristretti.

Un esempio? La canadese Wicked Rose, che si concentra con successo sull’abbigliamento femminile per le arti marziali. Esatto: solo arti marziali, solo abbigliamento sportivo femminile.

strategie business crescita PMI: il caso Wicked RosePortando questa strategia all’estremo, siamo davanti a quella che Michael Porter definisce come strategia di nicchia: restringere il target, e riposizionare il proprio brand profilandolo in maniera estremamente “appuntita”.

Uno dei vantaggi della strategia di micro-segmentazione o di nicchia è che gli investimenti di marketing, quando sono tutti indirizzati su un segmento di dimensioni contenute e ben identificato, possono essere straordinariamente efficaci in termini di performance.

Ma non è una strategia di facile applicazione, perché se orientiamo l’intera strategia di business di una PMI in una direzione strettamente profilata, non possiamo concederci il lusso di sbagliare segmento! È una strategia che richiede un lungo processo di studio preliminare, supportato da sondaggi, analisi dati, sperimentazioni, test. Usando un’analogia un po’ di sapore militare, sparare un colpo è facile, il problema è avere il tempo necessario per prendere accuratamente la mira.

Ma una volta realizzata con successo, la PMI raggiunge una leadership ed una specializzazione inscalfibile, in un perimetro nel quale la grande azienda non oserà entrare. La PMI che ha infatti conquistato quella nicchia percorrendo una curva di apprendimento che ha portato a una conoscenza ed expertise che la grande azienda non potrebbe raggiungere se non con investimenti eccessivi, con un ritorno inadeguato.

L’unica strada, per la grande azienda che intenda conquistare una nicchia già presidiata, resta allora quella di un’operazione di acquisizione della PMI. La qual cosa è solitamente, per l’imprenditore, un ottimo scenario!

(4) Promuovere le giuste partnership.

La collaborazione con un’altra PMI può essere una strategia efficace per raggiungere più agevolmente il nostro semento di clientela col nostro brand e i nostri prodotti. È un approccio che era stato già citato parlando di canali distributivi alternativi.

Tuttavia, può essere difficile trovare l’azienda giusta con la quale collaborare. Si tratta di identificare un’azienda che raggiunga il nostro stesso target, che idealmente ci riesca anche meglio di noi, ma che lo faccia con servizi o prodotti complementari, non in diretta concorrenza con la nostra offerta.

Non solo: occorre trovare in due un deal che idealmente avvantaggi entrambe le parti, che possa quindi rivelarsi un vero win-win. Non è semplice, ma quando si dà vita alla partnership giusta, gli impatti sul fatturato e sulla profittabilità possono essere davvero positivi, anche nel lungo termine. Stiamo parlando infatti di partnership strategiche, non di iniziative tattiche temporanee.

Mi piace qui citare le parole di Rosita Zvirgzdina, ricercatrice dell’Università della Lettonia, che in uno studio intitolato “Partnership strategy model for small and medium enterprises” conclude ricordando che:

Per la sostenibilità di una partnership sono vitali l’allineamento degli obiettivi strategici, l’adesione a principi comunemente stabiliti di onestà, affidabilità e la reputazione. Una partnership strategica di successo tra piccole-media imprese offre l’opportunità di incrementare la competitività e raggiungere risultati più alti della media settoriale.

Arriviamo ora alla quinta e ultima delle strategie di business per le PMI, probabilmente quella più sottovalutata.

(5) Non trascurare i tuoi clienti esistenti.

Uno degli errori più comuni – e pericolosi – per una PMI è dare la priorità ai nuovi clienti rispetto ai clienti esistenti.

Se è vero che è importante continuare a espandere la base di clienti, la vera chiave per un successo nel lungo termine è la fidelizzazione dei clienti già acquisiti. La fidelizzazione consente poi di trasformare il cliente in ambassador del nostro prodotto, e non a caso il guru del marketing Philip Kotler ha voluto identificare proprio nell’advocacy del cliente l’ultima fase del suo customer journey (il modello delle cinque A).

Cosa c’è di meglio, infatti, del passaparola virtuoso che il cliente soddisfatto può generare? Si tratta di vero e proprio marketing a costo zero!

E in generale, convincere un cliente a tornare ad acquistare il nostro prodotto è più facile che convincere un nuovo cliente, per cui la spesa di marketing necessaria è inferiore rispetto a quella richiesta dall’acquisizione di un nuovo cliente.

 

Quale sia la strategia scelta, diventa poi fondamentale la corretta esecuzione della stessa. E sapere che la strategia è un processo senza fine, che richiede un continuo monitoraggio e un continuo adattamento alle mutate condizioni esterne e alle risposte dei competitor.

La strategia di business è la vera essenza dell’impresa in un mercato altamente competitivo. Purtroppo questo, per molte PMI, spesso focalizzate del tutto sulle operations, è un concetto non immediato, ma qui si apre tutt’altro tema, quello della cultura aziendale, al quale spero di poter dedicare un approfondimento in futuro su questo blog.


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