Strategia di marketing digitale e PMI: c’è molto da fare
Tra le PMI (piccole medie imprese) non è raro che aleggi la percezione che una strategia di marketing digitale abbia senso solo se connessa a brand rilevanti e comunque in contesti B2C.
Questa percezione nasce dalla facile constatazione di quanto gli strumenti digitali consentano di raggiungere direttamente il consumatore (pensa alla pubblicità che ti insegue mentre visiti i vari siti) e di generare immediatamente revenue nei canali online, come quando fai acquisti anche d’impulso in siti di e-commerce.
Ma questa associazione tra marketing digitale e brand B2C non è l’unica ragione per le quali numerose piccole medie imprese italiane, attive in settori del B2B, diffidano dell’idea di implementare strategie di marketing digitale, o non ne vedono un concreto ritorno.
Al fattore “culturale” sopra citato, va aggiunta la cronica carenza di tempo e risorse interne che spesso limita le PMI, e che le porta a rimanere intrappolate in modelli di commercializzazione tradizionale.
Modelli basati su relazioni personali e reputazione nel settore, quando invece il web permetterebbe l’esplorazione di opportunità incrementali impensabili sino a pochi decenni addietro.
Piccole medie imprese e trasformazione digitale
Tuttavia, col rapido cambiamento in atto verso la trasformazione digitale di mercati e settori industriali (e per la quale la pandemia è stata solo un catalizzatore di accelerazione), è fondamentale che le piccole medie imprese comprendano che una strategia di marketing digitale non può più essere ignorata.
Perché non innovare oggi può comportare rischi concreti di sopravvivenza sul mercato domani. Uno sforzo per dar vita ad una adeguata strategia di marketing digitale per PMI, se tale strategia è corretta, permetterà invece alle PMI di far ripartire la crescita di fatturato e margini, e di proiettarsi verso il futuro.
Certo, non è facile questa integrazione del marketing digitale nelle proprie strategie, ma già oggi la domanda corretta non è più se e quando farlo. Ma come farlo.
Perché i settori del B2B non vivono in una realtà parallela e separata dalla realtà in cui viviamo tutti noi, immersi quotidianamente (piaccia o non piaccia) nei social media, con lo smartphone sempre a portata di mano, e pronti a cercare su Google quella cosa che ci è appena venuta in mente…
Le aziende con modello B2B
Nei modelli B2B l’impresa crea valore aggiunto per altre imprese (clienti), trasferendo in queste i propri servizi/prodotti che vengono poi incorporati in ulteriori servizi e/o prodotti, oppure ne consentono la produzione/distribuzione.
A differenza del B2C sono imprese che non operano rivolgendosi ad un consumatore finale in maniera diretta, o mediata da distributori/reseller che raggiungono il consumatore finale. Per questa ragione, sono abituate a impostare il loro marketing con riferimento a organizzazioni e non a persone.
La conseguenza? Le imprese B2B si vivono meno come un brand e più come un fornitore. Tuttavia sanno bene che i loro interlocutori, sul lato cliente, sono pur sempre persone.
E’ vero che queste persone avranno, nel loro lavoro come buyer, parametri di valutazione nell’acquisto da un fornitore ben diversi dai parametri che potranno avere–nella loro vita privata – quando acquistano un profumo, un viaggio o un capo d’abbigliamento. Tipicamente, variabili come il prezzo, o come il rispetto delle specifiche tecniche, o i tempi di consegna, saranno prioritarie nelle decisioni d’acquisto del buyer, nel B2B.
La pubblicità potrebbe rivestire un ruolo meno rilevante rispetto al B2C (potrebbe… con delle eccezioni). Ma questo non significa che lo sviluppo di un brand sia del tutto superfluo, e che si possa fare a meno del marketing digitale.
Il marketing nel B2B
E’ solo questione di scelta dello strumento più adeguato. Gli strumenti offerti dal marketing digitale rientrano davvero in una gamma estremamente ampia. Si tratta di identificare e utilizzare gli strumenti più adeguati.
E quando si parla di B2B il content marketing (del quale parleremo più avanti) e il CRM (customer relationship management) possono facilmente configurarsi come strumenti formidabili.
Strumenti realmente capaci di portare per mano potenziali imprese-cliente lungo quel percorso – il customer journey (ovvero il viaggio del cliente) – che parte dal contatto iniziale e termina con la generazione di fatturato (in realtà va ben oltre, con la fidelizzazione).
E non si dimentichi, poi, che nel B2B disporre di un brand ben costruito può dare un ritorno importante. E’ chiaro che nel B2B l’architettura del brand sarà maggiormente basata su valori di affidabilità, esperienza, competenza, e meno su elementi emotivi che invece sono determinanti in tanti settori B2C (si pensi alla moda). Ma rinunciare del tutto alla leva del brand del proprio marketing mix potrebbe rivelarsi un errore imperdonabile, nel lungo periodo.
Non solo: fare marketing digitale e sviluppare un brand sono attività fortemente connesse tra loro. Perché il brand diventa una vera e propria equity, un prezioso bene immateriale per l’azienda, se adeguatamente supportato dal marketing digitale, e viceversa il marketing digitale funziona con maggiore efficacia se può far leva su un brand ben costruito.
Strategia di marketing digitale per le PMI: partire dalla strategia di business
Abbiamo capito che le logiche del marketing si possono (anzi, si devono!) applicare anche nelle imprese attive nel B2B, e indipendentemente dalla dimensione aziendale.
Certo, vanno declinate adeguatamente al contesto. Corretto ispirarsi a grandi aziende come Amazon o Apple, pessimo “scimmiottarle” ignorando le caratteristiche interne dell’organizzazione e quelle esterne del settore/mercato di riferimento.
Siamo d’accordo che quindi una strategia digitale ha pienamente senso per ogni azienda, ma sia chiaro: non può essere pensata e realizzata indipendentemente dalla strategia di business con la quale opera l’impresa. Deve essere del tutto integrata, in quanto la strategia di marketing digitale deriva da una chiara e solida strategia di business.
Purtroppo, nella realtà delle piccole medie imprese, il fatto che la strategia sia delineata spesso intuitivamente nella mente dell’imprenditore non aiuta. Potrebbe essere anche la strategia corretta, ma una strategia che non viene discussa, analizzata, comunicata, solitamente si rivela inefficace. Fa fatica a essere trasferita nell’organizzazione e quindi implementata. Nel peggiore dei casi, è una strategia che mette a rischio la sopravvivenza dell’azienda, ma l’imprenditore… non sa di non sapere (la casistica più pericolosa).
Occorre che prima ci sia un processo strutturato di pensiero strategico, che idealmente parta dall’analisi dello scenario e continui con la definizione di chiari obiettivi. Tutti i classici strumenti propri della strategia di business e del marketing strategico, come la matrice del Boston Consulting Group, la matrice di Ansoff, la segmentazione del mercato, etc. sono infatti perfettamente applicabili nelle PMI attive nel B2C.
Ad esempio, pensando alla matrice di Boston, sarà bene avere identificato quel vostro business che non ha più prospettive di crescita ma nel quale godete di una importante quota di mercato: è il vostro cash-cow, che genera liquidità, e gestire un cash-cow è molto diverso dal gestire un question-mark.
Lo sviluppo di una strategia di business, che come avrai capito deve assolutamente precedere lo sviluppo di una strategia di marketing digitale per PMI, avverrà lungo un flusso logico. Immaginiamo una PMI che produce fertilizzanti organici per agricoltura biologica. A solo titolo esemplificativo, un possibile processo di pianificazione strategia si svilupperebbe lungo alcune precise fasi:
Il processo di pianificazione della strategia di marketing digitale per le PMI
A questo punto abbiamo le idee chiare sulla strategia della nostra azienda nel mercato, ed è arrivato il momento di definire di conseguenza la nostra strategia digitale. Conosciamo gli obiettivi dell’azienda, il segmento di clientela al quale ci rivolgiamo, abbiamo definito la proposta di valore per la nostra clientela. La domanda ora è: come utilizzare i molteplici strumenti offerti dall’universo digitale perché possano realizzarsi gli obiettivi di business?
Come avrai capito, la strategia digitale non è separata dalla strategia complessiva. Deve al contrario essere totalmente integrata. Le ragioni?
Una prima ragione, prima citata, è semplicemente che deriva dalla strategia di business.
Una seconda ragione è che quel buyer col quale l’impresa negozierà il contratto di fornitura del prodotto/servizio (o che potrà essere incontrato in una fiera di settore o in altri contesti offline) è la stessa persona che potrà essere raggiunta online da una email, o che si attiverà in una ricerca su Google scoprendo il nostro sito, o che metterà un “like” in un nostro post su Linkedin.
Continuando sull’esempio visto nel grafico precedente, avverrà un processo di pianificazione anche questo ben definito da precise fasi. Sempre rifacendosi all’ipotetica PMI che produce fertilizzanti organici:
Gli strumenti del marketing digitale
Una strategia digitale, quindi, si traduce in un processo decisionale, nel quale si individuano gli strumenti più idonei per il raggiungimento degli obiettivi fissati, e si misura la performance di questi strumenti in modo da massimizzare l’efficacia degli stessi (capacità di contribuire ai risultati) e l’efficienza (il costo in rapporto al valore dei risultati ottenuti).
E gli strumenti sono davvero tanti. Citando solo quelli più comuni, e più interessanti nel B2B:
– il sito internet, elemento fondamentale della presenza online
– SEO (search engine optimization, ovvero ottimizzazione sui motori di ricerca), per garantire la visibilità del sito nelle ricerche degli utenti su Google, Yahoo, Bing…
– social media: attraverso quale piattaforma è più probabile, a parità di investimenti, entrare in contatto con i nostri potenziali clienti? Tra queste piataforme, se siamo in un contesto B2B, senza dubbio la prima valutazione va effettuata su Linkedin, il network professionale per eccellenza, che in Italia connette 13 milioni di utenti e 23.000 aziende con almeno 50 dipendenti.
– e-mail marketing, che non è mai tramontato ma che va gestito con particolare attenzione, perché facilmente percepito come invasivo
– display advertising, un universo sempre più ricco di formati.
L’ecosistema della strategia digitale
Avrai già intuito due punti fondamentali. Primo, pensare che avere un sito che faccia da vetrina online è del tutto insufficiente: puoi essere innamorato del nuovissimo sito che l’agenzia ti ha creato, ma se poi è un ago nel pagliaio delle pagine dei risultati di Google…
Secondo, ogni strumento deve essere connesso agli altri, in una ben precisa orchestrazione. Questo perché – e non ti lasciar spaventare dal termine – nel mondo del digitale abbiamo un vero e proprio ecosistema. Di cosa parliamo? Del fatto che esistono molteplici e complesse interconnessioni tra l’azienda, le piattaforme, gli strumenti, e i clienti.
Interconnessioni che possono seguire davvero tutte le direzioni. Esatto: oggi nell’ecosistema digitale siamo del tutto lontani dal classico modello di comunicazione unidirezionale formato da un emittente (l’azienda), un canale ed un messaggio, ed un ricevente (un cliente). Questo avveniva ancora sino ai primi anni del 2000, ma col Web 2.0 lo scenario si è radicalmente modificato.
La comunicazione nell’ecosistema digitale
Da anni la comunicazione segue flussi ben più complessi come:
– tra cliente e cliente. Ci riferiamo ad esempio alle recensioni sui forum, ma pensa anche ad alcuni UGC (user generated content) come quei video nei quali un acquirente mostra fa il prodotto appena acquistato ed esprime le sue prime impressioni mentre apre la confezione (unboxing).
– persino da cliente ad azienda: il digitale offre al cliente un potere impensabile nel passato, col quale può far ascoltare la sua voce alle aziende. Pensa alle proteste e lamentele che i consumatori possono indirizzare verso i produttori tramite email o persino tramite post pubblicati sui social media.
In breve, più che una comunicazione unidirezionale, si ha un dialogo che coinvolge più attori e più punti di contatto, dialogo che avviene in maniera incontrollabile e frammentata.
Il tutto poi è complicato dal fatto che i concorrenti (competitor) non sono affatto esterni all’ecosistema: anche loro dialogano con i clienti, sulle stesse piattaforme… Non approfondiamo qui il tema: l’importante è che ti sia chiaro che una strategia digitale non può realizzarsi con attività o strumenti isolati… perché nell’ecosistema digitale nulla è isolato.
Cos’è il content marketing
Avrai notato quella casella – nel grafico appena visto – denominata content marketing. E ti sarai chiesto quale sia il significato. Molto semplicemente: nell’ambito dell’ecosistema digitale quello che l’azienda deve attivare è un dialogo col potenziale cliente. Ma è ingenuo pensare che si attivi un dialogo basato sul banale messaggio “acquista i nostri prodotti perché sono i migliori e te li offriamo anche in sconto” possa funzionare.
La soglia di attenzione da parte dell’audience sul web è bassissima. C’è una tale mole di informazione che l’attenzione è la risorsa rara sulla quale l’azienda deve puntare. In altre parole, esiste una competizione tra la tua azienda e le aziende concorrenti per l’attenzione del cliente.
E l’unica leva è allora la qualità dei contenuti. Produrre e offrire contenuti di qualità, che siano di valore per il tuo potenziale cliente. Offrire contenuti utili a fronte della sua attenzione. Da questa prima transazione, del tutto immateriale, parte quel percorso che deve poi portare alla monetizzazione della tua offerta di prodotto/servizio.
“Todays’ marketing is content marketing!”
Il titolo del paragrafo replica una nota espressione che non lascia alcun dubbio sul ruolo strategico e centralissimo che i contenuti oggi hanno nel marketing.
Col content marketing puntiamo a generare un’interazione col potenziale cliente facendo leva proprio su contenuti. Dove l’obiettivo dell’interazione può essere la semplice awareness (il potenziale cliente scopre l’esistenza di un prodotto/servizio), come pure la possibilità di un engagement (coinvolgimento), tale che il cliente si attivi ad esempio per raccogliere ulteriori informazioni, entrando così in contatto diretto con l’azienda.
Cosa sono i contenuti? Le possibilità sono molteplici, e solo a titolo di esempio:
– contenuti testuali, ad esempio gli articoli all’interno del sito dell’azienda
– immagini, semplici fotografie o infografiche dettagliate
– contenuti video, ad esempio riprese video oppure animazioni 2D
Magari quando pensi al content marketing ti verranno in mente contenuti video con carattere di intrattenimento legati ad un brand B2C. Certo, sono i contenuti che in termini numerici hanno massima visibilità in rete: si pensi a video di influencer su Youtube che totalizzano milioni di visualizzazioni.
Ma quando parliamo di B2B il content marketing è un approccio altrettanto potente, anche se ovviamente va opportunamente declinato su una target audience del tutto diverso.
Perché fare content marketing nel B2B
Cosa consente di fare il content marketing nel B2B? Pensiamo in particolare a contenuti testuali, come un articolo nel sito. Questi sono tipicamente il materiale più pregiato per le imprese che ricercano il dialogo con altre imprese.
– i contenuti testuali giocano un ruolo fondamentale nel far indicizzare il vostro sito sui motori di ricerca in relazione a quelle keywords che con maggiori probabilità sono ricercate dal buyer (ad esempio: “attrezzi per edilizia”). In questo modo si massimizzano le probabilità di essere visibili in rete, e non relegati nella dodicesima pagina della SERP (search engine result pages, ovvero le pagine con i risultati della ricerca generate ad esempio da Google dopo che avrete inserito le keywords).
– proprio in quanto siamo in un ambito di B2B, sono il veicolo migliore per una prima trasmissione di quelle informazioni fondamentali (specifiche tecniche, prestazioni, etc) utili ad un buyer per una prima valutazione, e per stimolare un primo contatto.
Esatto, stiamo dicendo proprio questo: il content marketing sposta la nostra azione di ricerca di clienti da un’ottica outbound – in cui si tenta il contatto col cliente, col facile risultato di un immediato rigetto: pensa a quando ricevi una telefonata o una email da un’azienda! – ad un’ottica inbound in cui è lo stesso cliente a cercarvi attivamente.
Fare content marketing implica creare contenuti di reale interesse per il cliente. Facciamo un caso concreto, quello di un’azienda che produce fertilizzanti organici per agricoltura biologica. Forse tu ed io lo troveremo terribilmente noioso, ma per un cliente “prospect” del settore, come un’azienda agricola, può essere molto interessante un articolo che chiarisce cosa prevede il Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali relativo alla “Disciplina in materia di fertilizzanti”…
Se ben indicizzato sui motori di ricerca, questo articolo posizionerà il sito dell’azienda in buone posizioni sulle pagine dei risultati di una ricerca, quando qualcuno ricercherà “fertilizzanti organici”. A partire dal momento in cui il possibile buyer effettuerà un click avrà inizio quel customer journey che potrà portare, se ben gestito, alla generazione di fatturato. Ma il punto di partenza non sarà stato il goffo tentativo di contattare a freddo un possibile cliente, ma un contenuto che avrà contribuito a far conoscere i nostri prodotti/servizi, che avrà comunicato il valore del nostro brand, che avrà creato una prima relazione di fiducia, stimolando il cliente a fare il primo passo.
Ovviamente i contenuti devono avere ben precise caratteristiche. Non mi dilungo in questo spazio per affrontare questo aspetto, peraltro importantissimo, ma capirai da te che occorrono contenuti utili, allineati ai bisogni e interessi del target audience, e scritti anche con un’occhio alla SEO e quindi alle logiche con le quali gli algoritmi dei motori di ricerca premiano o meno dei contenuti testuali nella ranking delle pagine SERP. Ma avremo modo di riparlarne.
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