Quali sono le fasi che compongono il processo di pianificazione di una strategia aziendale?
Su questo argomento esistono migliaia di testi pubblicati nel corso degli anni. e per questo è facile che possa nascere della confusione. In questo articolo proporremo un modello semplice e lineare attraverso il quale gestire lo sviluppo di una strategia d’impresa, dall’ideazione fino alla realizzazione.
Ma cosa intendiamo per pianificazione strategica? In breve, e molto in concreto:
la pianificazione strategica è quel piano che descrive il punto A in cui oggi si trova l’impresa, il punto B ovvero dove vogliamo arrivare, e come intendiamo arrivare dal punto A al punto B.
Abbiamo così chiarito il significato di pianificazione strategica, e del concetto strategia nella sua essenza (come andare da A fino a B).
Ma prima di procedere, un punto da va dimenticato:
prima ancora di costruire la strada che ci porta da A a B è fondamentale capire dove siamo davvero (ovvero A) e capire dove sia corretto e fattibile andare (ovvero B).
Se siamo un sito che vende online oggetti per collezionisti di nicchia in Italia (punto A) appoggiandosi a Poste Italiane, non possiamo pensare che il punto B possa essere diventare in tre anni il maggior player europeo nell’e-commerce su numerose categorie merceologiche con una logistica da fare invidia ad Amazon. Questo vorrebbe dire non aver capito chi siamo, di quali risorse realmente disponiamo, o che una certa direzione è semplicemente irraggiungibile.
Diversamente quella che metteremmo giù non è un piano strategico, ma un buon soggetto per una serie televisiva sci-fi. E ora esaminiamo da vicino le fasi del processo di pianificazione strategica.
Le fasi del processo di pianificazione della strategia nel modello vision-based
Il modello che proporremo ha il vantaggio della logica e semplicità, caratteristiche che derivano dal fatto di essere basati sulla formulazione iniziale di una vision. Non a caso si chiama “vision-bases planning model” ovvero traducendo letteralmente in italiano: modello di pianificazione basato sulla vision. Quindi, partendo appunto dalla vision iniziale, si attraversano a cascata ulteriori 6 fasi.
Esaminiamo ora le 7 fasi del modello di pianificazione strategica una per una.
1. Vision
La vision risponde alla domanda: quale ruolo desidero che abbia la mia impresa nel mondo futuro?
Un esempio? Bill Gates ha sempre raccontato che, creando Microsoft, quello che lo muoveva era il sogno di portare un computer in ogni casa.
2. Mission
Questo è il primo step che deriva dalla vision. Ci soffermiamo un attimo, perché se ci sono due termini che tendono a essere utilizzati indistintamente e confusamente, sono proprio vision e mission.
La vision si inserisce in un contesto temporale futuro, mentre la mission esprime il senso di esistere per l’impresa oggi, pur derivando dalla vision finale. La missione, in altre parole, che anima ogni giorno l’impresa.
Un esempio molto chiaro è la mission che esprime The Walt Disney Company:
“La mission di The Walt Disney Company è intrattenere, informare e ispirare le persone in tutto il mondo attraverso il potere dello storytelling […]”
L’azienda Disney non sta spiegando come vede il mondo tra 10 o 20 anni e quale ruolo intende giocare in quel mondo futuro. Sta spiegando il motivo per cui l’azienda ha un significato e un valore (non solo economico!) oggi.
3. Goals
Quali sono gli obiettivi a lungo termine del piano strategico? Dar vita ad un brand di altissimo valore? Divenire leader di mercato? Innovare radicalmente il modo in cui si fa business nel settore ridisegnando la filiera distributiva?
Ovviamente i goals dovranno derivare dalla mission, ed essere a questa allineati. Non posso affermare che la mission della mia azienda sia portare l’auto elettrica in ogni famiglia (democratization) e poi come goal dire che intendiamo diventare leader di mercato in Europa nella fascia alta con una gamma che sia concorrenziale con Tesla!
4. Objectives
Gli objectives si collocano un gradino sotto i goals. I goal indicazione una direzione strategica, e va bene dire che intendiamo lanciare un nuovo brand, ad esempio, che ci porti alla leadership di mercato. Ma quando arriviamo a questo step occorre esprimere obiettivi specifici, ben definiti, misurabili.
Non basta più parlare di nuovo grande brand e leadership come concetti generali ma anche piuttosto vaghi. Occorre arrivare a qualcosa del tipo: entro il prossimo triennio lanciare un nuovo brand per il segmento mass-market che ci consenta di aumentare la market share di 10 punti percentuali.
5. Strategies
Siamo così arrivati alle vere e proprie strategie, che rispondono al come, concretamente, intendiamo raggiungere gli obiettivi dati. La strategia deve essere ancora più specifica del suo obiettivo. Qui si comincia a entrare nel vivo della pianificazione vera e propria, perché le strategie devono essere costruite su risorse e tempistiche ben chiare.
La strategia di solito è formulata esplicitando linee-guida, o pillars, o building-blocks, chiamateli come preferite, ma in sostanza siamo davanti a più direttive da seguire.
Nel caso del brand per il mass-market per incrementare la market share di 10 punti, potremmo avere una strategia costruita attorno a: (1) creazione e sviluppo di un brand; (2) definizione del marketing e comunicazione per il lancio; (3) commercializzazione dei prodotti corrispondenti al nuovo brand attraverso le catene della GDO, e così via.
Nel caso di un’impresa abbastanza complessa e strutturata le strategie si potranno anche costruire per area funzionale. Avremo così strategie finanziarie (mirate ad esempio all’incremento della liquidità o alla riduzione del debito) piuttosto che strategie di marketing. Nelle strategie di marketing sarà fondamentale definire se la competizione si baserà sul prezzo o sul valore, seguendo i tradizionali modelli di Michael Porter, oppure se dare vita ad una strategia Oceano Blu.
Come vedete, ad ogni step si diventa sempre più concreti e si va fuori dall’area grigia per entrare in un’area in bianco e nero, dove le cose o si fanno o non si fanno, e o si fanno bene o si fanno male.
6. Action Plan
L’action plan è quanto di più dettagliato ci sia in un piano strategico. Tornando all’esempio precedente, per quel punto 3 della strategia ovvero la commercializzazione dei prodotti nella GDO, occorre qui definire chiaramente cosa occorra fare.
Ad esempio: fissare incontri con i buyer delle prime 5 catene della GDO del paese, organizzare giornate di formazione dedicata per la rete-vendite, creare un nuovo tema di key-account manager per seguire le catene, e così via.
Fa un po’ “to-do-list”, che in più va fatta collocando correttamente le varie attività temporalmente nel calendario, nella giusta sequenza. Ma teniamo in mente che senza un action plan tutta la nostra pianificazione resterebbe sulla carta. Come recitava De Niro in un noto film: “chiacchiere e distintivo”.
Quindi non snobbiamo troppo l’action plan, anzi esplicitiamolo nella maniera più precisa, concreta e dettagliata possibile. Anche perché alla prossima e ultima fase ci sarà da sporcarsi le mani sul serio, dopo tutti quei meeting, presentazioni in Powerpoint e fogli in Excel del nostro piano strategico.
7. Triple E: Execute, evaluate, evolve
Esatto, finiamo il nostro processo a cascata con una tripla E. Quindi, eseguire il nostro action plan, misurare e valutare i risultati, e infine correggere il tiro in base ai dati rilevati.
Potremmo ad esempio aver inserito nell’action plan che intendiamo realizzare delle attività sui social media che ci portino ad avere una visibilità per il brand misurabile in rapporto a precisi key-performance-indicator (KPI).
Ma se poi siamo ben lontani da quei KPI, occorrerà rivedere la nostra pianificazione strategica.
Perché una strategia potrebbe non funzionare
E rivedendo il processo di pianificazione della strategia, dovremo chiederci allora: dove abbiamo sbagliato? in quale fase?
Ci chiederemo allora se abbiamo sbagliato nell’execution delle attività sui social (fase 7). O forse prima, perché lo stesso action plan (fase 6) è da correggere, perché ad esempio pensavamo che il nostro consumatore lo avremmo raggiunto attraverso Instagram e invece è più raggiungibile su Facebook?
O addirittura abbiamo sbagliato ancora più a monte, a livello di strategia (fase 5)? Quando ad esempio abbiamo deciso che avremmo dovuto realizzare una strategia di comunicazione basata sui social media a sostegno del nuovo brand e invece sarebbe stato meglio indirizzarsi, per un target mass-market, verso la più classica pubblicità televisiva?
È un po’ una concatenazione, nella quale l’allineamento degli anelli che formano la catena è fondamentale, dalla vision in poi. Ma se a monte ci fosse stato un errore decisionale, a valle avremo presto un problema.
Non solo. A complicare le cose, la strategia di successo si basa sia sulla correttezza delle decisioni assunte da una parte che sulla correttezza dell’esecuzione dall’altra. In inglese si direbbe che è importante “doing the right things” ma è altrettanto importante “doing things right“.
Cosa significa questo? Significa che la concatenazione tra le varie fasi, dalla vision in poi, potrebbe anche essere corretta (doing the right things), perché ogni step è costruito su dati e fatti e logiche di ferro, ma se poi il management non fosse capace di realizzare in concreto correttamente quanto pianificato (doing things right), allora avremmo un altro tipo di problema, non meno serio.
Ma non è tutto. Perché quando si parla di strategia nulla è semplice.
La strategia è un insieme di decisioni che porta l’azienda da A a B, ma per andare da A a B l’azienda non passerà da un percorso privo di ostacoli. Attraverserà invece una giungla piena di insidie, perché l’azienda si muove sempre in un contesto competitivo.
In altre parole, la concorrenza non starà certo a guardare passivamente mentre noi lavoriamo per trasferire dalla carta ai fatti il nostro piano strategico.
Ed infine mai dimenticare che il processo strategico è una cosa viva, in continuo adattamento all’ambiente e al contesto competitivo. Se c’è qualcosa di pericoloso alla pari di una strategia sbagliata, o di una strategia eseguita male, è una strategia che sia considerata scolpita nella pietra.
Conclusione: 4 regole per una pianificazione strategica di successo
Abbiamo visto come nasce una strategia aziendale, o strategia d’impresa se preferite, in un processo a cascata in 7 distinte fasi. È evidente, guardando a questo processo, come la pianificazione strategica sia nella sua essenza un processo decisionale che segue un certo flusso, dal macro al micro. Ad ogni livello i manager dell’azienda assumono decisioni, che derivano dalle decisioni di livello più alto, e che determinano le decisioni che ne conseguono verso il basso.
Ma per evitare che una strategia porti risultati deludenti o si risolva in un fallimento, tenete sempre ben in mente queste 4 semplici regole (semplici nel significato, ma che richiedono eccellenti doti di management all’interno dell’azienda):
- se una fase del processo di pianificazione non viene gestita correttamente, si assumono decisioni sbagliate che avranno un impatto sulle fasi successive
- anche quando il processo fosse costituito da fasi tutte corrette e allineate, sarà la corretta execution a dire l’ultima parola e decretare il successo
- mai ignorare che mentre creiamo e implementiamo una strategia, c’è un contesto competitivo dinamico intorno all’impresa che può rendere la strategia meno efficace
- non considerare la strategia come un percorso rigido una volta definito, in quanto occorre sempre essere pronti a rimetterla in discussione qualora i dati suggeriscano una revisione.
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